Com’è cambiato l’approccio alla realizzazione delle copertine per i videogiochi durante la generazione appena conclusa? Quali aspetti del mercato hanno influenzato questo processo?
Le copertine dei videogiochi una volta erano il principale dei biglietti da visita per un videogioco, il modo per chi lo aveva realizzato di distinguersi tra gli scaffali dei negozi e convincere potenziali acquirenti che quello era ciò che stavano cercando. Ma adesso? Che cosa significa una copertina di un videogioco? Quali aspettative deve soddisfare? In che modo si colloca nelle complesse e approfondite strategie di marketing che accompagnano – ormai – tutto il periodo di sviluppo di un nuovo titolo? Ci sono stati dei cambi nel modo in cui vengono pensate le copertine, durante l’ottava generazione di console? In questo articolo tenterò di costruire un ragionamento atto a rispondere a queste domande.
Per iniziare va posto un punto fermo, necessario e fondamentale per potere svolgere il nostro percorso in modo corretto: le copertine dei videogiochi, oggi, non sono più il primo veicolo di contatto con chi andrà ad acquistare il prodotto. Se, infatti, fino ad almeno la sesta generazione di console era assolutamente vero sostenere questo da circa quindici anni – e negli ultimi cinque in modo decisamente più sensibile – il flusso di informazioni riguardo a un videogioco è cresciuto a tal punto che la copertina è soltanto una parte di uno studio più ampio che gli gravita intorno. Questo vale sicuramente per le produzioni più grandi, che spesso e volentieri nella promozione investono budget consistenti e molto vicini alle note di spesa riguardanti lo sviluppo, ma anche per quelle di dimensioni più modeste. Perché l’aspettativa di chi compra è cresciuta di pari passo con le tendenze di mercato, ormai sempre più abituato ad avere un vero e proprio overflow di nozioni su ciò su cui tra mesi (se non addirittura anni) metterà le mani e di cui la progettazione di una copertina deve tenere conto e sapersi inserire.
Aspettative e tendenze: invertirle seguendole
Per spiegare meglio quello che intendo vi propongo un esercizio da fare insieme, a partire dalla copertina di Watch Dogs: Legion che trovate qui sopra. Confrontate questa copertina con i trailer, i toni, le grafiche promozionali, gli allestimenti degli stand proposti durante le fiere di settore. Noterete, ovviamente, che c’è una ricorrenza in tutto il materiale, e sarebbe molto strano il contrario. Quello che però vi suggerisco di fare è pensare a una copertina tutta vostra a partire dal resto: il risultato, con molta probabilità, non si allontanerebbe tantissimo dalla reale copertina del gioco. Questo perché quella proposta è una prosecuzione, integrazione ed estensione del percorso svolto attraverso ogni singola porzione di promozione, che a sua volta la influenza e la modifica. Ecco quindi che la copertina di un videogioco non è più un’unità di informazione a sé stante ma il frutto di un calcolo che coinvolge più parti, interconnesse e rese coerenti via via che il gioco si rivela al pubblico.
Badate bene: questo mio voler sottolineare come alcune delle copertine dei videogiochi degli ultimi anni corrispondano e si accordino con il resto delle strategie di comunicazione (visiva e non) non vuol dire che queste siano meno pensate o approfondite di quanto poteva accadere tempo fa; anzi è forse vero dire il contrario. Mai come ora, infatti, alle copertine viene richiesto contemporaneamente di proseguire e invertire il paradigma che le ha viste protagoniste da quando i videogiochi esistono. Ciò include, ovviamente, anche le tendenze di posizionamento, taglio, prospettiva e inquadratura che negli anni abbiamo visto andare e venire. Una copertina che funziona deve fare sentire a suo agio chi acquista, facendogli cogliere subito tanto le unicità del gioco che ha in mano ma anche come esso si collochi coerentemente in un mercato o eventualmente in una serie.
In questo senso è emblematico il caso della serie di simulazione calcistica FIFA di EA che, con il suo ultimo capitolo ha contemporaneamente invertito e proseguito il solco tracciato in precedenza. Qui vediamo il calciatore Kylian Mbappé in bella mostra sulla copertina, accompagnato dal logo del gioco (componente, quella tipografica, ormai sempre più focale in un copertina). Ciò che cambia è però il come viene presentata la figura dello sportivo: non più fotografie posizionate su un generico campo da gioco ma scene del giocatore facilmente riconducibili alla sua carriera e anche – in modo inedito – alla sua vita privata incollate tra di loro come in un collage preciso ed emozionale che ricorda le moodboard, dove testo, immagini ed elementi geometrici astratti coesistono per ricreare una sensazione. Assistiamo quindi a un cambiamento dell’esposizione di un concetto che però rimane sostanzialmente quello, adattato ai tempi e reso più accattivante e coerente con il contesto sociale e del gioco.
Nuovi modi di acquisto, nuovi formati di copertine
Altro contesto da considerare, per quanto riguarda le copertine dei videogiochi, è la diffusione massiccia del digitale come metodo di acquisto. In larga parte, infatti, negli store virtuali delle piattaforme più diffuse i giochi vengono presentati con copertine dal formato differente a quanto proposto nei negozi. Ne consegue, quindi, il dover creare progetti grafici che con dimensioni diverse racchiudano lo stesso spirito e ne mantengano gli elementi cardine. Per questo motivo, come parzialmente anticipato in precedenza, è cresciuta l’importanza dei loghi e della tipografia rispetto alle illustrazioni e agli elementi di corredo: per dare immediatamente alla potenziale consumatrice o al potenziale consumatore tutti i riferimenti di cui ha bisogno attraverso le scritte e i simboli che immediatamente riconduce a un prodotto specifico.
Discorso ancora differente per le icone dei giochi cosiddetti game as service, che devono adattarsi via via che il contenuto si aggiorna. Non è raro, infatti, che giochi come Fortnite, Rocket League o Fall Guys aggiornino le proprie copertine digitali ogni volta che inizia una nuova stagione o quando è in atto un particolare. Un modo questo, per attirare l’attenzione di chi gioca e che – magari – aveva accantonato un titolo perché ne aveva esaurito i contenuti.
Per concludere, con l’ottava generazione, quello delle copertine dei videogiochi è un mondo che ha visto vecchie conferme (pose e inquadrature) e cambiamenti nella norma (approcci, dimensioni) dovuti a fruizioni mutevoli che si sono consolidate in sei anni. Una parte che è sempre più parte integrante di un marketing sempre più strutturato e calcolato nel millimetro che, sempre di più, è diventato canale di aspettativa e costruzione di narrazione per chi gioca (e giocherà).