La seconda stagione dell’Agenzia di Investigazione Olistica

Dopo aver tanto atteso questa seconda stagione delle avventure della nostra Agenzia di Investigazione Olistica preferita, dal 5 gennaio è finalmente disponibile su Netflix anche in Italia. La season 2 della serie TV ideata da Max Landis, e ispirata alla saga di romanzi di Douglas Adams, è inizialmente uscita ad ottobre, negli USA, per BBC America, presentandosi al pubblico con più episodi ma più brevi rispetto alla prima stagione. Siccome si parte sempre dalle brutte notizie, per passare poi alle belle, cominciamo subito: è di alcuni giorni fa la notizia della cancellazione della serie. Non ci sarà una terza stagione, ma forse questo sarà di sprone a tanti per prendere in mano i romanzi e potersene innamorare!

È davvero tutto connesso?

Sapevamo già dalla prima stagione quanto questo adattamento fosse lontano dalle atmosfere e dai toni dei romanzi di Adams, pieno com’è di colori, humour (non sempre inglese), emozioni e uno stream of consciousness che è non solo il modo di pensare degli investigatori, ma a volte diventa modo narrativo stesso, lanciandoci in questo universo (anzi, più di uno!) in cui tutto è connesso e nulla è mai casuale.

Nella prima serie conosciamo Todd Brotzamn (Elijah Wood) che, da scapestrato facchino di un famoso hotel, diventa aiutante di un bizzarro detective olistico di nome Dirk Gently (Samuel Barnett) e tutti gli altri personaggi che li hanno accompagnati: Farah (Jade Eshete), una agente di sicurezza esigente e solo apparentemente dura; Amanda (Hannah Marks), sorella minore di Todd che soffre di una strana malattia chiamata pararibulite; Bart (Fina Dourif), una assassina protetta dal destino; Ken (Mpho Eklund), un programmatore che diventerà amico di Bart, dopo esserne stato rapito.

All’inizio della seconda stagione ritroviamo tutti i personaggi esattamente come li avevamo lasciati: chi prigioniero dell’Ala Nera, chi in fuga, chi alla ricerca dei compagni. Alla tavolozza già colorata e chiassosa della prima, si aggiunge: Wendimoor, un nuovo mondo a metà tra Dungeons & Dragons e una più classica fairy tale, in cui sta per iniziare una guerra tra due regni e due famiglie diverse; Susie (Amanda Walsh), una donna di mezz’età con sete di potere e qualche rotella fuori posto che cerca di guadagnare la luce dei riflettori che nella sua vita non ha mai avuto; un mago (un John Hannah in splendida forma) che come un perverso burattinaio tira i fili dei personaggi di Wendimoor perché si distruggano a vicenda; una coppia di poliziotti della sperduta località di Bergsberg, in Montana, che aiuterà i nostri a cavarsela e a risolvere anche questo caso. E poi… Poi c’è un masticapolpacci viola, una barca piovuta dal cielo, uno scheletro dentro un albero, una famiglia dai capelli rosa, il trio chiassoso, i coloratissimi mutaforma e chi più ne ha più ne metta.

dirk gently 2 recensione

Ma cerchiamo, almeno noi, di essere un po’ più ordinati e procedere per gradi. Abbiamo detto che ritroviamo i protagonisti esattamente come li avevamo lasciati alla fine della prima stagione. Todd e Farah, in fuga e ricercati dall’FBI e dalla CIA, si ritrovano a fare amicizia con Sherlock Hobbs (Tyler Labine), lo sceriffo di Bergsberg, che riesce ad arrestarli proprio quando ritrovano Dirk, che è fuggito dalle grinfie di Friedkin, grazie all’aiuto di una certa Mona Wilder che lo tira fuori di lì, assegnandogli un nuovo caso. Hobbs si rivela essere estremamente open mind (e con Dirk in giro è particolarmente difficile esserlo) ed interessato a tutte le stranezze che i tre agenti gli raccontano, decidendo di aiutarli a “ritrovare il ragazzo”, unico indizio del nuovo caso.

A questo piano narrativo ne corrisponde un altro, in un’altra dimensione: si tratta di Wendimoor, regno caratterizzato da una maestosa luna, strani personaggi colorati e magici, e due famiglie che si odiano a causa degli imbrogli perpetrati dal mago. Pian piano, tutti i personaggi viaggiano dal nostro mondo a quello di Wendimoor, in un viaggio che è dimensionale, ma anche trascendentale e diventa scusa e input per mostrare ciò che davvero Landis intende sottolineare in questa stagione: la possibilità di crescere e realizzarsi semplicemente abbracciando l’irrazionale connessione tra tutti gli eventi e le persone. Ecco allora spiegato lo spazio maggiore concesso, in questa seconda stagione, alla psicologia ed alle emozioni dei diversi personaggi, anche quelli secondari a cui spesso viene lasciata la scena, di modo che lo spettatore segua il caso ed i suoi sviluppi, ma soprattutto il cammino individuale di ognuno di questi.

Questi momenti, solitamente riservati ad una coppia di personaggi per volta, si alternano ad altri in cui è il caos ed il surreale a farla da padrone: il vortice di eventi è anche il risultato di un montaggio che risente dell’urgenza tipica del poliziesco che diventa a tratti grottesca ed ironica, perché non sussiste l’elementare nesso causa-effetto.
Anche questo punto va a vantaggio di una serie tanto stramba, quanto intelligente, che è un concentrato di visioni ed intuizioni che poco hanno a che vedere col mondo di Douglas Adams, ma a cui è semplicissimo affezionarsi. Nel calderone in cui Max Landis mescola magistralmente horror, commedia e fantascienza, non mancano neanche la violenza ed il sangue, con tanto di sparatorie e morti, quasi sempre resi ridicoli o innocui dalle gag piacevolmente irritanti di Dirk. Purtroppo non c’è nessuna interpretazione particolarmente brillante, anche a causa di un copione che non prevede grandi prove attoriali, ma esige piuttosto delle interpretazioni solide e ben strutturate, fatte di dialoghi ben ritmati e trovate divertenti.

Verdetto:

Con uno sprint, una creatività e dei colori che poche volte ci son concessi alle serie TV (che tendono a prendersi troppo sul serio), questa seconda stagione di Dirk Gently è ancora più godibile e fresca della prima. Si viene facilmente trascinati in un vortice fatto dei capricci dell’universo e di personaggi improbabili che sembra non avere mai fine, e che mantiene la giusta tensione tra momenti in cui si ride ed altri in cui ci si fa prendere dall’emozione e dall’empatia. Unico nel suo genere, è un vero peccato che lo show sia stato cancellato proprio ora che riscaldava i motori. Un consiglio: se non l’avete letta, recuperate la saga. Non servirà a colmare il vuoto, ma attenuerà la nostalgia!