Desperados III è figlio di un genere quasi dimenticato, ma che merita assolutamente di essere ricordato.
Nella storia dei videogiochi sono nati e morti tantissimi generi. Alcune di queste meteore hanno raccolto nel loro ciclo vitale maggior consenso di pubblico, mentre altre sono rimaste un ricordo solo per piccole nicchie di giocatori. Certamente il filone dei tattici in tempo reale, tra i quali si annovera Desperados III (ma anche Commandos, recentemente rimasterizzato), rientra nella seconda categoria.
Il genere infatti è stato per anni morto e sepolto, e solo recentemente ne abbiamo visto un ritorno con la pubblicazione di Shadow Tactics: Blades of the shogun, una vera perla sviluppata da Mimimi, lo stesso team ora responsabile di Desperados III.
Chiaramente con un curriculum sì cortissimo, ma certamente di pregio per quanto riguarda i tattici in tempo reale, le aspettative per Desperados III erano molto alte. Anche quando vedemmo in azione il gioco alla Gamescom ne rimanemmo stupiti per le possibilità di approccio mostrate ai vari stage.
Facciamo però un passo indietro e contestualizziamo un po’ di cosa parliamo: Desperados III è il prequel di una serie rimasta nel cuore di molti, e torna alle origini del primo capitolo riproponendo la stessa esatta formula, adattata ai tempi che corrono. Il giocatore è chiamato a guidare un manipolo di personaggi con caratteristiche uniche in mappe di ampiezza variabile, con una visuale isometrica. Così raccontata può sembrare la cosa meno interessante del mondo, in realtà si tratta di prodotti stimolantissimi perché mettono al centro la creatività del giocatore nel risolvere le varie situazioni che gli si parano di fronte.
Di fatto Desperados III ci propone, missione dopo missione, delle serie di obiettivi da risolvere nell’ordine che preferiamo e con l’approccio che più riteniamo opportuno. Il gioco è impostato per essere la versione isometrica e tattica di uno stealth, ma nulla vieta di utilizzare approcci più diretti e violenti.
Tutto questo, ovviamente, sfruttando le diverse capacità di ognuno dei cinque personaggi, ognuno con caratteristiche uniche: se il protagonista, John Cooper, è in grado di lanciare un coltello per uccidere silenziosamente a distanza e di distrarre i nemici lanciando una monetina, non mancano skill più particolari come la capacità di travestirsi per distrarre le guardie o addirittura la possibilità di utilizzare il voodoo per prendere il controllo della mente di un avversario.
Le armi ovviamente non mancano, e ogni personaggio si differenzia dagli altri anche sotto questo punto di vista. Anche se quindi si decide per una risoluzione violenta ci sarà comunque da gestire attentamente le peculiarità di ognuno, e soprattutto sarà più che in altri casi utile utilizzare la funzione “Resa dei conti” ereditata da Shadow Tactics, grazie alla quale è possibile fermare il gioco per dare con calma gli ordini ai diversi personaggi, per poi farglieli eseguire tutti assieme.
L’intrecciarsi di tutte queste possibilità va a costruire, assieme a un level design estremamente raffinato, l’ossatura ludica di Desperados III. Come accennato al centro di tutto c’è la libertà di gestire le situazioni concessa al giocatore, a cui normalmente, all’inizio di ogni missione, è dato il compito di soddisfare una quantità variabile di obiettivi. Il come farlo, e l’ordine in cui farlo, sono rimesse al giudizio dell’utente.
L’ampiezza delle mappe e l’interattività delle stesse gioca ovviamente un ruolo fondamentale, e potrete decidere di distrarre qualcuno utilizzando un travestimento per pugnalarlo alle spalle con un altro personaggio, oppure potrete cercare di inscenare un incidente per uccidere qualcuno dissimulando l’omicidio.
Questa grandissima libertà d’approccio è molto stimolante a livello intellettuale perché forza a pensare alle soluzioni più disparate e spinge alla creatività più assoluta. Il gameplay emergente di cui Desperados III si fregia ha però un altro valore importante, che è quello dell’estrema rigiocabilità.
Mimimi lo sa, e favorisce la cosa con una serie di obiettivi che vengono rivelati a fine missione, così da spronarci a giocare ogni mappa più e più volte con lo scopo di provare a risolvere la missione in modi nuovi, imponendo vincoli.
Per fare un esempio, in una delle prime missioni (così come nel resto del gioco in realtà) ho tenuto un approccio stealth tutto orientato sul distrarre i nemici per ucciderli silenziosamente. A missione conclusa, tra le sfide a disposizione, c’era il completare l’area senza utilizzare nessuno degli strumenti che avevo invece sfruttato per tutta la partita. Non ho idea di come sia possibile farlo, e certamente prima o poi ci proverò, ma in quel momento mi è stato chiaro come quello che a me sembrava l’unico modo di approccio fosse in realtà uno dei tanti.
Proprio quando si riesce a intravedere quello che non si è fatto e non si è pensato si intuisce l’ottimo lavoro fatto da Mimimi, paradossalmente. Il gioco si apre lentamente e si impara lentamente, con le prime missioni che giocherete tutte nello stesso modo, ma avanzando comincerete a capire come si possono combinare le abilità, come si possono forzare le regole del gioco e il selvaggio west diventerà il vostro parco giochi.
Certo, non c’è una storia interessante a fare da sfondo alle vicende, ma non è una cosa veramente importante in un prodotto di questo tipo. Quello che serve invece c’è tutto, ed è fatto benissimo. Soprattutto, il gioco è pensato per essere fruito da chiunque, con diversi livelli di difficoltà che rendono l’esperienza approcciabile anche a chi non è estremamente ferrato col genere, o ci si approccia per la prima volta.
Mimimi si conferma quindi un team talentuoso, mentre Desperados III ci dice che c’è ancora spazio nel mercato per prodotti di questo tipo.