Sporchiamoci le mani.
Dopo i tanti test effettuati grazie all’accesso anticipato su Steam, Dirt Rally è uscito a dicembre in versione completa su PC ed ha stupito un po’ tutti, e ora arriva derapando prepotentemente anche su console, confermando quanto di buono si fosse visto finora. Codemasters ha dimostrato di saper ascoltare i propri fan e ci regala un capitolo senza compromessi, divertente ed impegnativo e che è una vera gioia per gli occhi.
Fanghi rigeneranti
Sono sempre stato un fan dei giochi di rally, per quanto poi trovi le corse vere e proprie in realtà abbastanza noiose. Ma trovo che, videoludicamente parlando, ogni tanto il cervello senta proprio l’esigenza di abbandonare le corse fighette di un Granturismo o la tamarraggine di un Need for Speed per tuffarsi in fango, ghiaia e neve che fanno gli onori di casa in queste tipologie di giochi. Ho iniziato da V-Rally sulla prima PlayStation, passando per le innumerevoli sfide in sala giochi su Sega Rally, per poi arrivare agli storici titoli dedicati al compianto campione Colin McRae (che è un po’ il padre spirituale di Dirt, sempre di casa Codemasters) in epoca PS2, dove poi su PlayStation 3 fu la volta dei vari WRC. Dirt Rally è un gioco diverso da tutti questi elencati, forse da tutti i giochi di rally in generale. Non è un gioco immediato, basta poco per capire come funziona, ma ci vuole molta dedizione per padroneggiarlo.
Non è una simulazione pura come lo fu Richard Burns Rally (che comunque forse è l’unico titolo che più lo può ricordare), ma è anche ben distante dall’essere un arcade. Non è un gioco per tutti insomma, anche se tutti, con la testa giusta, possono trarne il massimo del divertimento.
Dirt Dancing
La modalità carriera di Dirt Rally è molto corposa. È possibile gareggiare in tre tipi di campionati: il rally “classico”, con sei circuiti originali (Finlandia, Galles, Germania, Grecia, Montecarlo, Svezia) composti da dodici tappe ciascuno (anche se ai livelli più bassi non dovrete correre tutte e dodici le tappe di ogni evento), e che a conti fatti è la modalità principe di questo gioco. C’è poi la modalità Rallycross, l’unica in cui sfiderete altre auto contemporaneamente sullo stesso circuito, nella quale farete a sportellate con altri avversari su un misto di sterrato ed asfalto. Se siete alle prime armi con giochi del genere, può essere la modalità più divertente con la quale iniziare, oltre ad essere anche l’unica disponibile per giocare in multiplayer online, per ovvi motivi.
Infine troviamo la modalità Hillclimb, che vi farà cimentare nella celebre scalata al Pikes Peak, riprodotta a dir poco magistralmente. Modalità veramente bastarda, in termini di difficoltà.
Fare o non fare. Non c’è provare.
E la difficoltà è proprio il punto cardine di questa recensione, ciò che può potenzialmente portarvi a decidere se acquistare o meno il gioco. Parafrasando Mark Lenders, “Dirt non è un gioco per signorine”. È un gioco spietato, che non lascia margini d’errore. Se è vero, come dicevamo, che non si tratta di una simulazione al 100%, è vero anche che, pur inserendo tutti gli aiuti alla guida possibili, sbagliare una curva, finire fuori pista, fare un testacoda, significa quasi automaticamente perdere la tappa. L’intelligenza artificiale è parecchio tosta e il gioco è molto realistico in questo senso, offrendo un grado di sfida veramente molto alto.
Chi mastica qualcosa di questo sport sa che il Rally di Finlandia è soprannominato “Il Rally dei mille laghi”, ma c’è chi scherzosamente lo chiama “dei mille salti”, a causa proprio dei frequentissimi dossi, tutti peraltro ad altissima velocità, che lo caratterizzano. Ebbene, giocarlo con una vettura a trazione posteriore, sebbene non un mostro in termini di potenza (era una storica Renault 5 degli anni ’80) è stata una delle esperienze più difficili della mia carriera da pilota virtuale. Così come sfidare i ghiacci svedesi, la carreggiata strettissima delle strade di Montecarlo o la scivolosa ghiaia tedesca, ogni evento era costellato da mille difficoltà, che rendevano l’esperienza di gioco accattivante, ma che hanno più volte fatto tremare le pareti di casa mia e fatto coprire ai genitori che abitano nella mia palazzina le orecchie dei propri innocenti pargoli.
Jesus is my co-pilot.
Non solo la difficoltà delle piste in sè è parecchio alta, ma il sistema dei danni, sebbene anch’esso non realistico al 100%, rende il tutto ancora più complicato. Ovviamente le cose variano a seconda della pista: andare a toccare i morbidi cumuli di neve agli argini delle strade svedesi è ben diverso dall’appoggiarsi sui muretti che delimitano le strade monegasche, e bisogna tenerne conto. Così come c’è da tenere bene a mente che una banale foratura costi ben un minuto e mezzo di riparazione, che si accumula sul vostro tempo finale rendendo praticamente impossibile una vittoria. E soprattutto, che i danni alla vostra vettura si possono riparare solamente ogni due tappe. Questo significa che se in un frontale contro un albero rompete i fari della vostra macchina, può capitarvi di dover affrontare la successiva gara, magari in notturna… a luci spente.
Ed è un’esperienza che francamente non mi sento di consigliare. Finire fuori pista pure vi costa tempo prezioso, così come falciare gli incauti spettatori (niente paura, nessuna violenza sui malcapitati, schermo nero e si ricomincia), che, va detto, molto spesso sono piazzati totalmente senza ritegno lungo i bordi del percorso, senza alcuna protezione. A rendervi però le cose più facili c’è il copilota, per una volta in un gioco di rally realizzato alla perfezione. Non sembra di avere un automa al proprio fianco, ma finalmente un professionista, che, salvo in alcune sessioni particolarmente veloci in cui vi smitraglierà addosso una serie di dati che probabilmente non riuscirete a memorizzare (“50 sinistra 4, chiude in destra 3 non tagliare, poi salto, tieni la destra attraverso cancello, in salto sulla destra crinale”, “STAI ZITTO, PER DIO!”), è abbastanza chiaro e semplifica realmente la guida. Restando sul sonoro, l’audio delle vetture è realizzato in maniera magistrale, riuscendo a risultare realistico, credibile e beh, anche emozionante. Ma il vero fiore all’occhiello del gioco è il comparto grafico: 60 FPS granitici, per un colpo d’occhio semplicemente spaccamascella. Magari c’è qualche texture non proprio impeccabile, o l’aspetto del pubblico un po’ meh, ma è roba che al massimo si può notare nei cinque secondi pre-gara. Nel resto sarete completamente immersi nella sfida, o intenti a prendervela con qualche divinità più o meno nota. E allora rimettetevi la mascella a posto e continuate a giocare, anche perché riuscire a disintossicarsi da questo Dirt Rally, soprattutto se amate il genere, è veramente difficile.