In Devilman Crybaby rivediamo la nostra società e per questo la community di Crunchyroll ha premiato l’opera di Yuasa
Si sono conclusi da pochi giorni quelli che potremmo considerare la controparte dedicata all’animazione giapponese degli Oscar hollywoodiani: i Crunchyroll Anime Awards, nati nel gennaio 2017, consentono alla community della piattaforma streaming omonima di votare gli anime preferiti tra diverse categorie scelte.
Tralasciando i ben 5 premi che My Hero Academia si è portato a casa, sono state quantomeno sorprendenti le vittorie ottenute da una delle serie più controverse del 2018. Devilman Crybaby di Masaaki Yuasa si è guadagnato non solo il riconoscimento per il miglior regista (d’altronde già eravamo a conoscenza delle doti registiche di Yuasa) ma anche l’ambito premio di miglior serie anime dell’anno, sbaragliando la concorrenza. Abbastanza inaspettato come risultato dato che, alla sua uscita ad inizio 2018, Devilman Crybaby creò non pochi contrasti tra i fan di uno dei personaggi più iconici di Go Nagai. Tuttavia, oggi non siamo qui per analizzare le qualità e i difetti tecnici dell’originale Netflix ma piuttosto i suoi contenuti che, per quanto espliciti, non si riducono a una semplice dimostrazione di violenza gratuita ma danno forti segnali emotivi allo spettatore, facendolo riflettere sul mondo attuale con qualunque mezzo possa ricordarci la nostra quotidianità e realizzare che la nostra realtà non è molto diversa da quella che vediamo sullo schermo, come del resto non era molto diversa la realtà in cui viveva Go Nagai rispetto a quella descritta nelle pagine dell’originale Devilman. Paradossalmente, l’unico modo per fare un nuovo Devilman fedele all’originale era realizzare un’opera con le radici nella nostra epoca, con buona pace del “fan di Devilman di vecchia data” medio.
Fin dall’inizio della storia di Devilman Crybaby si può percepire la totale assenza di empatia che permea l’umanità. I social network hanno un ruolo fondamentale in questo senso, poiché permettono di esprimersi e al contempo estraniarsi da qualsiasi cosa a chiunque possa accedervi e, soprattutto, hanno facilitato la diffusione di linee di pensiero negative. Non vi suona vagamente familiare tutto ciò? La deriva sociale che sta dilagando negli ultimi anni è passata dalle chiacchiere da bar ad ogni social disponibile, dove si può fare a meno di qualunque freno inibitore. Yuasa ha quindi colto la palla al balzo per utilizzare i social non solo come elemento narrativo moderno che potesse contraddistinguere la sua opera da quella originale, ma anche per descriverli come vera e propria piaga di quest’epoca.
Colui che invece dimostra di non essersi lasciato trascinare dal potere fallace di internet e di conservare, in tutti i sensi, la propria umanità è ovviamente il protagonista Akira Fudo: un ragazzo dall’animo gentile e molto propenso a piagnucolare quando si trova davanti a qualcosa di triste. Quest’innata emotività, che di solito viene vista come debolezza, sommata alla forza di un demone, lo renderà in grado di proteggere gli umani, anche quando questi manifesteranno nient’altro che terrore e odio verso di lui.
I demoni, infatti, sono sì creature oscene e terrificanti che si manifestano dalle viscere della Terra per cercare di riprendersela ma, allo stesso tempo, sono anche quei comportamenti interiorizzati dagli esseri umani nel corso di tutta la loro storia di popolazione dominatrice del pianeta. Le persone che circondano Akira sono per la maggior parte corrotte, viscide, superficiali (basti pensare ai compagni di scuola di Akira quando lui cambia aspetto o al fotografo Nagasaki) e d’altronde questi demoni mostruosi si trovano piuttosto bene nei corpi degli umani più immorali. I punti di forza di Akira, invece, sono la sua gentilezza e il suo cuore puro, che gli permettono di resistere al potere di Amon e di farlo suo. Paradossalmente, l’unione con Amon ha fatto sì che Akira manifestasse ancor di più il suo lato più umano nel senso morale del termine: seppure riesca a sterminare i demoni senza farsi remore, non smette comunque di nutrire speranza e fiducia nell’animo delle persone, anche se queste dimostrano più volte di non meritare che qualcuno le salvi dall’apocalisse imminente. La sua possessione è interpretabile proprio così: in un mondo dove chiunque può rivelarsi crudele e senza pietà, specialmente se nascosto dietro uno schermo, serve qualcuno che ci metta la faccia, così come è necessario avvicinarsi all’ignoto per scoprire anche noi stessi.
Ed è proprio la xenofobia il sentimento principale che spinge gli umani ad autodistruggersi. Infatti, non sono solo i demoni a scatenare il panico ma anche i Devilmen che, pur conservando il loro cuore umano, vengono comunque respinti come nemici da entrambe le fazioni: essi diventano una minoranza vittima degli eventi, perseguitati pur cercando di combattere per salvare gli innocenti, anche se questi ultimi si potrebbe dire non lo siano del tutto.
Pensiamo alla famiglia Makimura: in casa hanno un quadro dell’Ultima cena, piuttosto simbolica come presenza, dato che non solo si tratta di uno dei diversi riferimenti religiosi presenti in Devilman Crybaby, ma anche di una non poco velata critica rivolta a coloro che, pur predicando amore, perdono e accettazione del prossimo contribuiscono alla diffusione dei mali non agendo in maniera concreta e affidandosi solo alla fede e allontanando tutto ciò che è “altro”. Pure in questo caso, ad esempio, la famiglia Makimura, a pranzo dopo la morte dei genitori di Akira, nonostante la notizia di una banda criminale alla TV, parla di cose futili e personali, come a dimostrarci che ormai tutti, anche coloro che sembrano più casti, sono corrotti nell’animo se nessun tipo di violenza sconvolge più finché non tocca da vicino (e nel caso dei Makimura, purtroppo, andrà a coinvolgere il piccolo Taro).
Per l’ultima generazione tutto avviene su internet ma in Devilman Crybaby si tiene comunque presente il potere che aveva e ancora ha la televisione e questo viene sottolineato dal bombardamento di notizie costante lungo tutti gli episodi della serie, così come avviene per noi per cui non passa giorno senza sentire notizie di crimini efferati. È da notare, inoltre, la presenza di Devilman come personaggio di un anime molto apprezzato nel mondo di Crybaby, che crea quella metanarrazione attraverso la quale i suoi fan dovrebbero avere una sorta di catarsi. Tuttavia, ormai il mondo in Devilman Crybaby è già sulla via della devastazione. Le persone hanno bisogno di identificare un nemico comune e dai demoni ricevono semplicemente il via per una “reazione a catena della negatività” che era già preannunciata. Il tutto si trasforma in una guerra dall’ideale divino, cosa non lontana dall’attualità nella quale fomentiamo odio in base ad arbitrarie convinzioni di pochi o anche di uno solo.
Dopotutto, ogni evento, compresa la rivelazione dei Devilmen, avviene perché è stato Ryo a volerlo, colui che manipola le paure delle persone come solo Satana potrebbe fare. Ryo e i demoni (sia quelli interiori che quelli contro cui combatte Akira) sono riusciti a manipolare anche i giovani, a cui ancora una volta viene prestata molta attenzione da parte di Yuasa. È innegabile che le generazioni più giovani si sentano disilluse nei confronti del loro futuro, specialmente a causa della deriva razzista e xenobofoba che sconvolge gli ultimi decenni e delle prospettive deprimenti che si trovano davanti.
Anche il gruppo di ragazzi che a volte sentiamo rappare nella serie racconta lo stato delle cose, parlando di odio per la comunità e di senso di rassegnazione, pur nutrendo ancora un minimo desiderio che le cose cambino.
I giovani sono quelli che soffrono di più di questa situazione: la società li schiaccia, li fa sentire inadeguati e li corrompe portando via loro quello che hanno di più caro, come dimostrano Kikun, Miki “Miko” Kuroda e Koda (il primo con la sua canzone, la seconda col suo senso di inferiorità rispetto a Makimura, il terzo con la sua sofferenza dopo aver perso il suo amato in un sabba ed essere diventato un devilman), tutti e tre in qualche modo oppressi dalle aspettative altrui. Le parole che Akira rivolge a Koda durante la gara di staffetta possono essere interpretate come allusioni ai disagi psicologici con cui molti ragazzi di oggi convivono e che poi, in Devilman Crybaby, prendono forma fisica nei demoni che si impossessano di loro e che li portano alla morte.
Insomma, praticamente nessuno si salva in Devilman Crybaby, letteralmente. Quasi a volerci dire che ormai il nostro destino è già scritto e che lo stiamo solo portando a compimento. Eppure, la presenza di Akira fa comunque sperare e, anzi, mette addosso quella forza necessaria per cercare di cambiare le cose. Potrebbe sembrare inutile qualunque sforzo ma le immagini gore e grottesche che caratterizzano questa e l’opera originale rendono ancor più efficace e penetrante il messaggio, specialmente se coronato da un finale tremendamente criptico e cinico.
Con questo, Devilman Crybaby dà un ultimo forte scossone e riesce a sconvolgere a sufficienza da far capire che, nel nostro piccolo, come Akira, abbiamo il dovere di fare qualcosa per non soccombere ai demoni attuali, così come Go Nagai cercava di dirci quasi mezzo secolo fa.