Rimandato Diablo Immortal: un altro effetto del caso Activision-Blizzard?
C’era da aspettarselo: il caos scoppiato in Activision-Blizzard ha colpito anche lo sviluppo dei videogiochi, con Diablo Immortal rimandato al 2022. Sicuramente il minore dei guai nel contesto che ha colpito la major videoludica, ma che uno dei giochi più attesi del futuro prossimo sia stato posticipato potrebbe essere un effetto importante di quanto accaduto in questo periodo.
Come riportato lo stato della California, dopo due anni di indagini condotte dal California Department of Fair Employment and Housing, ha denunciato ufficialmente lo studio di sviluppo di Activision Blizzard. Il motivo? Abusi e molestie sessuali, nonché maltrattamenti e disparità di retribuzione, perpetrati ai danni delle proprie collaboratrici.
Questo ha condotto a ferree prese di posizione da parte dei lavoratori, tra cui la scelta, non certo inaspettata, di incrociare le braccia per protesta. Che qualche gioco potesse essere rimandato era nell’aria. I due principali sospettati erano stati Call of Duty e Candy Crush, ma alla fine pare sia toccato a Diablo Immortal trovare una nuova data nel 2022.
Diablo Immortal rimandato dal 2022: la dichiarazione della casa di produzione
Nella dichiarazione di Activision Blizzard ovviamente non si fa alcun riferimento alla situazione intera. In base a quanto dichiarato la scelta di rimandare il gioco al 2022, quando è ormai giunto alle fasi finali dello sviluppo, sarebbe dettata unicamente dalla volontà di migliorare il titolo.
Sulla base dei riscontri dei giocatori riuniti nella closed alpha di Aprile, Activision starebbe lavorando per migliorare il Player Vs Player e alcuni dettagli ambientali, oltre al supporto del controller e al sistema di progressione del personaggio. Che siano queste o meno le motivazioni non fa differenza. La cosa certa è che non vedremo arrivare Diablo Immortal sul mercato prima del 2022.
Di certo la scelta di spostare il gioco può avere anche un’altra motivazione. Difficilmente la società vorrà infatti rischiare di mettere sul mercato un titolo nel bel mezzo della bufera. Certo anche questa motivazione potrebbe aver contribuito a questa scelta.
(fonti: Screenrant e ABC)
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