Una riflessione sull’importanza della notorietà partendo dalla serie su Apple TV, scoprendo che ogni gesto non è mai evanescente
osa diresti al tuo idolo se avessi l’occasione di parlargli?
Una domanda che sicuramente tutti una volta nella vita si sono posti, alternando personalità di rilievo a cui dedicare le nostre parole e fantasticando sulla possibilità di un contatto diretto con il mito che adoriamo. Un tempo la corrispondenza tra star e pubblico passava attraverso le lettere dei fan, all’impegno di affezionati di riviste e di appassionati di arti o scienze che imbucavano le proprie dichiarazioni attendendo, molto spesso invano, un riscontro dal destinatario.
Una tradizione che appartiene ai primordi della stampa e alla fascinazione per personalità di spicco che potevano andare dal mondo del cinematografo a quello dello sport, passando per il clamore di un medium come la televisione e potendo approdare anche nella musica, nella letteratura o nel teatro.
Che la persona in questione appartenesse ad un universo piuttosto che ad un altro poco importava quando si costruiva nella propria mente l’attimo della lettura o, perché no, di un potenziale incontro. Un momento agognato e sperato quasi quanto il timore di incappare realmente nel proprio idolo, ma sentendo comunque la fortuna di poter cercare di spiegare il motivo di un’ammirazione così traboccante alla persona che l’alimenta.
Possiamo provare rispetto per un regista che ha saputo darci la direzione da dover intraprendere nella nostra esistenza. A volte per un ingegnere che ci ha ispirato permettendo di spingerci oltre ciò che conoscevamo. Altre ancora per un’attrice, un compositore, uno sportivo o uno stilista. Chiunque sia stato, il desiderio è solamente quello di potergli far presente quanto ha significato per noi, esattamente come permette di fare la serie simil-biografica di Dear….
Dear…: tra lettere e interviste
Al suo debutto nel 2020 su Apple TV e di ritorno con la seconda stagione due anni dopo sempre sulla piattaforma, la serie pensata da R. J. Cutler mette in contatto attraverso carta e penna alcuni individui famosi all’interno di svariate cerchie di interesse con persone che, in qualsiasi parte del mondo, sono state influenzate dal loro operato. Da una frase detta, un film girato, un’associazione promossa in difesa o in aiuto di cause benefiche.
Ed ecco che si realizza il sogno di poter dire a qualcuno che nemmeno ci conosce quanto un suo gesto sia stato fondamentale nel toccare e raddrizzare i nostri destini; un’opportunità in cui riversare tutta la propria gratitudine, stampata e consegnata nelle mani delle nostre leggende, pronte a vederle commuoversi davanti ad una telecamera.
Le intenzioni di Dear… mescolano perciò la volontà di ripercorrere le vicende e gli accadimenti che hanno caratterizzato alcune delle carriere più iconiche mai esistite, intervallandole con la lettura delle suddette dichiarazioni d’affetto di fan sconosciuti, i quali possono interagire indirettamente con i protagonisti di volta in volta nelle puntate ed esprimere così un senso di vicinanza profondo e sincero.
Tra una puntata e un’altra, mentre le immagini alternano la figura centrale dell’episodio e il materiale d’archivio che la riguarda, fuoriesce un sentimentalismo incredibile, con gli ospiti della serie parlano in prima persona e raccontano eventi e sensazioni vissute nel corso degli anni, arricchendo le storie con gli interventi epistolari dei fan e mostrando come la propria vita e il proprio lavoro non siano stati affatto evanescenti.
La responsabilità dei media e dei miti
È infatti più sulla riflessione che il prodotto Apple TV porta avanti come sottofondo che è interessante soffermarsi. Non la descrizione di esistenze e carriere che, in circa trenta minuti, non possono venir circoscritte compiutamente o approfondite quanto sarebbe necessario, bensì l’impatto che un’azione o un’opera può avere sull’anima di una persona, tanto da segnarne indelebilmente il futuro. Un’osservazione che Dear… pone nell’aspetto mediatico dovuto ai suoi protagonisti, ma che può essere trasposto a qualsiasi tipo di esperienza ed emozionare al solo pensiero.
Dedicando spazio a icone che hanno contribuito a generare un effetto a farfalla che ha condotto in avanti l’esistenza di tantissime persone, la serie rivela l’importanza di saper osare e di andare fino in fondo a ciò che si ritiene giusto. Augurandosi che gli esempi che vengono riportati possano arrivare ovunque, promuovendo il saper costruire qualcosa di grande.
Non è un caso che in Dear… il concetto più incisivo sia quello della rappresentazione. È per questo che tra la prima e la seconda stagione ci sono stati ospiti come Sandra Oh, Viola Davis, Spike Lee, Billy Porter e Jane Fonda. Nella possibilità di vedere in artisti e professionisti un talento e delle abilità che travalicassero il colore della pelle o l’appartenenza delle proprie origini, il mondo ha saputo trasformarsi di conseguenza partendo da tutte quelle persone che hanno preso esempio dalle proprie leggende accettando così la propria sessualità, le proprie radici ed anche le comprensibili insicurezze.
L’importanza della rappresentazione
Le minoranze sono centrali nel nucleo di Dear… perché sono quelle le assenze che per troppo tempo hanno fatto sentire la loro mancanza all’interno del panorama mondiale e che, a seconda di diversi e determinanti capisaldi, si sono innalzati a bandiera di un domani inclusivo che comprenda ogni singolo uomo ed ogni singola donna. Un universo più giusto che i protagonisti di Dear… hanno contribuito a ridisegnare e di cui fanno parte adulti, adolescenti e bambini di qualsiasi tipo.
Dear… riporta l’essere grati per aver dato nuova luce a personaggi latini o asiatici, per aver innovato linguaggi e formule mainstream che fossero comprensibili e appetibili per tutti e per aver permesso di rendere il pubblico più consapevole di temi fondamentali per la libertà e il diritto di essere umani. La componente storica delle biografie dei personaggi nella serie si unisce ad un versante più emotivo che, pur sfociando a volte nella ripetizione, non può che intenerire e ispirare a propria volta lo spettatore.
E tra gli aspetti più importanti non c’è tanto la ricostruzione attraverso le lettere dei percorsi delle personalità interpellate, ma più l’occasione per il mittente di poter riportare la propria di storia e mostrare come sia stata indirizzata dalle scelte e dal coraggio di quelle personalità note. E quello che Dear… fa capire è che, tante volte, è solamente una cosa quella che vorremmo dire a chi abbiamo lodato da lontano sentendolo comunque incredibilmente vicino. Una parola che racchiude l’intero amore e il riconoscimento che sentiamo: “Grazie”.