Da 5 Bloods – Come fratelli è su Netflix. Spike Lee torna con un nuovo film, partendo dalla Guerra del Vietnam per arrivare all’America attuale
Dopo il satirico BlacKkKlasman Spike Lee torna, stavolta inevitabilmente sul piccolo schermo di Netflix, con Da 5 Bloods – Come fratelli, un film che fa del tempismo una delle sue armi migliori.
Del resto, lo sappiamo bene, il regista newyorkese è uno sempre sul pezzo e che sa come far parlare di sé, ergendosi come paladino di questioni spesso assai scomode, sempre per il beneficio e la difesa della comunità afroamericana.
A differenza di The last days of American Crime dunque, Da 5 Bloods – Come fratelli è un film tremendamente attuale in questi giorni in cui l’hashtag #BlackLivesMatter è trending topic assoluto, a causa dei nefasti eventi che hanno portato alla morte di George Floyd e a tutte le polemiche che ne sono susseguite.
Nonostante sia cresciuto in una realtà piuttosto borghese, a Fort Greene, un quartiere “bene” di New York, Spike Lee ha sempre portato avanti un cinema basato su temi politici e sociali scomodi e complessi, dal razzismo, alle relazioni interraziali, alla violenza fino alle droghe, facendosi appunto portavoce di una comunità, perché per Lee essere neri in America significa dover lottare a per i diritti dei fratelli, a prescindere dalla propria condizione.
L’attualità di Spike Lee
È anche di questo, in buona sostanza, che parla – ancora una volta – il suo nuovo Da 5 Bloods Come fratelli, che “nuovo” poi lo è solo in parte, dato che in origine era uno spec script del 2013 realizzato da Danny Bilson e Paul De Meo, che aveva il titolo di The Last Tour e prevedeva la direzione di Oliver Stone. Nel 2016 cambiarono i piani e Spike Lee subentrò a Stone alla regia, operando una riscrittura insieme a Kevin Willmott, suo co-sceneggiatore in BlacKkKlansman e Chi-raq e incentrando l’opera dal punto di vista dei soldati afroamericani.
Per farvi capire meglio di cosa parliamo, Da 5 Bloods – Come fratelli è un film che racconta la storia di quattro veterani della Guerra del Vietnam, che decidono di tornare lì quarant’anni dopo, alla ricerca di un tesoro nascosto durante il conflitto e del corpo di un loro commilitone e “fratello”.
Dopo Miracolo a Sant’anna quindi Spike Lee torna a raccontarci vicende di guerra legate ai soldati afroamericani, avvalendosi di un cast di seconde linee dove spicca però Delroy Lindo e in cui si vede la partecipazione di Chadwick Boseman nei panni di Norman, il fratello caduto in Vietnam, ma anche di Jean Reno.
Come di consueto, Spike Lee lancia subito il sasso senza nascondere la mano, e se in BlacKkKlansman aveva affidato l’intro a sequenze di pellicole come La nascita di una nazione o Via col vento (a proposito di attualità…), utilizzanti come un ariete per scardinare da subito la quarta parete e parlare allo spettatore, qui fa la medesima cosa con dei video di repertorio e filmati di Muhammad Ali e Malcolm X, con quest’ultimo che dichiara: “Se mandate 20 milioni di neri a combattere la vostra guerra e a raccogliere il vostro cotone, senza una vera ricompensa, prima o poi la loro lealtà verrà meno”.
Del resto era ovvio che, trattandosi di Spike Lee, non ci saremmo trovati a che fare con un banale action-thriller con protagonisti dei veterani al ritorno in Vietnam per la sola riconquista dell’oro seppellito, e infatti il regista caratterizza benissimo i suoi personaggi estremizzandone i comportamenti, muovendosi sempre ai confini della metanarrazione con gli stessi interpreti che a volte guardano verso la telecamera parlando direttamente allo spettatore, o compiendo azioni e gesti esasperati che fanno anche sorridere, sempre nell’accezione agrodolce che caratterizza il cinema di Lee. Il soldato nero che vota Trump e lo sfoggia persino indossando un cappellino, rappresenta un po’ la summa di tutto questo.
I fratelli dunque tornano a riprendersi un tesoro lasciato lì con la promessa di essere utilizzato come “risarcimento” per il trattamento subito dagli afroamericani da parte del governo, ma una volta sul posto, dopo tanti anni, accusarsi l’un l’altro o perdere di vista la “causa” per utilizzare l’oro per scopi personali è più facile del previsto.
Spike Lee allo stato puro
Il racconto di Da 5 Bloods – Come fratelli si articola su più livelli temporali, alternando la narrazione vera e propria a dei flashback coi protagonisti alle prese durante la guerra, intervallati anche da immagini o filmati vecchi e di repertorio, per dare al pubblico una visione il più chiara possibile, pur concedendo inevitabilmente qualcosa in termini di immersività. Anche il fenomeno del de-aging è in tal senso complice, con Spike Lee che sceglie di non spendere né troppo tempo, né troppo denaro nel rendere plausibile la presenza sulla scena di Boseman insieme agli altri attori “ringiovaniti”, facendoci a volte sorridere più di quanto non abbiamo fatto con The Irishman quando abbiamo notato i movimenti di Al Pacino, ormai 80enne, mentre si alzava dalla poltrona con fare dinoccolato e affatico al netto di un de-aging facciale quasi perfetto.
Dove Da 5 Bloods – Come fratelli non cala invece, tenendo piuttosto bene le due e mezzo complessive, è comunque nel ritmo, perché nonostante le imperfezioni (volute o meno) e una struttura ai limiti della metanarrazione, Spike Lee sa come tenere incollato il pubblico allo schermo e in questo caso buona parte del merito va anche al cast artistico, con i vari interpreti abilissimi a calarsi nei propri personaggi. Un applauso particolare, a tal proposito, lo riserviamo a Delroy Lindo e il suo saper essere così sopra le righe.
Da 5 Bloods, come avrete capito, è Spike Lee all’ennesima potenza, partendo dalla Guerra in Vietnam per arrivare a parlare della condizione attuale degli afroamericani negli Stati Uniti. Uno Spike Lee che prende sempre più una deriva socio-politica e estremamente metacinematografica, scremando però per forza di cose il pubblico, con i puristi del cinema di genere che potrebbero non trovare piacere nel guardare simili opere. Del resto la sua critica al sistema americano apre anche a un certo tipo di cinema a stelle e strisce, quando fa dire ai suoi personaggi: “Vi ricordate tutte quella cavolate dei film di Rambo, con Sly?”.
Ma Spike Lee è questo e ormai lo è sempre di più. Prendere o lasciare.