Savage!
Il reboot di Devil May Cry per me è un caso emblematico. È l’emblema di quanto la mentalità di una certa fetta di giocatori sia arretrata e retrograda ed emblema di come e quanto una buona idea non sia sempre ripagata dal suo pubblico. Ninja Theory, primo team europeo a mettere le mani sul brand sin dalla sua lontana fondazione per mano di Hideki Kamiya, ha infatti compiuto uno sforzo creativo (e di stile) impagabile confezionando quello che è, almeno a mio dire, uno dei migliori action della scorsa generazione, e certamente uno dei migliori degli ultimi anni.
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Ma la risposta del pubblico è stata deludente e, ancor prima che il gioco fosse disponibile, molti hanno amaramente criticato la scelta di rebootare un personaggio iconico come è, di fatto, Dante. Nel mio personalissimo parere il tutto finisce sotto la voce: masticazzi. Sono tra quelli che nutrono un grande affetto per il personaggio ma, sinceramente, dopo la prova mediocre di DMC 4 (si, era mediocre), il fatto di avere un grande gioco ma con un personaggio molto diverso non mi ha turbato, ma anzi ho abbracciato con piacere il cambiamento, conscio che quella novità non era solo una trovata commerciale (diamine, era tutto l’opposto) ma un qualcosa di simbolico.
Il brand aveva bisogno di rinascere e Ninja Theory ha fatto il suo dovere più che bene, ergendo a spartiacque dei due modi di concepire il gioco, proprio il personaggio di Dante. Così diverso, eppure così “simile” al passato, e specialmente alla sua versione “giovanile” di DMC 3. Pensando al reboot, al personaggio simile ma diverso, non posso che pensare a Tomb Raider, ed alla sua Lara Croft iper-premiata e iper-apprezzata (forse anche ben oltre i meriti oggettivi del gioco… un ottimo gioco, che sia chiaro). Sarà che un bimbominkia a caso è troppo giovane per sentirti in qualche modo legato agli spigolosi poligoni della vecchia Lara, ma la manovra è stata la stessa… eppure nessuno ha messo a ferro e fuoco la rete. Quindi o siamo vittime di bimbominchismo, o siamo ipocriti, o siamo a digiuno di videogiochi seri da troppo tempo. E con questa intro un po’ prolissa ma doverosa, apriamo le danze alla nostra recensione di DMC: Definitive Edition.
Sadistic!
Perché diciamolo: la perizia che Ninja Theory ha dimostrato è evidente, tant’è che lo scheletro ludico di DMC è ancora dannatamente divertente e l’esperienza di gioco si configura come una delle più galvanizzanti e divertenti degli ultimi anni salvo, ovviamente, non si sia messo mano ad un certo Bayonetta 2. Ma come si suol dire: questa è un’altra storia. I pregi del lavoro Ninja Theory sono da ricercarsi, su tutto, nel perfetto mix tra direzione artistica e impianto ludico tali che – e nessuno se l’aspettava – DMC ha persino una storia decente. Banalotta, ma comunque raccontata come si deve, grazie soprattutto ai suoi personaggi che, superato lo shock iniziale, sono capaci di tenere la scena con grazia e stile. E chi se ne frega se Dante ha abbandonato il caschetto platinato! Il personaggio è aderentissimo a quello che fu il Dante di Devil May Cry 3: spaccone, fancazzista ma profondamente serio quando si tratta di menare le mani e di mettere sottosopra inferno, limbo o quel che vi pare. Menare le mani, poi, è qualcosa che DMC fa maledettamente bene, facendo i giusti onori a quello che è lo spirito arcade e di “auto-miglioramento” cui la serie punta sin dalla sua prima uscita. Qualcuno più saggio di me (indovinate chi) una volta ha detto che “l’auto-miglioramento è masturbazione”, tant’è che il gameplay e la ricerca di un grado sempre più elevato sono poi la base di quello che è un vero e proprio amplesso digitale che incolla allo schermo e che quasi ci obbliga a fare sempre di più, sempre meglio, sempre più velocemente.
In tal senso non c’è da meravigliarsi se proprio su velocità e stile si basi questa “versione definitiva” di DMC. Con i suoi 60 frame al secondo spalmati più che dignitosamente su 1080p il gioco è quanto mai veloce e godibile e già solo questo rappresenta un bel passo avanti in termini di fruizione poiché i frame, quanto mai granitici, consegnano al giocatore un’azione spettacolare e dinamica, ancor meglio di quanto non si fosse fatto con la versione originale old gen. Questa sensazione di velocità è poi ulteriormente sublimabile grazie alla prima novità introdotta dagli sviluppatori in termini di gameplay: la Modalità Turbo. Il nome squisitamente “arcade” di questa sorta di modificatore lascia ben intendere l’obiettivo, puntare tutto sulla frenesia e sulla velocità, aumentando del 20% la velocità totale del gioco e rendendo gli scontri un tripudio di colpi, schivate e proiettili. L’effetto allucinato di un DMC sotto Red Bull è qualcosa che letteralmente stupra il cervello. La velocità dell’azione, unita alla dimestichezza che si può prendere nel corso delle ore, rende il gameplay frenetico oltre immaginazione. Invero con un effetto a volte caotico e “da sturbo” ma comunque divertentissimo. L’abilità e l’intelligenza del team sta poi nel fatto che il Turbo è attivabile a piacere all’inizio delle varie missioni, cosicché non si è obbligati a giocare sotto steroidi per l’intera durata del gioco. Questa trovata è più che gradevole e permette di godere, come no, di una feature assolutamente accessoria e, per forza di cose, non alla portata di tutti. Ma si era detto che la sintesi di questa edizione sono velocità e STILE, e parlando proprio dello stile ecco che arriva la seconda trovata di Ninja Theory che più che un semplice livello di difficoltà aggiuntivo è una vera e propria modalità di gioco per hardcore gamer (e neanche l’unica come vedrete). “Lo Stile è tutto” è infatti un escamotage per mettersi alla prova, e consiste in un livello di difficoltà in cui i nemici accuseranno i colpi solo quando il nostro indicatore di stile salirà almeno a S. La cosa è folle e impegnativa e implica una dedizione al gioco che non tutti potrebbero avere, ma che di certo farà a gioia dei giocatori duri di DMC che avranno qui pane per i loro denti.
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Sensationa!
Come se non bastasse, e nel caso abbiate bisogno di esprimere al massimo le vostre abilità, Ninja Theory ha aggiunto anche un’altra vera e propria modalità a sé, nonché un nuovo livello di difficoltà. Quest’ultimo che surclassa anche la già tostissima “Dante deve morire”, il cui nome è “Gli dei devono morire” rende l’intera esperienza di gioco quanto di più ostico ci sia ad ora nel panorama degli action game. Ma è la modalità Hardcore la vera protagonista della scena. Se “Lo Stile è tutto” non dovesse essere sufficiente a darvi filo da torcere, la Hardcore modifica pesantemente gli interi parametri del gioco, intervenendo sulla risposta degli attacchi, delle schivate, sulla foga dei nemici e persino sul Devil Trigger. Si tratta della versione “definitiva” del gameplay di DMC, ad uso e consumo solo di chi non ha semplicemente finito il gioco, ma vi si è esercitato onde diventare una vera macchina da guerra. Alla lista non mancano poi i due DLC rilasciati (Palazzo di Sangue e La Caduta di Virgil), nonché l’aggiunta inedita di ogni accorgimento anche per le 2 ore di storia di Virgil che, da ora, gode anch’egli di un tostissimo Palazzo di Sangue dedicato. 60 piani di urla, bestemmie e gente da piallare in doppelganger.