Uno dei più grandi giochi per Wii U cerca fortuna anche su Switch.
Quando Donkey Kong Country: Tropical Freeze fu annunciato nell’ormai lontano 2013, fu un vero colpo al cuore sia per i possessori di Wii U, sia per chi, pur amando con tutto sé stesso il gorillone, aveva deciso di rinunciare all’acquisto della sfortunata console, in attesa di tempi migliori per tornare sui lidi di Nintendo. Il motivo per entrambe le “fazioni” era il medesimo, e l’unica differenza stava nelle conseguenze: gioia smisurata per i prodi possessori di Wii U e disperazione e invidia per gli infedeli. Infatti, con alle spalle una vera perla come Country Returns e il ritorno dei Retro Studios al timone, il capolavoro era praticamente prevedibile. E così, oramai lo sappiamo bene, è stato. Retro Studios infatti è un team particolarmente talentuoso quando si tratta di rivitalizzare icone del passato. Ovviamente sì, mi riferisco a Metroid e quel mezzo miracolo fatto per trasformare un classico degli anni 80’ e 90’ in una delle serie più significative del videogioco contemporaneo in 3D, grazie alla trilogia di Prime.
Con un approccio molto più conservatore ma non meno efficace, per quanto riguarda Donkey Kong c’era ancora molto da dire e da fare dopo l’episodio per Wii, le idee erano tutt’altro che esaurite e anzi, con il senno di poi, Country Returns sembra solo un fantastico banco di prova per Tropical Freeze, in cui tutte le brillanti intuizioni avute nel precedente capitolo tornano evolute, affinate, e affiancano moltissime nuove trovate.
Parecchie persone non hanno mai avuto modo di giocare Tropical Freeze a causa della scarsa diffusione di Wii U. Questo titolo pur avendo tutte le carte in regola per essere un system seller, non riuscì affatto a risollevare le sorti della console. C’è da dire che su Donkey Kong c’è sempre stato un po’ di pregiudizio, inspiegabile per quanto mi riguarda, e per molti il fatto che Retro Studios abbia “perso tempo” con ben 2 titoli di Donkey Kong quando poteva impegnarsi nello sviluppo dell’ennesimo Metroid Prime (dall’appeal sicuramente più moderno e affine ai gusti del videogiocatore medio) è una tragedia. In fondo, se ne sono usciti “solo” con quello che è probabilmente il platform con impianto bidimensionale più bello degli ultimi 20 anni. Cosa volete che sia…
Ma veniamo a noi, e veniamo ad oggi, momento storico in cui nessuno ha più scuse: Donkey Kong Country Tropical Freeze esce su Switch e sia lodato il cielo, insieme a Bayonetta 2 e qualche altra pietra miliare di Wii U, è l’ennesimo porting che andava fatto a tutti i costi, per garantire una meritata seconda chance ad un gioco di tale caratura (ma occhio Nintendo, che le cartucce sono agli sgoccioli, poi ha finito di vincere facile).
Tropical Freeze riprende le fondamenta di Country Returns e le espande. Il protagonista principale è sempre il buon Donkey Kong, lo stile grafico è la versione luminosa, brillante e pastellata del classico immaginario di DK Country (il quale su SNES aveva toni più “cupi” e “realistici”, se vogliamo). I partner del nostro eroe fungeranno sostanzialmente come power up, rendendo le nostre opzioni di movimento, o più precisamente di salto, più versatili. Non si tratta quindi precisamente di un sistema tag team in cui si sostituisce un personaggio con un altro, ma sempre nei panni di DK, potremmo scegliere chi portarci sulla schiena a seconda di quale peculiarità vorremmo sfruttare. Diddy Kong ci permetterà di planare, Dixie di saltare più in alto, e il vecchio Cranky invece di rimbalzare al suolo evitando eventuali pericoli, grazie al suo bastone. Inoltre, portare un compagno significa avere doppia razione di cuori e, una volta riempita la barra, potremo sfruttare una mossa tag ad effetto smart-bomb che trasformerà all’instante tutti i nemici su schermo in diversi oggetti (anche questo dipenderà da chi avremmo scelto come partner).
La cosa più importante da dire, è che nonostante la struttura sicuramente classica e familiare, Tropical Freeze non è semplicemente un more of the same. Partendo dal setting, tutto si tinge di note invernali, a causa dell’invasione di alcuni pinguini “vichinghi” che approderanno sull’isola di DK (che nel frattempo stava festeggiando con la famiglia un sereno compleanno) e su quelle circostanti –i 6 mondi di gioco, per inciso- con chiare intenzioni belligeranti. Il contesto narrativo, per quanto forse di poco conto in un gioco del genere, ha permesso di caratterizzare in maniera molto efficace i livelli prendendo le classiche foreste, montagne, e le altre ambientazioni esotiche tipiche del brand, per modificarle quel tanto che basta e intingere il gioco di un nuovo mood, fatto di tanti nuovi elementi estetici che fanno da sfondo agli scenari e, cosi come i nemici, ottimamente animati. I livelli infatti sono un tripudio di oggetti in movimento, e non parlo solo di quelli sul piano del gameplay e funzionali ad esso, ma anche di quelli nel background, mai cosi dinamico tra trichechi che sparano cannonate, pinguini che ci fanno crollare cose addosso, navi vichinghe che approdano sul nostro percorso, ecc. L’amore e la cura messa dal team per la realizzazione estetica del titolo è quasi palpabile, così come quella per il sonoro, mai come in questo capitolo impreziosito da una colonna sonora fenomenale, tra arrangiamenti favolosi di temi classici, e nuove freschissime sonorità tropicali.
Nonostante questo il piatto forte rimane sempre il gameplay. Tropical Freeze offre frangenti di gioco eccezionali con dinamiche capaci di testare i vostri riflessi e la vostra capacità di improvvisazione, rendendo molto le cose molto difficili alla vostra memoria muscolare, visto e considerato quanto sono diversificate e alternate in modo repentino le meccaniche di platforming che compongono la progressione del livello. Nel giro di pochi istanti dovrete appendervi, saltare, abbassarvi, colpire il nemico, evitare l’ostacolo che crolla, abbandonare una piattaforma friabile, saltare su una liana, e così via. Il tutto cercando di collezionare più banane possibili e con ben pochi momenti in cui l’azione rallenta per rifarvi prendere fiato, o magari vi permette un soddisfacente cambio di scenario liberatorio e senza soluzione di continuità, con una lunga serie di passaggi da un barile cannone ad un altro verso gli orizzonti dello stage.
In Tropical Freeze il sodalizio tra grafica, colonna sonora e ritmo del gameplay, in alcuni livelli come quello del festival degli animali nella Savanna, è così riuscito ed esplosivo da entrare negli annali della storia del videogioco. Le isole poi oltre ad avere scenari estremamente diversificati, hanno al loro interno una coerenza estetica e stilistica incredibile, si passa dalla classica giungla a fabbriche immense fino a giganteschi macro alveari. Tutte suggestioni estetiche che vengo declinate in una miriade di livelli dal setting ludico sempre diversificato tra sezioni di nuoto, cavalcando improbabili mezzi di locomozione o tipiche piattaforme. Tutto messo in scena con estremo dinamismo e spesso presentando anche della progressione “narrativa” in tempo reale.
Il bello del level design di TF, stai inoltre nel fatto che permette una fruizione “multistrato”, adatta praticamente a tutte le esigenze. Finire il livello arrivando semplicemente alla fine, fornisce una sfida discreta, per nulla scontata (rimane un platform più impegnativo della media) ma assolutamente alla portata di quanti si vogliano semplicemente godere il gameplay, apprezzando quanto ogni stage sia costruito per essere giocato in un flusso costante e ben ritmato di salti, capriole, e voli tra un barile all’altro. Si può poi alzare di un po’ l’asticella della difficoltà cercando tutte le lettere della parola KONG, che in genere prevedono passaggi e balzi ben azzeccati in momenti precisi del livello. Prendendo tutte le lettere di ogni stage di un mondo, si avrà un reward delizioso: un livello bonus generalmente bastardissimo ma sempre imperdibile.
Ci sono infine, i pezzi del puzzle, che costituiscono la sfida massima da cercare all’interno di uno stage (modalità time attack a parte). Questi sono spesso piazzati con machiavellica genialità in posti difficili da scovare e da raggiungere, e dati in premio prendendo tutte le banane nei bonus stage (a loro volta ben nascosti), cosa che si può tentare una volta sola, salvo dover ripetere l’intero livello. Più obiettivi vi date, più il game flow sarà ovviamente interrotto per indagare nel livello (provando generalmente a rompere qualsiasi cosa). Ciò nonostante il gioco non sarà mai frustrante principalmente per 2 ragioni, la prima sono i comandi: precisi, puntuali, reattivi e bilanciati ancor meglio che in passato in tutte le situazioni, comprese le fasi di nuoto o quelle su barili volanti, rinoceronti, e carrelli lanciati a tutta velocità; la seconda, è che ogni mappa ha un negozio in cui acquistare spendendo delle monete accumulabili durante il gioco, diversi oggetti utili a renderci la vita più semplice, come un pappagallo che ci indichi dove sono nascosti i pezzi del puzzle, cuori extra, vita extra, partners a scelta, e altro ancora.
Se voleste ulteriormente rendervi facili le cose, la versione per Switch offre la modalità Funky. Scegliendo di giocare con il gorilla surfista, sarà tutto una passeggiata. Anche troppo a dire il vero, il che rende appetibile questo personaggio solo ai giovanissimi o a chi non ne vuole sapere proprio di doversi impegnare. Funky Kong infatti dispone di 5 cuori, doppio salto, ossigeno infinito nell’acqua, roll infinito, è immune al contatto con elementi perigliosi dello scenario come spine nel terreno e roba così.
Rimanendo sul surplus offerto da Switch, beh c’è poco altro da segnalare, ma tutto sommato non è che ci fosse troppo da rimetterci le mani sopra. Graficamente, è stato leggermente levigato qualche piccolo dettaglio come il manto peloso di Donkey Kong, la grafica però è la medesima della versione Wii U. Ma 1080p, 60 marmorei frame per secondo e caricamenti più brevi, sono in fondo tutto ciò che chiedevamo, e questo abbiamo avuto. In portabilità, manco a dirlo, il gioco rende benissimo, soprattutto grazie allo stile grafico già di suo ben leggibile, che quindi non perde funzionalità nemmeno su schermo ridotto. Per quel che riguarda i controlli, tutto scorre liscio con i joycon ad eccezione di un dettaglio. I grilletti non sono eccezionalmente affidabili. Niente di grave ma ecco, diciamo che quando si tratta di aggrapparsi o afferrare, azioni per l’appunto riservate ai 2 tasti dorsali di Switch, le cose si fanno leggermente più incerte. È possibile cambiare il layout per arginare il problema nelle opzioni, o semplicemente abituarsi alla corsa dei grilletti e adattarsi. Ripeto, niente di grave. Parliamo di un porting riuscito di un gioco eccezionale. E questo è quanto.
Verdetto
Incredibile quanto possa essere profondo e articolato un “semplice” platform old-school e quanto a lungo si potrebbe parlare ancora di Donkey Kong Country: Tropical Freeze. Si potrebbe discutere di quanto le boss fight siano articolate e imprevedibili (molto più di quelle affrontabili nei giochi del baffuto idraulico, non me ne voglia…) e quanto il gameplay si presti benissimo anche al multiplayer, in maniera nemmeno così scontata, visto che nonostante le nostre due pedine sul campo di gioco, questo si plasma principalmente su azioni da fare in singolo. Niente paura, si può giocare benissimo in coppia e semplicemente i livelli avranno un sapore diverso e sempre squisito. Ma tiriamo le somme senza ulteriori indugi: Donkey Kong Country Tropical Freeze rappresenta semplicemente l’eccellenza dei platform in 2D (o 2,5D per i più pignoli) sotto qualsiasi aspetto. Un gioco che al netto di poche e minuscole sbavature presenta una cura maniacale e la capacità di stupire e divertire come non mai sfruttando una formula vecchia di 30 anni. TF non è invecchiato di un giorno rispetto al suo debutto su Wii U, e a meno che non l’avete già squagliato all’epoca su questa console, avete il dovere morale in quanto possessori di Switch, di non farvelo scappare per nessun motivo. Passo e chiudo.