Back to school!
Ah, le visual novel, quei bei “romanzi” interattivi che in occidente abbiamo scoperto l’altro ieri! Uno dei primi titoli ad avere riscosso un decente successo di pubblico fu proprio Danganronpa: Happy Trigger Havoc, nella sua riedizione PS Vita – perché sì, il gioco uscì originariamente su PSP. Qualche anno è passato, da quel 2014 quando il primo episodio mise piede in occidente, ed evidentemente l’ardire di Spike Chunsoft di far arrivare anche qui una tipologia di gioco così lontana dal gusto occidentale, probabilmente anche per semplici motivi di desuetudine del pubblico, ha pagato. Viene da pensare ad un risultato positivo per un motivo estremamente semplice e lontano da mirabolanti vendite che non arriveranno mai: Danganronpa V3 esce anche per Playstation 4, avendo così evidentemente richiesto a Spike Chunsoft uno sforzo economico maggiore durante lo sviluppo. Il risultato è, ancora una volta, una fantastica visual novel investigativa, gravida di stile, che riesce ad iniziare dal medesimo pretesto dei due capitoli precedenti (escludendo Ultra Despair Girl) per raccontare una storia ancora nuova, e ancora stimolante.
Kaede Akamatsu è la nostra eroina, questa volta. Ricorda un rapimento, appena si sveglia. Un risveglio invero poco piacevole, dato che il suo giaciglio altro non è stato che un armadietto in un aula scolastica. L’aula ha, come da tradizione, le finestre blindate, monitor e telecamere ovunque: la solita scuola da incubo di un qualsiasi Danganronpa. Poi l’incontro con un suo compagno, il tentativo di uscire dalla classe a cui fa seguito un inseguimento con dei mech, che si concluderà in palestra. Qui conoscerà l’ultima filiazione di Monokuma, il diabolico orsetto/mascotte della serie, i Monocubs, cinque improbabili e per nulla amichevoli mini orsi. Infine, l’annuncio che il gioco sta iniziando un’altra volta.
Facciamo un passo indietro, e vediamo Danganronpa (serie) di cosa parla: vari studenti dalle doti peculiari, gli Ultimates, vengono blindati dentro ad una scuola. I loro talenti speciali sono dei più vari, e per non farvi spoiler porterò un paio di esempi dal secondo episodio dove, tra gli altri, troviamo l’Ultimate Gamer o l’Ultimate Yakuza. Insomma, non per forza il più bravo in matematica. Dentro questa scuola i nostri vengono messi di fronte ad un macabro gioco, forzati ad uccidersi tra loro. Se riusciranno a portare a compimento un omicidio perfetto, senza essere scoperti, avranno salva la vita e si vedranno restituita la libertà, mentre i restanti incontreranno la morte. Se invece la loro colpevolezza verrà a galla, solo il colpevole subirà la punizione, ed il gioco continuerà. Semplice e perverso, se si considera che si tratta di studenti di liceo che prima cercano di instaurare rapporti di amicizia, e poi spinti dagli eventi e dalle macchinazioni di Monokuma, finiscono per massacrarsi.
Ancora una volta questo è il pretesto del gioco, e fare qualsiasi spoiler di trama sarebbe un delitto (per stare in tema). Tutto è un colpo di scena, in Danganronpa V3, che si tratti di chi è morto o di chi ha ucciso, del come e del perché, o anche semplicemente del passato dei singoli personaggi, dei rapporti tra questi o, più banalmente, del perché sono finiti tra quelle mura. Quello che posso dirvi però, è che ancora una volta l’intreccio è scritto magnificamente, con personaggi in grado di rimanere impressi e una serie di momenti “wow” che non vi toglierete dalla mente facilmente.
Quello che ha reso, e rende tutt’ora, proprio questa serie un po’ più appetibile rispetto ad altri esponenti di pregio del genere, è certamente la sua interattività: se in altri titoli si legge soltanto, qui si esplora, si intrattengono rapporti sociali e soprattutto si fanno i processi per cercare di capire chi ha compiuto un omicidio. Questo è ancora più vero in questo V3, in cui la mappa si apre rispetto ai capitoli precedenti, probabilmente anche per far stonare il meno possibile il gioco su Playstation 4.
Il gioco rimane però fortemente story driven, quindi non c’è da aspettarsi di poter compiere decisioni, se non quelle relative ai personaggi con cui fare amicizia, soprattutto perché data la natura del titolo, questi tendono a morire. Le fasi investigative vengono risolte solo quando si entra in possesso di tutti gli indizi, che è quindi impossibile perdere per strada, o non notare data la presenza di un tasto dedicato a far comparire gli elementi dello scenario con cui interagire. I processi invece, come da tradizione, vedranno tutti gli studenti riuniti intenti a parlare. Compito del giocatore sarà quello di capire quando qualcuno sta mentendo, trovando le contraddizioni mostrando al momento opportuno le prove che lo contraddicono, o attraverso una serie di minigame da riuscire a risolvere. Semplice, ma in grado di tenere alta l’adrenalina nelle fasi più concitate, senza far sentire il giocatore un lettore passivo a cui scorre davanti la storia.
Chiudiamo con l’aspetto tecnico, decisamente non il punto più alto della produzione Spike Chunsoft. Preciso subito che la versione testata è quella PS Vita, quindi non ci si poteva aspettare chissà quali miracoli. Nonostante l’esigua mole poligonale, ancora una volta gli sviluppatori sono stati bravi ad utilizzare molti elementi bidimensionali che conferiscono a tutto quell’effetto diorama tipico della serie, riuscendo ad arginare i limiti intrinsechi della Piccola di Sony. La direzione artistica e le peculiari scelte cromatiche fanno ancora una volta il 90% del lavoro, rendendo il tutto davvero bello da vedere e pieno di stile.
Verdetto
Danganronpa V3: Killing Harmony conferma le grandi capacità di Spike Chunsoft nel realizzare visual novel in grado di rapire. Grazie alla brillante scrittura il gioco riesce a risultare fresco, nonostante il canovaccio sia sempre il medesimo da oramai tre titoli. Chiude il cerchio una fantastica art direction, che riesce a far fare un ulteriore passo avanti all’oramai peculiare stile della serie. Se vi sono piaciuti i primi, è un acquisto obbligato. Ma anche se non ci avete mai giocato, a dire il vero.