Daria, Nana ed MTV: la nostalgia di una generazione
Quando nel settembre 2019 venne annunciata la distribuzione su Netflix di Nana, si illuminarono gli occhi di molte telespettatrici, pronte a viaggiare a ritroso nel tempo attraverso un rewatch dal sapore decisamente nostalgico.
L’amicizia tra Hachi e Nana Osaki, raccontata dal tratto sottile e raffinato di Ai Yazawa, è andata in onda in Italia dall’aprile 2006 in poi, e rappresenta per molti versi un tassello fondamentale nell’educazione affettiva delle donne della cosiddetta generazione MTV.
Oggi, che abbiamo circa trent’anni e che stiamo attraversando l’epoca dello SVOD (Subscription video on demand), reclamiamo a gran voce quelle serie (tv o a fumetti) che hanno condizionato il nostro modo di concepire l’esistenza. Vediamo quali, e come.
Dalla Disney a Nana, Daria e i cartoni di MTV
Nana, Daria, Will e non solo. I personaggi che andremo a trattare hanno in comune la proposta di modelli alternativi ai classici prodotti per bambine e ragazze propinati dalla Disney. Pur vivendo le loro cotte – grazie a cui le giovani spettatrici potevano facilmente immedesimarsi – lo scopo di queste ragazze era ben diverso dal trovarsi un fidanzato o, addirittura, un marito.
Riflettiamo: la maggior parte delle principesse (o, almeno, quelle in auge fino agli anni Duemila inoltrati) trovano il loro culmine nel matrimonio con un principe. Questo significa che per quanto colte, curiose, vivaci, libere e dolci, il loro happy ending prevedere un abito bianco e un tetto sicuro, fornito cordialmente dall’uomo prescelto. Anzi: per poter arrivare a questo sospirato finale si è in grado di smuovere mari e monti, scomodando streghe, fate, incantesimi.
Da adolescenti, quando era piuttosto chiaro che il matrimonio e il trasloco in un castello perdevano centralità nel panorama dei nostri sogni, abbiamo avuto bisogno di ispirazioni diverse, che ci raccontassero altri obiettivi. Erano cambiati i nostri interessi, abbiamo iniziato a frequentare quella spietata micro-società che è la scuola superiore e abbiamo iniziato a chiederci chi siamo e quali fossero i nostri reali modelli. Volevamo musica, ovunque, sempre. MTV era arrivata in Italia con i suoi video musicali, le popstar che amavamo disprezzare, il grunge-rock, Daria.
L’importanza di chiamarsi Daria
Nata dalla costola di Beavis and Butt-Head, ma subito distaccatasi come personaggio totalmente indipendente, Daria è un piccolo, grande cult per la generazione MTV. Nonostante la protagonista e i personaggi principali siano ragazze, questa serie (andata in onda per la prima volta su MTV Italia nel 1998) è molto apprezzata anche dal pubblico maschile.
Uno dei punti di forza maggiori del personaggio, e della serie, è quel cinismo tipico delle persone troppo sveglie per il contesto in cui vivono. Il carattere di Daria era, poi, valorizzato dal contesto di personaggi secondari che, in un modo o nell’altro, le facevano da specchio o da contrappeso. Tra tutte c’erano la migliore amica Jane e la sorella minore Quinn.
Daria, Jane e Quinn rappresentavano lo spettro completo della femminilità adolescenziale, quella che deve combattere tra i corridoi di una high school per affermare la propria indipendenza dagli stereotipi. Tutte nascondevano la propria fragilità o in un’eccessiva cura dell’immagine (Quinn), in un costante sarcasmo (Daria) o in un mondo ideale composto da arte e fancazzismo (Jane).
Daria è il simbolo di tutte quelle adolescenti cresciute ai margini, che – nell’attesa del loro momento – hanno pensato bene di crearsi un’armatura composta da un’acuta analisi della realtà. L’adolescenza come tempo di incubazione, ma anche come battaglia contro tutti in Questo triste mondo malato: gli autori Glenn Eichler e Susie Lewis Lynn hanno dato vita a un prodotto inossidabile, una pietra miliare nella nostra educazione morale.
Nana e l’amicizia fra ragazze nei cartoni di MTV
La selezione di anime che ha avuto MTV Italia negli Duemila ha portato nel nostro Paese dei titoli davvero importanti. Chi si sintonizzava in quegli anni sul famoso canale musicale poteva, infatti, essere sorpreso dalla messa in onda di Bem il mostro umano, Ranma ½, Inuyasha, Neon Genesis Evangelion e altri grandi classici dell’animazione giapponese. In tarda serata, poi, ci si poteva anche imbattere in un soft hentai come Golden Boy.
Tra questi, come abbiamo già accennato in apertura, c’era anche Nana di Ai Yazawa. La serie, così come il manga, sono rimasti incompiuti a causa dello stato di salute dell’autrice, su cui le notizie non sono mai state troppo chiare. Tuttavia, quello Ai Yazawa ha pubblicato è bastato a creare una fanbase affezionata e, tra le fan italiane, allargare la conoscenza degli Josei manga.
Uno dei temi più importanti dell’anime (e del manga) di Nana è l’amicizia fra ragazze. In un mondo che racconta il genere femminile come competitivo, individualista e inviperito, Nana è un profondo e commovente ritratto della solidarietà fra donne. Nonostante le evidenti differenze tra Nana Osaki e Hachi, le due eroine creano un legame sin dal primo incontro e vivono la loro relazione ognuna con i propri limiti e pregi. La bellezza di Nana Osaki, poi, non è un motivo di invidia per Hachi, anzi, una fonte ininterrotta di ammirazione, quasi di venerazione. Osaki – dal canto – suo sviluppa un senso di protezione verso l’amica e, nonostante dimostri con meno trasporto i propri sentimenti, un gran senso di mancanza quando il loro rapporto sarà messo in discussione.
Per questo motivo, Nana non è solo un bell’anime, ma ha anche il merito di aver formato una generazione di giovani donne solidali, coese e che sanno sostenersi l’un l’altra.
W.I.T.C.H.: un gruppo di ragazze per salvare l’Universo
La generazione MTV, ovvero quella nata tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, ha goduto in Italia di un altro fortunato incontro. Nell’aprile 2001 Disney Italia anticipa quello che sarebbe stato il trend contemporaneo e pubblica il primo numero di W.I.T.C.H., nato da un’idea di Elisabetta Gnone.
Will, Irma, Taranee, Cornelia e Hay Lin erano cinque adolescenti che condividevano con il loro pubblico età, abitudini, problemi e soddisfazioni. Andavano alla scuola superiore, erano figlie di coppie divorziate, dovevano elaborare il lutto della perdita dei nonni. Si innamoravano, studiavano e dovevano impegnarsi per conservare le loro amicizie. A differenza delle loro lettrici, però, il loro potenziale si era palesato in una forma sovrannaturale.
I cinque personaggi, disegnati con uno stile manga adattato all’estetica occidentale, scoprono di essere le detentrici di un potere millenario, che le rende Guardiane dei Quattro Elementi (con Will, la leader, che aveva il potere di catalizzare la loro energia).
Questa saga ha avuto diversi meriti, tra cui quello di avvicinare il pubblico femminile italiano alla lettura dei fumetti e di traghettare, quindi, le lettrici dalla dimensione infantile dei magazine Disney come – ad esempio Minnie&Co. – a quella dei fumetti “per adulti”. La fortuna di W.I.T.C.H. l’ha portato verso il pubblico più vasto della serie animata, sopravvivendo anche al passare dell’età delle prime lettrici.
Il legame con le cinque Guardiane, così come quello per Daria, Nana e le altre ha un valore molto più profondo di quanto un primo e superficiale approccio possa lasciar intendere. La scrittura di prodotti dedicati a una certa tipologia di pubblico che, grazie alla loro qualità, sono stati in grado di parlare anche a tutti gli altri, è segno di rispetto nei confronti di categorie spesso sottovalutate.
Il messaggio monodirezionale, che ancora sopravvive nella narrativa e nella produzione cinematografica e televisiva, in cui la donna è essenzialmente incompleta e votata alla ricerca della propria metà è stato piacevolmente diversificato da queste eroine e dai loro autori. Prima di Elsa, Vaiana, Capitan Marvel e il nuovo (apprezzatissimo) trend, c’erano loro. Quindi, ben vengano i rewatch, anzi: vogliamo Daria su Netflix.