Semplice, diretto e dinamico. Deadpool è così, o lo ami o lo odi

Dopo l’ennesimo periodo di assestamento a seguito di prodotti altalenanti, in casa Marvel avevano necessità di portare sul grande schermo qualcosa di “sicuro”. Un film capace di mettere d’accordo la stragrande maggioranza delle persone. Come quei comfort food che mangi una volta tornato a casa alla fine di una giornata intensa e stressante. Quelle pietanze non eccezionali, ma che ti strappano quel sorriso di cui avevi bisogno.

Deadpool & Wolverine è così, quel piatto di cui non ti stanchi mai, anche se delle volte, dopo averlo buttato giù, capisci che potevi farne a meno, ma lo accetti e sei felice lo stesso.

Probabilmente sarà andata così la riunione nel quartier generale della Marvel dove tutti quanti si sono arrovellati nella ricerca di una figura da pescare dal vecchio mazzo, in grado di far fare incassi e ottime recensioni. La scelta, ovviamente, è ricaduta sul buon Ryan Reynolds che, nei panni dello squinternato antieroe in tuta rossa, è tornato per la terza volta in sala con un capitolo valido, seppur furbo.

Partiamo col dire che Deadpool & Wolverine è un prodotto efficace, che va dritto al punto e ti offre quello che, in estrema sintesi, dovrebbe essere un cinecomic alla base. Ti intrattiene, è leggero, ti offre qualche collegamento con la storyline principale dell’MCU, tanta azione ben coreografata, soundtrack che strizza l’occhio a più generazioni. Il mix è condito bene e ci sforna un film facile e godibile.
Al tempo stesso, però, il buon eroe capace di rompere la quarta parete ci mostra tutte le crepe presenti nell’universo cinematografico Marvel.

Kevin Feige ha capito subito che non c’era spazio per ulteriori fallimenti, soprattutto dall’interesse tiepido mostrato, dopo gli ultimi panel, per il nuovo capitolo di Capitan America, il mezzo hype per i Fantastici 4 e la mega spaccatura che ha creato l’annuncio del ritorno di Robert Downey Jr. nell’MCU, ma nei panni di Destino.

Nel quartier generale della Casa delle idee sembrerebbe, infatti, che di idee ce ne siano ben poche, e l’unico modo per poter smuovere nuovamente l’interesse del pubblico è attraverso la cesta dei ricordi, grazie a camei, easter egg e ritorni clamorosi.

Non fraintendiamoci, Deadpool & Wolverine ci ha fatto divertire, le risate non sono mancate e rivedere per l’ennesima volta  – speriamo l’ultima- Hugh Jackman nei panni di Logan ha dato un sapore piacevole, seppur strano, alla pellicola. Il problema che sorge, però, sta a monte dell’intero gruppo che gestisce i prodotti Marvel (evitando di tirare in ballo anche il regno comics).

Tralasciando i vari meme che circolano per il web, risulta abbastanza chiaro di quanto la creatura di Stan Lee, a livello di progettualità, stia navigando a vista. La presenza di prodotti qualitativamente forti sta diventando sempre più sporadica, proponendo ai fan film e serie che oscillano costantemente tra il buono e il mediocre, con rari picchi.

Tolto l’ultimo capitolo dei Guardiani della Galassia e la seconda stagione di Loki, anche la fase cinque ha iniziato ad arrancare. Il problema era sorto, ovviamente anche durante la fase quattro, dove l’unico elemento salvabile era Spider-Man: No way home, sia per motivi nostalgici, sia per l’assurda interpretazione di Willem Dafoe.

Ed ecco che, per evitare di dover porre l’ennesima pezza per salvare la nave che affonda, lo strumento adoperato è stato uno soltanto: la nostalgia.

È bello vedere i vari omaggi dei comics di Wolverine, i camei inaspettati di Evans e co., oltre all’assurda apparizione di Cavill (preghiamo affinché gli offrano la possibilità di indossare nuovamente gli artigli), ma ci sembra che tutto ciò sia stato semplice contorno. Come se ci fossimo seduti su una macchina nuova, sgargiante, con interni in pelle, optional di serie e dal colore fiammante, ma con il motore di una vecchia utilitaria. Fa il suo, ti porta a destinazione, ma andando a stringere, manca la vera carne da poter assaporare.

Non fraintendiamoci, il prodotto doveva essere qualcosa a sé, volto a far entrare ufficialmente Deadpool all’interno dell’universo Disney e, soprattutto, per comprendere come poter gestire una figura così borderline con gli altri supereroi, ma si poteva fare qualcosa in più. A livello di scrittura Deadpool & Wolverine è esageratamente semplice, privo di guizzi e sopravvive unicamente grazie al contorno. Un netto downgrade rispetto al capitolo che ci aveva mostrato Cable.

Per il resto la pellicola è qualcosa che mancava un po’ nell’offerta Marvel e riesce a strappare buoni voti, ma con numerose note a piè di pagina.

Non sarà un’opera perfetta e, figlia di un mondo che sta provando ogni modo per poter sopravvivere al normale appiattirsi della domanda, presenta numerose falle, ma Deadpool & Wolverine fa il suo. Attori nella parte, fedeltà dei personaggi agli originali comics e quel minutaggio sano che non ti fa guardare l’ora pensando che tutto si sarebbe potuto condensare in molto meno tempo.

Archiviato questo capitolo, però, la domanda resta sempre la stessa (ormai da anni): dopo un buon Deadpool di contorno, cosa ci offrirà di realmente sostanzioso la Marvel? Perché qui le idee sembrano essere finite.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.