“Cowboy – Bebop – MTV”. Per molti ragazzi, queste tre parole evocano profondi ricordi, quando ancora l’Anime Night del canale musicale ci deliziava con produzioni giapponesi da urlo, e uno sperava che quel martedì sera non finisse davvero più. L’anime, con i suoi 26 episodi, è stato veramente eccezionale per l’epoca, un mix esplosivo di azione, noir, avventura e malinconia, il tutto legato alla perfezione da una colonna sonora a dir poco memorabile.
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Arriva proprio in questi giorni (2-3-4 Marzo) nei cinema italiani Cowboy Bebop – The Movie, creato nel 2001, il cui sottotitolo è Knockin’ on Heavens’ Door. Un ottimo pretesto, per chi se lo fosse perso qualche anno fa, di conoscere la carismatica gang di cacciatori di taglie più famosa dell’universo. Perciò mettetevi comodi, versatevi da bere e partiamo.
In questo film, ambientato nell’anno 2071, in un’epoca dove il genere umano ha viaggiato e ha colonizzato una larga parte dell’universo, i cacciatori di taglie Spike Spiegel e Jet Black sono sulle tracce della loro prossima taglia, pregustando già il denaro che questa porterà loro. Assieme ai loro compagni, la seducente Faye Valentine, femme fatale con il vizio del gioco, l’eccentrica genietta dei computer Ed e il loro cane super intelligente Ein, i due presto scoprono che questa taglia conduce ad uno spaventoso segreto. Quello che era cominciato come un banale inseguimento a uno stupido hacker si trasforma ben presto in qualcosa di molto, molto più grande di quello che l’equipaggio della Bebop si aspettasse. Questo criminale infatti lavora per un certo Vincent Volaju, anima tormentata il cui scopo è rilasciare un potente nano-virus su Marte, in grado di uccidere potenzialmente tutti. Le uniche due persone che possiedono l’antidoto sono Vincent stesso e la sua ex compagna, una donna di nome Electra Ovirowa. Spetterà quindi a Spike e company il compito di fermare il tizio e di salvare il pianeta Marte.
Cowboy Bebop – The Movie prende tutto quello che era piaciuto nella serie animata e lo spara sul grande schermo in un tripudio di ottime animazioni, una cura per il dettaglio maniacale e un carisma per certi versi ancora senza pari. La storia di base è abbastanza semplice, tarata in modo che possa essere compresa appieno anche da chi non avesse mai visto i 26 episodi dell’anime (rimediate subito!), al tempo stesso però abbondano le chicche e i riferimenti piazzati ad hoc per i fan della serie. Il film stesso può essere definito un midquel, perché si colloca idealmente tra l’episodio 22 e 23 dell’anime. La fluidità degli eventi invece si ingarbuglia un po’ nella parte centrale della vicenda, questo perché ritengo che si sia tirato qualcosa per le lunghe, laddove si sarebbe potuto snellire di una mezz’ora la pellicola rendendola ancora più adrenalinica e frenetica.
C’è sempre stato qualcosa che mi ricordava Lupin e la sua banda nel team del Bebop, tutti a loro modo sono sempre stati personaggi carismatici, con una solida storia alle spalle e un filo rosso fatto di malinconia che li ha resi ancora più vivi. Chi ha imparato ad amare questi personaggi così com’ erano nell’anime, non rimarrà deluso in questo film, conservano ancora tutto il loro sarcasmo e tutta la loro verve, a partire da Spike, così zen all’apparenza ma forse il più tormentato di tutti, fino alla piccola Ed, un mix esplosivo di pazzia e di stravaganza, che ancora una volta gioca un ruolo molto particolare nella vicenda. I due nuovi personaggi, Vincent ed Electra, si integrano ottimamente: il primo è un temibile antagonista, simile per certi versi a Spike sia nel carattere che nelle movenze, sembra prigioniero dei suoi stessi sogni, dai quali cerca una violenta via d’uscita. Lei invece rimpolpa con estrema bontà il fronte femminile del cast, offrendo una valida alternativa alla sempre troppo seducente Faye.
Watanabe e lo Studio Sunrise hanno beneficiato di un budget molto più cospicuo rispetto alla serie animata, e si vede: le animazioni sono così ben fatte che sono davvero goduria per gli occhi, raggiungendo l’apice nelle scene di combattimento: lì davvero tutto viene portato ad un livello superiore, mantenendo però sempre il “marchio di fabbrica” caratteristico della serie: colori vividi, character design longilineo, fondali studiati e complessi che riprendono diversi stili e diverse culture, a simboleggiare il “melting pot” galattico presente in quegli anni frenetici.
Il cast dei doppiatori nella versione italiana è rimasto per fortuna lo stesso della serie tv, eccezion fatta per la voce di Jet, ma la vera ciliegina sulla torta è la colonna sonora: se già l’anime era costellato di pezzi memorabili (Tank!, Space Lion, Piano Black solo per citarne alcuni, ma sono certo che molti di voi già li conoscono), qui già l’opening “Ask DNA” prepara i timpani degli spettatori per un’estasi pregiata con ottimi pezzi targati Yoko Kanno e Seatbelts. Una garanzia di qualità; Jazz, Blues e Rock si mischiano in un mix che penetra perfettamente tra le singole scene per creare un collante speciale fino a “Gotta knock a little harder” , l’ending song che, forse con una lacrima, ci congeda per sempre da Cowboy Bebop.