La nuova Capcom del 2019 ci riporta nei panni dei cacciatori di demoni.
Rassicurata dal successo raccolto da Monster Hunter World e Resident Evil 2, Capcom torna a parlarci della sua serie con protagonisti gli eredi del leggendario demone Sparda, in un quinto capitolo della serie Devil May Cry che sembra una vera e propria lettera d’amore diretta ai fan.
Forte del motore grafico RE Engine già apprezzato in Resident Evil 7 e del già menzionato remake del secondo episodio della saga survival horror, Devil May Cry 5 porta sulle piattaforme di corrente generazione un’esperienza altamente adrenalinica, ricca di fascino e piacevolmente autocompiaciuta del carisma del suo nutrito cast di protagonisti. In questo grande ritorno della storica IP giapponese non manca proprio nessuno: il titolo fa infatti da collante a tutte le storie di Devil May Cry raccontate in passato, includendo anche personaggi ed eventi narrati nel grande progetto multimediale fatto di romanzi e adattamenti animati. L’obiettivo è chiaramente quello di far sentire gli appassionati della serie a casa, dopo che per anni lo stylish action nato dal genio di Hideki Kamiya (anche creatore di Bayonetta) era scomparso dai radar delle pubblicazioni videoludiche. Scordiamoci per un secondo che là fuori esiste Platinum Games e torniamo con i piedi per terra: da quanto tempo il grande pubblico auspicava il ritorno di Dante e dei suoi compagni?
Beh, dopo la parentesi stelle e strisce di DmC: Devil May Cry di Ninja Theory, ormai datata 2013, era dal 2008 che la saga sembrava essere stata congelata dalla compagnia, probabilmente nell’attesa che il mercato ne sentisse per davvero la mancanza e che il know-how tecnico dei team interni fosse in grado di competere con quello delle software house occidentali. D’altronde l’avventura del gemello yankee non era tutta da buttare, specie nella sua edizione director’s cut, ma gli appassionati chiedevano a gran voce il ritorno dei platinati eroi conosciuti durante l’era PS2 e di quella tensione narrativa respirata allora, sempre in bilico fra l’abisso del camp più sfrontato e l’epicità di un anime giapponese cappa e spada.
E così, come a rispondere ad un’accorata richiesta, oggi posso finalmente parlare di Devil May Cry 5 in tutto il suo splendore di buon titolo action dalla messinscena invidiabile, un pacchetto che include tutto ciò che di buono si è visto in precedenza nella serie e qualche timida novità.
Nei panni del ribelle Nero, Dante e del misterioso V, i giocatori sono chiamati a fermare la temibile minaccia di una ciclopica pianta demoniaca che preda il sangue degli abitanti di Red Grave City (nome che suonerà sicuramente familiare agli intenditori). La narrativa cucita da Capcom ha il tono del racconto celebrativo, permettendo a chiunque abbia completato anche solamente uno dei titoli passati di poter riconoscere volti e riconoscere menzioni ad eventi precedenti; l’unica vera assenza è quella della sfortunata Lucia, co-protagonista del secondo capitolo, ma d’altronde l’importanza di questo è stata nettamente ridimensionata, spostandolo dalla cronologia canonica della saga per diventare una semplice avventura cuscinetto, e non più l’epilogo di tutta la serie. Una scelta saggia (e che potrebbe telefonare un futuro simile anche per il terzo capitolo della saga di Street Fighter) che permette quindi agli sceneggiatori di evolvere il futuro dei protagonisti e le vicende narrate in questo capitolo con estrema libertà. Il fan service in ogni caso si spreca, e se gli appassionati possono innamorarsi ancora una volta dei loro beniamini in forma smagliante, i neofiti sono invece introdotti in universo che sembra quasi invitarli a far conoscenza degli eventi precedenti… magari nella recente rimasterizzazione HD della trilogia pubblicata su PC, Xbox One e PS4, chissà.
Nella campagna di gioco, inframezzata da ghiotte sequenze narrative dalla regia volutamente sopra le righe, ci si può imbattere in un nutrito numero di nemici dall’aspetto mostruoso e dagli attacchi letali. Il level design scelto per l’occasione da Itsuno e soci è estremamente competente nella prima parte dell’avventura, celando fra un corridoio e l’altro qualche stanza segreta e l’accesso a missioni speciali (fortunatamente, una volta sbloccate, giocabili anche dal menù principale, come in DMC: Devil May Cry), ma non appena l’azione si sposta dagli scenari metropolitani, il titolo prende una piega estremamente lineare. Un difetto tutto sommato perdonabile, considerando che la vera raison d’être del marchio rimane ancora una volta nascosta sotto il suo lucido cofano di bolide da corsa: come ben saprete, Devil May Cry ha letteralmente “inventato” il genere degli Stylish Action, genere che oggi vanta anche il volto di altre icone come la già citata strega Bayonetta o il cyber-guerriero Raiden di Metal Gear Rising. In questi videogiochi non è tanto importante farsi strada fra i nemici e giungere ai titoli di coda, ma imparare a menadito il sommarsi di meccaniche offensive e difensive messe a disposizione dei protagonisti per portare a casa il miglior risultato sul campo a suon di evoluzioni che sfidano la gravità e combinazioni di fendenti dagli effetti pirotecnici. In questo senso, anche il quinto capitolo di Devil May Cry non fa eccezione, proponendo un trittico di protagonisti ben caratterizzati e in grado di accedere (previo l’investimento di valuta in-game, opzionalmente acquistabile con soldi reali per velocizzare l’esperienza) ad un parco mosse molto ricco ed estremamente spettacolare da portare in scena; il grado di tecnicismo di Devil may Cry 5 è sicuramente altissimo, ma la sua forza è da ricercarsi anche nella sua genuina accessibilità. Il titolo Capcom è in fondo una buona scusa per inscenare sullo schermo carneficine ai danni di creature mostruose, anche nella semplicità dei primi due livelli di difficoltà selezionabili, o affidandosi a meccaniche di facilitazione proposte ai neofiti fin dal primo avvio.
Detto questo, il gioco nudo e crudo, come da tradizione, dà il meglio di sé solamente a difficoltà più alte (sfortunatamente sbloccabili solo dopo il completamento dell’avventura), dove i nemici non solo si fanno più numerosi, ma anche maggiormente coriacei e aggressivi. Questo quinto capitolo dimentica il tasto della schivata introdotto in DmC: Devil May Cry per riportare i binari dell’esperienza sul modello del terzo e del quarto episodio, probabilmente anche per differenziarsi maggiormente dalla scuola di game design promossa da Platinum Games e dai suoi stylish action games tutti giocati in difensiva.
La generosità con cui Bayonetta e soci ricompensano i riflessi dei giocatori in grado di schivare i colpi dei nemici all’ultimo istante è praticamente l’antitesi della filosofia voluta dallo staff di Capcom: in Devil May Cry l’aggressività non solo è promossa, ma è anche necessaria per poter scovare i punti deboli dei nemici, mentre manovre evasive e uno stile di gioco difensivo, seppur comunque attuabili, non assicurano vantaggi particolari. Come dice il detto, chi non risica non rosica, e in questo quinto capitolo, complice anche la sparizione degli oggetti curativi, il livello di rischio è sempre più alto di quanto possa sembrare.
In tal senso, l’ultima opera diretta da Hideaki Itsuno (Dragon’s Dogma, Devil May Cry 4) è forse la condensazione più onesta delle meccaniche più riuscite dei capitoli della serie fino ad oggi, ma questo non significa che sia esente da difetti. Dante gode del parco mosse più variegato e oltre a portare con sé il più alto numero di armi da fuoco e da combattimenti ravvicinato può contare ancora una volta sugli stili introdotti nel terzo capitolo, qui modificabili in qualsiasi momento come nel quarto episodio. L’estrema versatilità dello spadaccino permette quindi di dar vita a combinazioni mortifere altamente spettacolari e la presenza di una versione rinnovata del Devil Trigger, la storica forma demoniaca di Dante, non fa altro che aggiungere profondità al suo stile di gioco; in tutta risposta l’energico Nero si può affidare alla combinazione di spada potenziabile, revolver anti-demoni e il Devil Breaker, una versione robotica del Devil Bringer conosciuto nel capitolo precedente. La varietà delle braccia meccaniche a sua disposizione, tanto potenti quanto fragili, permette la sperimentazione di diverse strategie, tutte ritagliate attorno alle peculiari capacità introdotte da queste meccanica, che inoltre integra nello stile di gioco del giovane guerriero anche un utile rampino che non solo può essere impiegato per spostarsi durante le fasi esplorative, ma che può anche agganciare nemici e facilitare la concatenazione di colpi.
L’unico scotto di questa nuova fonte di potenza è pagato nel momento in cui queste protesi si disintegrano durante l’utilizzo, ma fortunatamente è possibile acquistarle presso l’emporio itinerante di Nico, sede in cui le sfere rosse raccolte sul campo diventano il lasciapassare verso un parco mosse più ricco e vario. In ogni caso il fatto che i Devil Breaker disponibili non possano essere equipaggiati a proprio piacimento, ma seguano un ordine preimpostato mi fa già intravedere una “special edition” all’orizzonte con migliorie collaterali annesse, ma il tassello più debole dell’intero motore ludico di Devil May Cry 5 rimane solamente uno, e prende il nome di V.
Concepito come eroe fisicamente meno prestante rispetto a quelli notoriamente disponibili nei titoli della saga, il bruno poeta dal passato misterioso può contare su oscure evocazioni che possono essere lanciate contro i nemici; il tutto si traduce nella pressione di combinazioni di tasti frontali e dorsali mentre si assiste da lontano al loro sporco lavoro, godendo al contempo di un generoso numero di frame di invulnerabilità che rendono il tenebroso eroe praticamente inattaccabile anche durante le schivate. La campagna alterna i protagonisti celando la presenza di Dante fino a metà gioco, ma in alcuni scenari è possibile scegliere in prima persona quale degli eroi controllare. V è senza ombra di dubbio l’opzione più indicata se si è in vena di raccogliere ghiotti risultati sul campo col minimo sforzo, ma francamente la sua presenza in queste condizioni non sembra del tutto giustificabile.
Inanellare successi e punteggi alti è il vero e unico obiettivo dell’intera esperienza e per farlo non è sufficiente affidarsi a tecniche letali ripetute nel tempo, ma è necessario variare il proprio approccio al nemico godendo anche dell’estrema versatilità dei tre protagonisti. Dante, in questo, rimane senza ombra di dubbio il personaggio più divertente da usare, complice anche la sua efficacissima caratterizzazione grafica e il suo arsenale di armi fuori di testa, ma con una buona dose di pazienza è possibile ottenere risultati soddisfacenti anche con i due co-protagonisti, magari impegnandosi nello studio del loro parco mosse nella modalità allenamento Il vuoto, un vero e proprio “practice mode” strutturato come quello dei recenti picchiaduro.
Detto ciò, al di là della gioia regalata dal suo combat system e del suo fascino squisitamente arcade, Devil May Cry 5 non offre grandi spunti in quanto a rigiocabilità, con un numero di sbloccabili che si conta sulle dita di una mano. La meccanica online promossa da Capcom, intitolata Cameo, risulta meramente estetica, puntando sul multiplayer asincrono per offrire ai giocatori qualcosa di diverso dal solito: durante i venti livelli che compongono la campagna ci si può imbattere in avatar dei giocatori impegnati ad aggredire nemici in aree inaccessibili e, nelle fasi più avanzate, si può persino trovare a collaborare con loro allo sterminio dei mostruosi nemici, come succedeva in alcune sessioni di Resident Evil 6 se giocato in rete. Non c’è alcun modo per interagire con loro se non giudicando la loro performance a schema concluso, e francamente non posso che pensare che qualcosa sulla falsariga del multiplayer di Bayonetta 2 sarebbe stato molto più divertente da vedere riproposto, con scontri a tempo, leaderboards e boss fight cooperative tutte da giocare in rete. La preoccupante penuria di contenuti, in ogni caso, sembra essere stata avvertita dalla stessa Capcom che, ancora prima del lancio del titolo, ha annunciato che ad aprile aggiungerà gratuitamente al videogioco una modalità Palazzo di Sangue non dissimile da quella già apprezzata nelle precedenti iterazioni, con orde di nemici da mazzuolare a difficoltà crescente per mettere alla prova l’abilità dei cacciatori di demoni più tenaci. Infine è impossibile non spendere un rapido commento sulla messinscena di questo nuovo videogioco Capcom, tanto divertente da giocare quanto spettacolare da vedere. La tecnica di fotogrammetria utilizzata per Resident Evil 2 e Resident Evil 7 ha permesso al team di artisti 3D della compagnia di modellare per Dante e soci volti estremamente dettagliati ed espressivi, tanto nelle scene cinematiche quanto durante le schermaglie che possono essere in ogni momento immortalate con telecamera libera grazie ad un photo mode accessibile dal menù di pausa.
Meno convincente, invece, la direzione del design generale delle ambientazioni, che se all’inizio offre scorci mozzafiato su panorami urbani messi a ferro e fuoco dai demoni, presto finisce per limitarsi a proporre oscuri corridoi tutti uguali ricoperti di materiale organico pulsante. Almeno il frame rate riesce a tenere il passo anche nelle situazioni più complesse in quanto a mole di contenuti tridimensionali ed effettistica a schermo, ma la caratteristica tecnica che più mi ha stupito e che meno mi aspettavo di poter lodare è l’HDR: il gioco, come Resident Evil 2, è caratterizzato sì da una palette cromatica più spenta e vicina al fotorealismo voluto per il character design, ma a differenza del survival horror è anche interessato dalla presenza di fonti di luce dinamiche vive e rese con estremo realismo e da sfumature accese tipiche degli effetti particellari che accompagnano mosse speciali o trasformazioni demoniache. In ogni caso non c’è nulla da dire in tal senso, poché Devil May Cry non poteva sognare un comparto tecnico migliore di questo e il colpo d’occhio è sicuramente uno dei migliori offerto dalla corrente generazione videoludica.
In definitiva Devil May Cry 5 è un titolo solido, promosso malgrado l’estrema autoreferenzialità e consigliato in particolare ai fan storici della saga Capcom. La convinzione di chi scrive è che comunque il pacchetto completo dell’esperienza, ritoccata a dovere e arricchita da modalità aggiuntive e personaggi giocabili, non può che essere rimandato alla solita Director’s Cut di turno, magari comprensiva dei DLC estetici già pubblicati al lancio. La saga Capcom è tornata in formissima e pur non stravolgendo quanto visto in passato riesce ancora una volta a stupire grazie ai suoi marchi di fabbrica: un combat system profondo e sufficientemente accessibile, una messinscena spettacolare sottolineata da una regia competente e il suo solito cast di personaggi iconici che semplicemente non ha bisogno di presentazioni. La risposta, ora, può arrivare solo da Platinum Games e da quel Bayonetta 3 che sembrano non avere intenzione di mostrarci in tempi brevi…