I demoni possono piangere. Non non saremo da meno.

Con una mossa “Kansas city”, Capcom riporta su console Devil May Cry, quasi nel tentativo di distrarci dall’attesa (o dalla richiesta, se vogliamo) di un nuovo capitolo del franchise, ormai archiviato al controverso DMC, uscito la bellezza di 5 anni fa. Purtroppo, nonostante la passione e l’amore che lega buona parte del mondo console alle avventure di Dante, quella proposta è nulla più che un porting di un’altra collection HD (i cui risultati già non furono eccellenti), pubblicata addirittura l’anno prima di DMC su PS3 e Xbox 360. Un lavoro che, lo diciamo in apertura, mostra una pigrizia tale nella sua composizione da lasciare quasi di sasso. Ovviamente, lo chiariamo ai lettori più svogliati, quella che andrete a leggere non è una critica ai giochi in sé, i cui meriti e demeriti sono ormai scolpiti nella storia delle scorse generazioni di console, ma un’analisi di questa edizione che, detta in tutta franchezza, non si impegna in nessun modo offrire un’esperienza di gioco dignitosa per il giocatore, venendo meno anche sotto quegli aspetti che dovrebbero essere un must per le riedizioni in alta definizione.

E dunque: la collection HD di Devil May Cry, come detto, altro non è che un misero porting di un lavoro che già su PS3 non brillava. Capcom, infatti, già all’ora ci offrì di rigiocare le avventure di Dante e compagni aggiungendo al pacchetto il minimo sindacale per potersi fregiare del titolo di “hd collection”, ovvero un filtro antialiasing, e l’adattamento delle proporzioni, che passarono quindi dagli originali 4:3 ai più moderni 16:9. Punto. Con questa nuova uscita, purtroppo, le cose non cambiano di molto. Capcom si è infatti limitata ad un ulteriore aggiornamento tecnico, atto ad aumentare la risoluzione ad uso e consumo delle nuove e più performanti piattaforme di gioco. Peccato che l’aggiornamento sia così pigro da non prendersi nemmeno la briga di operare un lavoro a 360° sul gioco, con la risultante che se l’azione scorre liscia e pulita come dovrebbe, quando poi questa lascia il passo ai video di gioco le cose si fanno a dir poco agghiaccianti. I video presenti nella collection sono infatti ripresi di peso dalle versioni originali, creando un dislivello tecnico a dir poco disarmante. Vedere i video dei tre DMC, soprattutto del primo, oggi su tv in alta definizione, ma mantenendo la qualità tecnica dell’epoca a tubo catodico, è come ficcarsi del vetro negli occhi.

Impastati, sgranati, il più delle volte quasi pixellosi. I video di questa HD Collection sembrano quasi costruiti con dei meravigliosi mattoncini Lego. Il che se fosse vero sarebbe anche apprezzabile a ben pensarci, e restituirebbe forse un effetto più pulito e nitido di quanto non sia in realtà Non solo, i tre titoli presentano anche delle leggerezze notevoli per ciò che concerne menù e simili. La lista è pressoché infinita. Immagini di sfondo in bassa risoluzione, tanto da risultare quasi sfocate, bande nere a costeggiare i margini dello schermo, font cuneiformi che sembrano ripresi dal codice di Hammurabi. Dove si guardi si guardi, si vive un enorme disagio tecnico, che risulta ancor più fastidioso quando, come detto, questo si intramezza alle sezioni di gioco, per fortuna molto più pulite e comprensibili.

Per quanto riguarda i giochi in sé. È ovvio che occorre affrontare tutti e tre i titoli con un certo spirito, consci comunque di quanto Devil May Cry abbia fatto nel costruire il cosiddetto genere degli “action stilish”, oggi portato avanti dalla sola Bayonetta, che con Devil May Cry condivide tanto le ambizioni quanto la paternità dell’estroso genio di Hideki Kamiya. Ciò detto, giocare oggi a Devil May Cry 1, ad esempio, è quasi un lavoro archeo-ludico. Il primo DMC è oggi legnoso, lento, quasi incerto sul quando e come ingranare, ma va considerato più che altro per la sua influenza seminale, e come ibrido di due scuole di pensiero, quella più squisitamente adventure legata all’eredità di Resident Evil (di cui DMC, non dimentichiamolo, è un figlio spurio) e la volontà di aderire al genere action di matrice più squisitamente nipponica. Al di la della grafica, oggi come oggi quanto mai datata nonostante le “gioie” dell’alta definizione offerte da questa collection, è ovvio che i più potrebbero trovarsi dinanzi ad un gioco difficile da digerire, che porta su di sé tutto l’innegabile peso degli anni. DMC2, portato sugli scaffali quasi fosse un test giocabile di chissà quale progetto mai realizzato, è forse il capitolo peggiore, obliato da una direzione artistica infame e da una pochezze di idee che, ancora oggi, non ne spiega il successo commerciale dell’epoca. Saltatelo a piè pari, non merita alcuna loda.

DMC 3, invece, per molti il capitolo più amato e maturo, è certamente la sublimazione perfetta di ogni idea originale, che porta il tutto ad un livello di azione ed esagerazione da manuale, praticamente manifesto concettuale e artistico di quello che sarà poi Bayonetta, da cui riprende tutta quella verve surreale e quasi paradossale dell’azione e della narrazione. Profondo e stratificato, è ancor oggi un gioco godibilissimo nonostante l’ormai superata concezione della progressione e del level design, e fa davvero male constatare con quanto poco amore sia stato riportato su console, specie se consideriamo, ancora una volta, che questa collection ha circa 5 anni sul groppone, e che tutti gli errori qui offertici erano già ben noti al team di sviluppo che avrebbe pertanto potuto (dovuto!) correggerli per offrirci qualcosa che in effetti avesse senso acquistare.

Verdetto

Devil May Cry HD Collection è un insulto. L’acquisto è consigliabile solo per chi sia completamente a digiuno della serie, e non abbia alcuna possibilità di poterla giocare nelle sue versioni originali. Considerato il pessimo lavoro di upscaling effettuato su contenuti che erano, in realtà, già upscalati, questa edizione di nuova generazione riesce nell’ardua impresa di fare peggio dell’edizione precedente, che già all’epoca non aveva brillato. Un lavoro imbarazzante che può trovare giustificazioni tanto nella svogliatezza, quanto magari in un budget risicato. Ma a quel punto, cara Capcom, perché darsi la zappa sui piedi?