Dante in Giappone: traduzioni, reinterpretazioni e vite trasformate
‘è un motivo se da sempre consideriamo Dante Alighieri come uno dei più importanti prodotti del nostro territorio. Pochi, forse nessuno come lui, hanno saputo mescolare sacro e profano, metafisico e terreno, assoluta perfezione stilistica e immagini pittoresche, quasi pop. Per dirla in termini economici, il Sommo Poeta è un prodotto capace di stuzzicare gli interessi più disparati, quindi adatto per essere esportato su mercati anche molto diversi tra loro, in tutto il mondo. Tra i suoi fan più sfegatati, nonostante le abissali differenze culturali, ci sono anche i Giapponesi. Andiamo quindi alla scoperta di due uomini che, senza l’incontro con Dante, non sarebbero diventati come oggi li conosciamo. Ma prima, come è giusto che sia, un po’ di storia.
Dante in Giappone: un po’ di storia
La Divina Commedia è l’opera più importante e conosciuta del Sommo Poeta, nonché la prima a varcare i confini del Sol Levante pochi anni dopo la sua apertura agli stranieri, avvenuta per decisione dello shogun Ieyoshi Tokugawa nel 1864. Già nel 1895, infatti, il letterato Ogai Mori conia il termine con il quale la Commedia è conosciuta ancora oggi in Giappone: Shinkyoku (letteralmente Canto Divino). L’opera circola soprattutto in traduzioni dal francese e dal tedesco, ma tanto basta a Bin Ueda per tenere le prime lezioni monografiche su Dante all’università di Kyoto, che addirittura gli dedica una cattedra.
Bisogna aspettare fino al 1922 per la prima traduzione della Commedia direttamente dall’Italiano, compiuta da Heizaburo Yamakawa in otto anni di studio matto e disperatissimo, per citare un altro gigante della nostra letteratura. Dopo la Seconda Guerra Mondiale entra in scena il personaggio più importante per la diffusione dell’opera dantesca in Giappone, Soichi Nogami. Il maestro nativo di Tokyo redige nel 1954 il primissimo dizionario italiano/giapponese, poi undici anni più tardi cura una nuova traduzione della Divina Commedia, che gli vale una premiazione a Firenze da parte della Società Dantesca Italiana. Nel 1987 il futuro Premio Nobel per la Letteratura Kenzaburo Oe cita diverse volte il Sommo Poeta nel suo romanzo Gli anni della Nostalgia.
Dante non ha cambiato solo la vita di Soichi Nogami o di Heizaburo Yamagawa, ma anche di molti altri Giapponesi. Nei prossimi paragrafi ne incontreremo due, molto distanti nel tempo e nelle vicende di vita, ma accomunati dall’amore per il Sommo Poeta.
Go Nagai, Dante e Gustave Doré
Sembra un’esagerazione, ma non è un’eresia pensare che Go Nagai, se non avesse incontrato l’opera Dantesca, forse oggi non sarebbe uno dei più grandi mangaka di sempre. Dobbiamo infatti ringraziare la mitica edizione della Divina Commedia illustrata da Gustave Doré, acquistata dai fratelli durante l’adolescenza, se il maestro originario di Wajima si è avvicinato al mondo dei disegni. Lucifero, l’angelo caduto dalle ali nere, è il personaggio che più lo ha ispirato, come testimoniano diversi dei suoi lavori più o meno celebri: Mao Dante è un manga mai concluso serializzato a fine anni Sessanta, mentre l’imprescindibile Devilman ha fatto la storia a partire dal 1971.
Tra il 1993 e il 1995, poi, Nagai decide di testimoniare il proprio amore per Dante nel modo più diretto possibile, ovvero con una traduzione a fumetti della Divina Commedia. Dante Shinkyoku è per la maggior parte una vera e propria imitazione delle litografie di Doré, in cui l’autore inserisce un gran numero di dettagli visivi e arricchisce le scene con brevi dialoghi e le classiche onomatopee in katakana. Il mangaka rimane quanto più possibile fedele alla visione dell’illustratore francese, anche per quanto riguarda la distribuzione delle tavole: dedica il grosso del suo lavoro figurativo all’Inferno, che domina due volumi sui tre totali.
Il primo Canto è forse il più affascinante grazie alle sue immagini forti e pittoresche, ai colori vividi e alle scene crude e suggestive. Ovviamente adattare un’opera fortemente condizionata dalla cultura italiana medievale significa anche apportare qualche modifica a livello teorico e narrativo. Le allegorie e le discussioni sulla dottrina cristiana sono assolutamente indigeste per i Giapponesi, così vengono accantonate in favore di una maggior concentrazione sul lato carnale della vicenda. Dante, in fuga dai Guelfi Neri, si ritrova nella Selva Oscura per nascondersi, vive sulla propria pelle le emozioni dei peccatori che incontra, suda e si mette in pericolo. Quello che vediamo nell’opera di Nagai è quindi un Sommo Poeta molto più umano e insicuro, meno concentrato sul giudicare e più sull’interrogarsi sulla giustizia di ciò che vede e sulla natura della colpa.
Harukichi Shimoi, il “camerata samurai” venuto in Italia per amore di Dante
A proposito di Giapponesi che si sono lasciati sconvolgere la vita da Dante, che ne dite di un modesto studioso della letteratura italiana che diventa amico intimo di Mussolini? Questa, ridotta all’osso, è la storia di Harukichi Shimoi, figlio di un samurai caduto in disgrazia di Fukuoka che incontra Bin Ueda alla Scuola Magistrale di Tokyo, in giovane età. Ueda, manco a dirlo, gli trasmette l’ossessione per la Divina Commedia: Shimoi comincia a impadronirsi di ogni traduzione che riesce a trovare e fonda addirittura la Dante Toshokan, la prima Società Dantesca sul suolo nipponico. Da qui in poi, la vita dell’uomo non sarà più la stessa. Nel 1915 si trasferisce a Napoli per insegnare come lettore al Reale Istituto Orientale, per poi introdursi nei salotti bene della città ed entrare in contatto con il Futurismo. È in questo ambito che ritrova i primi punti di contatto tra la cultura italiana e quella giapponese: gli haiku, componimento tradizionale nato nel periodo Edo, nella loro sintesi estrema si avvicinano all’idea di poesia pura che proprio in quegli anni sta nascendo anche in Italia e che poi sfocerà nell’Ermetismo di Saba e Montale.
Durante la Prima Guerra Mondiale Shimoi lavora come corrispondente di guerra, seguendo i soldati italiani in prima linea. Viene sedotto dagli ideali futuristi legati alla guerra e ritrova nel coraggio estremo delle truppe tricolori quella volontà di non arrendersi mai tipica dei samurai. Anche Dante fa di nuovo capolino nella sua visione del conflitto: essere sul campo di battaglia è come una discesa negli Inferi ma, come i personaggi che affollano l’Inferno della Commedia, anche i combattenti conservano la propria umanità, soffrendo insieme e aiutandosi a vicenda anche nelle situazioni più disperate.
Da cronista, Harukichi Shimoi segue anche i famigerati Arditi nelle ultime fasi della guerra e, pare, insegna loro qualche tecnica di jiu-jitsu tradizionale della sua famiglia. In questi anni fa amicizia con un certo Gabriele D’Annunzio, con cui trascorre anche un periodo a Fiume durante l’occupazione dei Legionari. Lo stesso Vate gli affibbia il soprannome di camerata-samurai e gli affida il difficile compito di messaggero tra la città e Benito Mussolini. Shimoi finisce per diventare amico intimo del futuro Duce e, dopo aver marciato su Roma con le Camicie Nere, si impegna nel creare un filo diretto tra la nascente Italia fascista e il suo Paese d’origine. Interessato soprattutto al lato rivoluzionario e allo spirito guerriero e nazionalista del primissimo Fascismo, Shimoi passa gli anni Venti e Trenta a fare la spola tra Italia e Giappone, traducendo diverse opere e discorsi di Mussolini.
Come sappiamo il movimento militarista che porta il Giappone al bagno di sangue che fu la Seconda Guerra Mondiale, in fondo, ha poco a che vedere con il Fascismo italiano. Lo stesso Shimoi, sostanzialmente un poeta e quindi un ingenuo, all’inizio del conflitto è già passato da entusiasta a disilluso: la sua amicizia con Mussolini finisce nel momento in cui il Duce decide di unire le forze con Hitler, e questo episodio sancisce anche l’addio all’attivismo politico dell’ormai ex camerata-samurai. Un uomo venuto da molto lontano per seguire le orme di Dante, trovatosi per caso al centro dei più importanti momenti storici dell’Italia tra le due Guerre Mondiali.
Per raccontarvi come venga visto, studiato e rivisitato Dante in Giappone avremmo potuto stilare un elenco di tutte le opere in cui compaiono riferimenti alla Commedia. E ce ne sono tantissime. Abbiamo però preferito prendere un’altra strada e parlare di uomini che si sono visti stravolgere l’esistenza dal Sommo Poeta. L’abbiamo fatto per dimostrare che sarebbe bene non scordarci mai del potere che può avere la letteratura. Anche quella di più di settecento anni fa. Buon Dantedì a tutti!