Dentro l’inferno
A distanza di poco tempo dal’ultimo tentativo di trasporre un celebre titolo”tradizionale” in formato VR (parliamo ovviamente di Skyrim VR) non avrei mai sperato di dovermi nuovamente lamentare così presto del metodo di controllo, nello specifico prendendomela sempre i Move, aggeggi che, ne sono sempre più convinto, tranne rare eccezioni come Superhot VR, non sono assolutamente in grado di sostituire il pad nella deambulazione di un qualsiasi gioco che ne preveda una. Ma facciamo un doveroso passo indietro. Cos’è Doom VR? Esattamente quello che potreste immaginarvi; una versione del meraviglioso fps di id Software uscito l’anno scorso che abbiamo premiato con non poco entusiasmo. Non vi nascondo che l’idea di giocare uno degli sparatutto più frenetici e divertenti degli ultimi anni con il mio PlayStation VR mi solleticava non poco, e quindi attendevo Doom VR con una certa trepidazione. Purtroppo però, devo dire d essere rimasto parzialmente deluso.
Doom VR sostanzialmente prende Doom originale e opera varie modifiche per sottrazione, in modo da adattarlo al meglio al PS VR. La storia del gioco, ridotta veramente ai minimi termini, è inedita e ci vedrà percorrere corridoi e grossi saloni della stazione spaziale fino a traghettarci ai classici scenari infernali finali. Il “tour” e la “varietà paesaggistica” è grossomodo la stessa di Doom con la “sola” differenza che il gioco è estremamente breve, in 3/4 ore arriverete alla fine, e quindi rappresenta più che altro un po’ un bignami di quella che è l’estetica dell’universo di Doom, senza inventarsi praticamente nulla di nuovo. Il bestiario è preso paro paro dall’edizione originale così come la maggior parte dell’arsenale, che fortunatamente presenta ancora la doppia modalità di fuoco in ogni arma che tanto caratterizzava il “gunplay” di Doom. I livelli lasciano molto meno spazio all’esplorazione essendo più concentrati, ma riescono comunque a far respirare gli ambienti e a non dare la sensazione di seguire un corridoio, trovando inoltre modo per piazzare i dispositivi di potenziamento delle armature e delle armi. La formula del gioco non è però cambiata, prevede sempre frenetici scontri che coinvolgono a 360 gradi lo spazio intorno a noi, costringendoci a repentini movimenti in tutte le direzioni e riflessi fulminei. Questa legittima esigenza di gameplay, ahimè, si è rivelata ben poco propensa a sposare armoniosamente i sistemi di controllo proposti, a cominciare da quelli che rappresentano il main control, ovvero i move. Partiamo da questo presupposto: in Doom VR funziona tutto come nel gioco originale, stesse possibilità, stessi movimenti, stessi comandi.
Non cambia nulla ad eccezione di 2 grosse caratteristiche. La prima è che il nostro personaggio utilizza indipendentemente le due mani, una per imbracciare l’arma, l’altra per lanciare le granate. La seconda è che non c’è più il salto, bensì il teletrasporto, una mossa che ben si implementa nel gioco in quanto muoversi con il teletrasporto riduce il motion sickness rispetto ad una deambulazione repentina e al salto, e allo stesso tempo permette di spostarsi in maniera molto dinamica all’interno delle arene. Il teletrasporto è utilizzato anche per eseguire le glory kill e trucidare i nemici, e anche in questo caso non funziona male. Il problema è che con i move non è in alcun modo possibile girarsi a destra o sinistra -se non direttamente di 180 gradi grazie ad un tasto- e questo rende Doom VR quasi ingiocabile. Certo, i nemici sono molto anestetizzati rispetto al capitolo originale e il gioco è pensato per venire incontro ai limiti dei controlli rallentando un pochino l’azione, ma poter solo girare il busto fisicamente a destra e sinistra è estremamente scomodo durante gli scontri e praticamente intollerabile durante l’esplorazione. Se infatti da fermo tutto funziona, appena dovrete fare una semplice inversione di marcia o girarvi di qualche grado diventa tutto straniante, macchinoso e disorientante. Immaginatevi che per andare dritti siete in piedi in mezzo alla vostra stanza con il busto tutto piegato verso una direzione rispetto alle gambe e continuate a teletrasportarvi di qualche metro in avanti. Disarmante. Per quanto ho criticato Skyrim in sede di recensione sempre a causa dei move, c’è da dire che almeno un modo di girare il corpo nelle varie direzioni lì lo avevano trovato, era quindi possibile trovare una soluzione al di là del fatto che la periferica non presenti un analogico.
Abbiamo ovviamente provato anche il secondo sistema di controllo che avrebbe potuto risollevare la situazione: il fucile AIM controller. Sicuramente con questo le cose migliorano per certi versi ma peggiorano per altri. Vedere il secondo braccio ai lati dello schermo (quello che tiene le granate o lanciagranate indirizzabili con i movimenti della testa) è veramente fastidioso. La mira poco precisa, e la periferica mappa in maniera approssimativa i movimenti dell’arma del gioco, con un risultato anni luce più sporco rispetto a quanto visto in Farpoint. Infine anche con l’AIM controller spostarsi è si meno traumatico, ma rimane tedioso. Sparare e contemporaneamente muoversi con l’agilità necessaria risulta ancora difficile a causa della disposizione degli stick e anche del fastidio visivo che provocano movimenti troppo veloci. Questa periferica funziona infatti bene con Farpoint anche perché studiata per favorire un gioco molto più pacato e sui binari, senza la necessità di girare su se stessi duecento volte al secondo.
Insomma gira e rigira, per goderci degnamente Doom VR, esattamente come per Skyrim (scusate i continui paragoni ma ho l’esperienza ancora fresca in testa), abbiamo dovuto ricorrere al vecchio e fedele Dual Shock 4. Ma a quel punto metà del fattore “novità” di questa versione va in malora e ci lascia solo con un Doom “light version” più corto, più lento, semplificato in tutti gli aspetti, il cui unico quid è il fattore VR. A tal proposito, va sottolineato l’aspetto paradossale del comparto estetico. Doom VR in quanto a dettaglio e complessità è sicuramente uno dei migliori giochi per VR, non mi aspettavo un risultato simile. Allo stesso modo, non so se proprio per questo motivo o per altro, l’immagine risulta più fastidiosa e ancor più sfocata e impastata rispetto alla media dei titoli VR, quasi come se la risoluzione fosse ancora più bassa. Questo inficia parzialmente anche il senso di profondità del titolo.
Verdetto
Il problema principale di Doom VR è che, fallendo su tutti i fronti per quel che riguarda l’interfaccia di controllo, aggiunge veramente poco all’esperienza originale, e anzi, in realtà ne toglie tanto. Un Doom perfetto in VR poteva essere veramente una killer application definitiva per il visore di Sony, e questo è il motivo per il quale i molti difetti che ho citato in sede di recensione lo allontanano moltissimo dall’eccellenza, ma lo tengono comunque sopra la sufficienza. Doom VR rimane un gioco divertente che si basa sul leggendario e solido gameplay che tutti conosciamo. Spreca purtroppo moltissime potenzialità, ma per quello che costa, per gli amanti del genere rimane comunque consigliato.