Destiny 1.5?
Due settimane fa pubblicavamo le nostre prime impressioni sull’ultima fatica di Bungie: ovviamente per chi, come il sottoscritto, aveva speso centinaia di ore a giocare il primo capitolo c’era sicuramente una componente emozionale. Questo fattore “feels” è accresciuto dal buon lavoro che Bungie ha fatto per migliorare il comparto narrativo, non solo per quanto riguarda la narrazione vera e propria ma anche e soprattutto riorganizzando la storia attorno ad una minaccia che, questa volta, si presenta come un qualcosa di decisamente più serio.
Detto questo, l’articolo che vi trovate a leggere vuole essere diverso, più centrato sulle meccaniche di gioco, forti di quattordici giorni spesi a giocare costantemente da soli e con amici.
Per questo motivo, se siete interessati a conoscere meglio quanto è stato migliorato, aggiunto o peggiorato in termini di gameplay continuate pure a leggere.
Divideremo l’articolo in due: una prima parte dedicata all’esperienza da soli e un’altra a quella con eventuali amici o compagni di clan.
Partiamo dall’esperienza da lupi solitari.
Sin da subito il gioco vi mette davanti a due scelte: importare il personaggio da Destiny 1 o crearne uno nuovo. Personalmente ho subito poco il fascino della seconda opzione visto che le classi sono rimaste pressoché identiche al primo titolo, salvo qualche leggera modifica nei poteri. Questa può rivelarsi una delusione per quanti si aspettavano maggiore varietà e differenza, ma a voler trovar del buono può essere visto come un ritorno nostalgico a poteri familiari e conosciuti, che permettono di essere strategicamente performanti sin da subito. Diverso invece è l’approccio alle mappe, che non sono solo più grandi ma si presentano più ricche di materiale esplorativo. Soprattutto dopo aver completato la storia principale ci ritroveremo di fronte una serie di attività che si propongono questa volta come una valida alternativa a quelle più “social”. Tornano per esempio le pattuglie, che ora sono strutturate molto di più come delle missioni anziché delle routine semplicistiche: Destiny 2 in moltissime delle sue attività è impostato su questa filosofia, che sposta gli obiettivi intermedi di ogni missione in luoghi diversi della mappa, invitando il giocatore a muoversi come una palla impazzita nell’ambiente circostante. La mobilità e il filo narrativo di queste attività secondarie è decisamente una delle migliorie che riducono sensibilmente la noia, almeno nelle loro primissime iterazioni.
Accanto alle pattuglie, torna un altro grande protagonista di Destiny 1 e degli MMO in generale: gli eventi pubblici.
Queste attività non sono nient’altro che delle situazioni d’emergenza in cui l’utente dovrà completare un obiettivo aiutato da altri giocatori (perlopiù sconosciuti). Gli eventi non sembrano essere cambiati molto rispetto a quanto visto nel primo capitolo, ma sono stati in generale ottimizzati: la loro frequenza è più alta e soprattutto è facile capire quando un evento pubblico sta per iniziare semplicemente accedendo alla mappa. Questi sono parte integrante dei flashpoint, ossia una serie di attività settimanali che richiedono al giocatore di partecipare negli eventi per ottenere ricompense speciali. Da questa primissima carrellata è facile intuire come in realtà i lupi solitari non si troveranno di fronte a grandi stravolgimenti, quanto più che altro ad una serie di attività ben orchestrate e correlate che danno una certa varietà, purtroppo comunque non sufficiente per evitare completamente la parte multiplayer senza stancarsi.
Inoltriamoci quindi nel cuore del titolo di Bungie: il multiplayer. Le primissime interviste relative a questo titolo avevano promesso un gameplay che favoriva un ambiente da hobby più che da “secondo lavoro”. Le aspettative sono state mantenute, ma in parte.
Partiamo dal Crogiolo. La prima grande novità è il passaggio dal 6vs6 al 4vs4, che dovrebbe favorire un’esperienza più serrata e nell’ottica degli sviluppatori più accessibile. Il risultato ai nostri occhi è l’esatto contrario: nel 4vs4 è ancora più importante rimanere compatti e avere una tattica di squadra, se non si vuole essere annientati velocemente. Clan o gruppi inesperti troveranno particolarmente difficile destreggiarsi contro team più affiatati, rendendo la differenza tra partita veloce e classificata quantomeno superflua. Per fortuna la gestione dei clan è leggermente migliorata, con un’interfaccia dedicata in gioco che permette ai giocatori di coordinarsi più velocemente e facilmente: i membri del clan potranno anche condividere ricompense, inviare inviti e avere un banner personalizzato, rendendo l’esperienza di certo più completa rispetto al precedente titolo.
L’esaltazione per come Bungie abbia integrato questa componente più social non trova un corrispettivo degno di questo nome nelle altre aree del gioco. Rimane per esempio ancora rudimentale l’interazione con altri giocatori sulla mappa, ed è quantomeno assurdo non avere la chat vocale attivata con il proprio fireteam durante gli strike. Bungie sembra eccessivamente prudente su questo aspetto, cercando di proteggere i giocatori da eventuali elementi tossici ma lo fa nel modo sbagliato, ossia ridimensionando l’esperienza per tutti.
Stesso disappunto, ma per diversi motivi, quando ci siamo trovati a voler giocare il nuovo assalto “Leviatano”: il problema è il solito, ossia trovare sei persone che vogliano giocare alla stessa ora dello stesso giorno. Bungie ha pensato bene di implementare questa nuova modalità chiamata “Gioco guidato”, nel quale i clan con meno di sei persone potranno temporaneamente aggiungere altri giocatori per completare raid, nightfall o strike. A questo punto è lecito chiedersi quale sia il beneficio del matchmaking limitato per queste modalità, se poi con questa nuova aggiunta il risultato sarà pressoché lo stesso. Questo è un ottimo esempio delle incongruenze che Destiny 2, a livello cooperativo soprattutto, non riesce a scrollarsi di dosso. Manca una visione concreta di come gli sviluppatori vogliono gestire la comunità e l’interazione tra i suoi membri, ma manca anche il coraggio di fare delle scelte drastiche che probabilmente sono necessarie per portare il titolo nella direzione giusta.
In conclusione Destiny 2 è più un Destiny 1.5 per quanto riguarda buona parte dell’esperienza di gioco: non solo grafica, numero di nemici, classi e modalità, quanto la filosofia generale che ne è alla base. Bungie ha fatto dei piccoli passi in avanti che siamo certi faranno il paio con tanti altri nelle nuove espansioni, ma per il momento ci ritroviamo ancora una volta a rimuginare su quello che sarebbe potuto essere.