Ti abbiamo sentito cantare. È un’attitudine che avevi già prima, oppure quando hai capito di avere visibilità hai provato ad aumentare i tuoi talenti?

Ho sempre amato la musica e il canto. Ho cominciato a cantare quando ero piccola con le sigle dei cartoni animati: Cristina D’Avena e Giorgio Vanni… Poi mi sono data al canto lirico.

Canti sotto la doccia?

Anche. Adoro cantare. Posso cantare ovunque e specialmente sotto la doccia.

Il cosplay è un mezzo per arrivare ad esprimere altre tue attitudini artistiche?

No, ho cominciato a fare cosplay da amante di anime, manga e videogiochi, poi facendo anche recitazione l’idea di interpretare un personaggio c’è sempre stata. Non avrei certo mai immaginato di ritrovarmi dove sono ora, con una pagina fan che supera gli 800mila likes, partecipazioni a fiere estere ecc..
Per me il cosplay si è trasformato in un vero e proprio lavoro ed occupa tutto il mio tempo, per cui ho lasciato molte cose alle quali piaceva dedicarmi, tra cui appunto anche il canto e la recitazione. In passato ho anche avuto delle band, abbiamo partecipato a concorsi, avevamo diversi progetti, ma poi sono subentrati altri interessi un po’ da parte di tutti e ognuno ha preso la propria strada. Purtroppo arrivi ad un certo punto nella vita in cui, ci sono tante cose a cui badare e bisogna fare delle scelte e dei sacrifici.

Però sono convinta che se si hanno delle attitudini, niente vieta di poterle coltivare più tardi. Anzi, per quanto mi riguarda vorrei riuscire a rimettere tutto insieme e potermi esprimere nel migliore dei modi.

12525159_10207520346680580_6967166884474067248_o

Sei stata in vari Paesi, hai visto com’è si manifesta la passione del cosplay a livello internazionale. A parte il Giappone, qual è il Paese europeo o comunque occidentale in cui hai trovato più forte la passione per il cosplay, o che ti ha colpito per qualcosa?

So che molti si arrabbieranno, ma prima vorrei smentire il mito nipponico.

Tutti vedono il Giappone come la patria del cosplay e quindi pensano che la passione per il cosplay lì sia fortissima. In realtà in Giappone il cosplay è sempre abbinato ad un qualcosa di pornografico. Se si va ad una convention si nota subito una bella differenza rispetto alla nostra cultura. La maggior parte sono cosplayers femmine in abiti molto, ma molto succinti (robe come un paio di mutande e dello scotch sui capezzoli).

In Giappone c’è una mentalità un po’ chiusa, sono molto timidi e il cosplay, come altre cose viene usato per comunicare. Molte ragazze lo usano come pretesto per fare amicizie, farsi conoscere e ricevere attenzioni.

Il cosplay non viene visto quindi come una cosa positiva, ma bensì come un lato perverso del fandom che può portare all’emancipazione dalla realtà.
In Europa invece, come anche in America, il cosplay è visto come un hobby creativo che si avvicina all’arte per tanti aspetti. Uno dei paesi europei dove ho trovato una fortissima passione e dedizione per il cosplay è sicuramente l’Inghilterra, che cura molto anche l’aspetto interpretativo.

Giada-Robin-Kamina-cosplaySecondo te in cosa l’Italia è ancora un po’ indietro rispetto al resto del mondo?

L’Italia ha bravissimi cosplayers, che fanno delle armature pazzesche e dei vestiti bellissimi. Siamo idolatrati dal mondo intero per la nostra abilità sartoriale e precisione nei dettagli (anche quelli inesistenti XD).

Al WCS l’Italia si è piazzata spesso ai primi posti, perché siamo bravi nella competizione. Siamo un popolo molto competitivo e non può che farci bene stimolandoci a vicenda in quello che facciamo, a dare sempre il massimo, a migliorarci. Però tendiamo anche a dare troppo peso ai titoli, dimenticandoci del vero significato del cosplay, cioè prima di tutto divertirsi interpretando il proprio personaggio preferito.

Conosco un sacco di persone che partecipano alle gare portando un personaggio solo perché ha un costume elaborato ed hanno quindi più probabilità di vincere.

Sono visioni diverse di fare cosplay: c’è a chi interessano solo le gare e c’è a chi piace semplicemente calarsi nel personaggio.

Il personaggio che decidi di interpretare tu lo hai prima conosciuto bene?

Si, io raramente faccio un personaggio che non conosco.

Ad esempio, mi sono trovata a dover discutere..

“che portiamo di bello a Lucca?”

“portiamo Final Fantasy”

“Mmmche faccio? Io adoro Lulu”

“Mi dispiace, Lulu è già occupata, mi sa che c’è rimasta Pain”

Se a me Pain non piace, allora non la faccio. Io sono fatta così.

Per fare un personaggio mi deve piacere, mi ci devo sentire. Anche perché detto francamente il cosplay è una grande spesa di tempo e soldi. Quindi perché devo sbattermi tanto per fare un qualcosa che non mi piace? Io la vedo così… Ho sempre portato personaggi in cui mi rivedevo, che mi piacevano. Cose che vedevo nella mia infanzia o che giocavo e che ho fatto per quello.

Ma quanti cosplay riesci a realizzare di tutti quelli che avresti in mente, diciamo in un anno?

Purtroppo non riesco mai a fare tutto al 100% e mi ritrovo sempre all’ultimo, anche il giorno prima della fiera, anche con costumi semplicissimi.

Anzi, quando i cosplay sono più semplici, in realtà, la cura dei dettagli deve essere maggiore, perché le persone fanno più attenzione a quello che hai addosso, mentre se hai un costume più elaborato e hai tanti dettagli, vedono il complesso e si limitano a dire “WOW ma che figata!”, però non si soffermano a guardarti troppo. Comunque si, in generale vorrei fare molto di più di quello che faccio.

Nico Robin rimane sempre il tuo cavallo di battaglia?

Direi di si..Nico Robin è stato il mio primo cosplay e rimane la più acclamata. Ormai ho deciso di farne tutte le versione, anche se forse mi sarà impossibile data la voglia smisurata di Oda di continuare One Piece.

Un altro personaggio che amo alla follia e che ha riscosso anche un notevole successo è Dio Brando dalle Bizzarre Avventure di JoJo.

diobrando2shop_400sqOgni tanto sbuca il personaggio maschile. Come mai?

A me non importa che siano maschi o femmine. Se mi piace quel personaggio, io lo faccio. Ho fatto il Joker, ho fatto il Grinch e tanti altri. Poi quando ho scoperto le conventions americane dove andavano di moda i cosplay “gender bend” e potevi rinterpretare i personaggi cambiandoli di sesso, ho pensato che fosse una cosa carina e ho deciso di fare diverse versioni femminili di personaggi maschili, vedi appunto Dio Brando o Kamina. Ma la mia filosofia per i cosplay maschili è questa: se sono abbastanza effeminati li faccio così come sono, basta che nascondo le forme, mi trucco un po’… invece se sono troppo mascolini, tipo Dio Brando che è una montagna di muscoli…allora in quel caso preferisco “pomparli”… Ma in un altro senso.

Tu sei ormai la portavoce del cosplay italiano all’estero. Senti la responsabilità di questa cosa, cerchi di trasmettere a nome di tutti i cosplayer lo spirito di quest’arte, di questo hobby, di questo divertimento oppure te ne freghi, sei te stessa e lasci che siano gli altri a prenderti come modello?

Purtroppo o per fortuna sono riuscita a fare del cosplay il mio lavoro ed essendo così popolare è normale che le persone mi vedano più con un occhio di riguardo e che molti mi prendano come loro punto di riferimento (ovviamente ci sono anche tante persone che non mi sopportano).

Io sono rimasta me stessa con la stessa passione di quando ho iniziato. Ogni volta che indosso i panni di un personaggio mi diverto tantissimo, amo farci le foto, amo stare a contatto con la gente. Grazie al cosplay ho conosciuto e continuo a conoscere persone meravigliose. L’unica cosa che è cambiata è il fatto che qualsiasi cosa io faccia vengo immancabilmente giudicata. La gente da me si aspetta sempre di più e vorrei davvero poter accontentare tutti. In Italia ci sono tantissimi altri cosplayers molto più capaci di me che si meriterebbero di stare al mio posto, quindi spero davvero di riuscire a migliorare sempre di più per essere all’altezza della situazione diciamo.