Al cinema dal 30 gennaio, il film tratto dal romanzo di Bryan Stevenson, fondatore dell’Equal Justice Initiative
Nonostante la traduzione italiana del titolo renda questa uscita poco intrigante, vi consigliamo di non perdervi Il diritto di opporsi (Just Mercy). Il film di Destin Daniel Cretton (Il castello di vetro) sarà distribuito in sala a partire dal 30 gennaio.
Il diritto di opporsi è tratto dal libro autobiografico di Bryan Stevenson (pubblicato con lo stesso titolo in Italia da Fazi Editore), l’avvocato di Harvard che si è trasferito in Alabama per fondare la Equal Justice Initiative. Un eroe del nostro tempo, la cui esperienza di vita dimostra che ci vuole un gran coraggio e una grande forza per “restare umani” in un mondo in cui l’odio e la rabbia hanno preso il pieno controllo della politica e della vita quotidiana.
Un cast eccezionale per Il diritto di opporsi
Quello che occorre tenere bene a mente durante la visione del film, quando le assurdità del sistema giudiziario americano faranno saltare lo spettatore sulla poltrona, è che Il diritto di opporsi è tratto in maniera fedele dalla vera esperienza di Stevenson. Come risulterà ancora più chiaro sui titoli di coda, le storie raccontate dal regista e co-sceneggiatore Cretton sono avvenute veramente, i morti sono morti davvero, i processi, i colpi di scena ripercorrono in maniera più o meno veritiera (ma sicuramente rispettosa dello spirito originale) ciò che è successo in quelle aule di tribunale appena trent’anni fa.
Per interpretare il protagonista Bryan Stevenson, Cretton sceglie uno degli attori afroamericani più amati di Hollywood, Michael B. Jordan. L’attore, dopo aver dimostrato la sua versatilità passando dall’essere il figlio di Apollo Creed al vestire i panni del villain di Black Panther, qui è valorizzato in un ruolo molto profondo, che gestisce con grande classe e disinvoltura. Accanto a lui, oltre all’astro nascente Brie Larson (alias Capitan Marvel), alcuni mostri di bravura che ci regalano delle performance fuori scala. Su tutti, il veterano della recitazione Jamie Foxx, con la sua rabbia da leone costretto in cattività, qui nel ruolo – difficilissimo, anche e soprattutto a livello emotivo – di Walter “Johnny D.” McMilian, il condannato nel braccio della morte che sarà assistito legalmente da Stevenson.
A completare il cast, dando senz’altro un gran valore aggiunto a tutto il film, lo strepitoso Rob Morgan (noto ai fan come Turk Barret nell’MCU, qui nei panni del condannato a morte Herbert Richardson) e Tim Blake Nelson, reso irriconoscibile dal trucco che simula le cicatrici del detenuto e dalla semiparesi facciale che l’attore si sforza (riuscendoci) di rendere credibile per tutta la sua interpretazione.
L’Equal Justice Initiative
Cretton resta fedele al suo far cinema in maniera solida, totalmente al servizio della storia e del messaggio, con un’ottima direzione degli attori e un’accurata ricerca delle fonti. Dopo Il castello di vetro, torna a parlare di persone vere e dà una sua lettura per immagini alle loro autobiografie. In particolare, Michael B. Jordan racconta di essersi confrontato a più riprese con Stevenson, cercando di entrare nella sua essenza e di acquisire il linguaggio giuridico che lo rende disinvolto in aula. Anche la Larson ha lavorato a stretto giro con l’attivista Eva Ansley, tutt’ora tra i dirigenti dell’Equal Justice Initiative.
Grazie a questo dialogo costante, i due attori sono riusciti a rende credibile il racconto di vite straordinarie, di chi ha affrontato i pregiudizi, le minacce e gli ostacoli di ogni tipo in nome della giustizia. In una frase-chiave del film, infatti, Stevenson-Jordan afferma che “il contrario di povertà non è ricchezza, il contrario di povertà è giustizia”: con la sua azione di avvocato per i condannati a morte che non possono permettersi assistenza legale, il protagonista antepone ad ogni altra logica quella umana di pietà e rispetto per la vita.
(Black) lives matters
Le statistiche sui condannati a morte parlano chiaro: il margine di errore è spaventosamente alto, e molti di quelli che sono uccisi legalmente dallo Stato erano innocenti. Eppure, il diritto alla difesa della Equal Justice Initiative va anche oltre la distinzione tra colpevole e non colpevole: garantisce a tutti lo stesso trattamento, affermando che la pena di morte resta un abuso di potere e una barbarie inaccettabile, in ogni caso.
L’inizio dell’attività della Equal Justice Initiative e i primi casi seguiti da Stevenson (quelli, tra l’altro, raccontati nel film) si sono svolti in Alabama, uno dei Paesi in cui il razzismo è più che mai una realtà concreta e pericolosa. È proprio qui che nel giugno 1987 McMillian è stato arrestato, con l’accusa infondata dell’omicidio della 18enne Ronda Morrison, colpita alle spalle in una lavanderia. In Alabama essere nero è già di per sé una colpa da espiare e McMililian ne è la prova più lampante.
La disparità sociale ed economica che divide la classe bianca da quella afroamericana, specialmente in alcuni stati del Sud degli Stati Uniti, ha fatto sì che moltissimi uomini neri fossero incriminati frettolosamente, senza troppa cura dei loro diritti e delle loro condizioni di partenza. Molto toccante, in questo senso, la parabola dell’ex-veterano Herbert Richardson, affetto da sindrome post-traumatica dopo la guerra nel Vietnam ma non per questo graziato dalla sedia elettrica – sicuramente la sottotrama più intensa di tutto il film.
Il diritto di opporsi, in conclusione
È davvero difficile rimanere indifferenti dopo aver visto Il diritto di opporsi. L’operazione di sensibilizzazione verso la causa della pena capitale e delle ingiustizie giuridiche ai danni della comunità afroamericana è perfettamente riuscita. Con questo ultimo film, Cretton supera sé stesso in termini di resa e portata della storia e mette a segno un gran bel lavoro di cinema sociale, un’esperienza in sala che poco ha a che vedere col puro intrattenimento, ma che merita di essere approcciata con cura e rispetto.