Come cambiare il corso della storia: il percorso di un protagonista che si riflette nella vita del suo film
Predestinazione: è la parola con cui leggere Donnie Darko. Predestinazione di un protagonista, che si riflette nella pellicola di cui è il cardine e i cui eventi lo porteranno fino “alla fine del mondo”. La storia dell’opera di Richard Kelly, infatti, procede per similitudini con gli incontri e gli incastri di cui è il giovane stesso a essere il fulcro, portando a compimento il proprio scopo, ossia raggiungendo lo statuto di cult, un po’ come il ragazzo è riuscito a dare senso agli ultimi ventotto giorni, sei ore, quarantadue minuti e dodici secondi della sua vita.
È intorno a un’enigma che il film del 2001 va srotolandosi: cosa succederà allo scadere del misterioso countdown iniziale, quello con il quale l’inquietante coniglio Frank farà amicizia con lo schizofrenico Donnie Darko e che ne segnerà, indelebilmente, il destino? E sempre una domanda è quella che fiancheggia il percorso, dagli inizi fino al riconoscimento dell’importanza culturale del film, dell’opera dell’allora ventiseienne Kelly, che con Donnie Darko segna la sua terza regia e primo lavoro rilevante (nonché, a guardare gli anni a venire, anche ultimo) della sua carriera. Come mai, nonostante il tiepidissimo riscontro iniziale di incassi e pubblico, il film è riuscito comunque a raggiungere il podio nell’olimpo delle opere che hanno inciso su una generazione?
Come Donnie Darko ribalta il proprio destino e quello del suo protagonista
Predestinazione. Anche qui la chiave con cui approcciarsi alla narrazione di Donnie Darko, e di cui l’opera stessa si fa portatrice, sembra rivelarsi la risposta alle sorti della pellicola, che come il protagonista interpretato da Jake Gyllenhaal riesce a trovare la maniera per cambiare la scrittura della storia. Dopo l’esperienza insipida del 2001, è stata la versione director’s cut – riproposta tre anni dopo – a sbaragliare i risultati insufficienti segnati dalla prima uscita in sala negli Usa.
Modificare gli accadimenti per ribaltarne il destino. Se Donnie ne acquista facoltà dopo aver decifrato il libro affidatogli sui viaggi nel tempo, a seguirne una similare strada a ritroso è il regista e sceneggiatore americano che, nell’intuizione di poter permettere allo spettatore di riscoprire il potenziale del film con ben venti minuti aggiunti, si adempie a compiere un’operazione di rifacimento degli avvenimenti per fare in modo di rigirare la fortuna a proprio favore.
Le coincidenze di Donnie Darko che diventano indizi per il film
Una via parallela, dunque, attraversata dal film nella propria vita cinematografica e da Donnie Darko nella narrazione ai limiti del misticismo dell’opera filmica, disseminata di componenti che ne avrebbero, indiscutibilmente, segnato la rivalutazione nel corso degli anni, la quale ripartì dalla presentazione fuori concorso della versione aggiornata alla 61esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia nel 2004.
La coincidenza fatale, che vede la congiunzione dell’elemento della realtà a quello della ricostruzione filologica del film, sorprende tanto quanto suggestiona per l’imprevedibilità dell’arte e degli eventi che la circondano, implicati per ritrovare un nuovo equilibrio per concedere un’analisi più approfondita della pellicola, come quell’armonia che il ragazzo, figlio, fratello, paziente Donnie rintraccia nel decifrare i segni che cominciano a costellare la sua esistenza.
Tra mainstream e indipendente: il passaggio negli warmhole del film
È, in fondo, di percorso già scritto che Donnie Darko tratta, quel grande disegno universale che non sappiamo se sia stato Dio, la scienza o semplicemente una serie di allucinazioni dettate dall’instabilità mentale a creare. Il rimaneggiamento è scelta arbitraria nel quadro tra fede e studio, sentimento e disturbo che Donnie Darko delinea nella propria scoperta degli wormhole.
E, proprio quest’ultimi, diventati così centrali nello sciogliersi graduale del film di Kelly, non sono altro se non la possibilità di viaggiare da un’universo all’altro, di spostarsi nel tempo e nello spazio per abitare nuovi luoghi e, magari, poterne cambiare o modificare il corso della storia. Come cambiata e modificata è la ricezione attribuita a Donnie Darko, insieme al suo impatto sulla cultura tra il mainstream e l’indipendente dal 2000 ad oggi.
Donnie Darko come atto provocatorio al grande disegno prestabilito e universale
E se gli indizi mandati dall’universo a Donnie consentono al giovane di acquistare la comprensione del funzionamento dei salti temporali, permettendogli di sfidare – nuovamente e, stavolta, in modo inverso – la morte, così il film di Richard Kelly aveva già sparso, fin dal principio, i semi di un’opera che, inevitabilmente, avrebbero reso possibile il procedimento della propria riabilitazione.
Come il personaggio di Gyllenhaal si ritroverà spesso a interrogarsi intorno a Nonna Morte – il cui vero nome è quello della scrittrice sui viaggi nel tempo Roberta Sparrow -, a interloquire con un costume da coniglio mortale, a confrontarsi con serpenti invisibili e fluidi che spingono le persone verso i propri destini, così il film raccoglieva in sé una ricerca assai troppo ingarbugliata, assai troppo rappresentativa per non venir ripresa da una generazione che poteva percepire il disagio del protagonista. Un pubblico che, nel tempo, si è riscoperto più vicino alla follia prestabilita dalla società in cui Donnie è immerso e che l’intero film tenta di affrontare, come tutti i giovani, con fare provocatorio.
Donnie Darko: il predestinato
Predestinazione. Se Donnie Darko dopo ventotto giorni, sei ore, quarantadue minuti e dodici secondi sapeva che avrebbe ribaltato – o forse confermato, è qui il mistero circolare e inseparabile che continua a ripetersi nel film – le sorti del proprio caso, così l’opera omonima ha atteso che il pubblico e la critica riuscissero a cogliere quegli interrogativi scomodi, magari meno evidenti al principio, ma che la pellicola avrebbe suscitato e sarebbero riverberati ancora e ancora nella visione impenetrabile del racconto.
Psicosi, paura, amore, casualità e quello stupido costume da coniglio affiancato all’altrettanto stupido costume da umano del protagonista Gyllenhaal. Donnie Darko era il predestinato e, così, anche il suo film.