Opinioni non troppo a caldo, sul Drago d’Oro 2017.
Siamo stati alla cerimonia di premiazione del Drago D’oro, massimo premio italiano per videogiochi con uno sguardo rivolto tanto al nostro paese, quanto al mondo intero. Le statuette a forma di coda di drago sono state quest’anno consegnate nella cornice della Ex Caserma Guido Reni di Roma, nel contesto della prima edizione del Let’s Play, una mini fiera del videogioco. Ospiti d’eccezione erano Ueda e Tabata, rispettivamente responsabili di The Last Guardian e Final Fantasy XV, mentre gli ospiti nostrani comprendevano buona parte degli sviluppatori indipendenti italiani più noti, tra cui Storm in a Teacup, 343BigThings e LKA.
Anche quest’anno i premi distribuiti mi sono sembrati in diversi casi, ovviamente non sempre, un po’ forzati, non perché i giochi premiati siano brutti, ma semplicemente perché in nomination ci sarebbe stato di meglio o quantomeno di più meritevole. Quello che state per leggere non punta ovviamente ad essere un giudizio universalmente corretto, ma semplicemente quello che ha pensato un videogiocatore qualsiasi mentre, seduto in platea, gli passavano davanti molti titoli da lui provati, e talvolta anche giudicati/recensiti. La sensazione generale che ho avuto assistendo a questa manifestazione è stata la mancanza di coraggio, per usare un eufemismo. Ma gli eufemismi non mi piacciono un granché, quindi, in modo più diretto: molti premi sono stati vinti da chi doveva vincerli perché di massa, e non sono andati a chi, invece, avrebbe oggettivamente avuto un merito in un campo specifico. Campo specifico spesso confuso, perché il premio come miglior gioco d’avventura ha visto darsi battaglia giochi assolutamente incompatibili tra loro, ovvero The Last Guardian, Uncharted 4, Hitman, Dishonored 2 e Watch Dogs 2. Non mi è chiaro perché non possiamo avere una categoria stealth, sinceramente, o una categoria open world (ne uscissero pochi, poi…). Per quella che è la mia opinione, gli unici action/adventure qui in mezzo sono Uncharted 4 e The Last Guardian, il secondo con riserva. Gli altri avrebbero decisamente meritato categorie a parte, e data la mole di roba di qualità che esce non sarebbe stato difficile trovare candidati. Chiedere se è meglio Dishonored 2 o Watch Dogs non ha senso, sono le famose pere mischiate con le mele.
Passiamo ad un’altra statuetta difficile: gioco più innovativo. Che significa? Tutto e niente, in realtà, perché l’innovazione può essere sia quella di creare un concept intrinsecamente nuovo, sia quella di rivoluzionare un genere fermo e stantio. Bene. In nomination c’erano Pokemon Go e Inside, il primo che si poggia su Ingress e il secondo su Limbo. Qui non si parla di qualità, ma di innovazione, e i due giochi in questione sicuramente non innovano, per quanto Inside sia una cosa bellissima. A fianco avevamo Batman Arkham VR, The Witness e Superhot. Il primo ha come innovazione la VR, che però è un elemento esterno al gioco in quanto tale, e sarebbe potuto essere candidato in caso la VR l’avesse utilizzata in modo assolutamente innovativo. Gli altri due, effettivamente, stanno bene in nomination. Ah, il premo lo ha vinto Batman Arkham VR.
Altri premi che sinceramente mi sono sembrati un po’ forzati sono stati sicuramente quello per miglior sparatutto e miglior platform, il primo andato a Titanfall 2, che aveva vicino giochi come quel capolavoro di Doom e Overwatch, e miglior Platform, andato a Super Mario Run che niente ha di così eccezionale, che era in concorso assieme a Ratchet e Clank, Inside, Owlboy e Unravel, tutti giochi che sicuramente hanno qualcosa in più da dire.
La cosa che però più mi ha turbato è stata la vittoria di Final Fantasy XV, di cui i più attenti di voi ricorderanno certamente la nostra recensione. Il gioco in questione non è brutto, diverte anche, ma ha una quantità di problemi e di aspetti che definire approssimativi sarebbe riduttivo che non gli permette di certo di essere considerato il miglior gioco del 2016, soprattutto quando nello stesso anno sono usciti titoli estremamente più rifiniti sotto ogni punto di vista. Già giudicare il miglior videogioco di un intero anno ha un senso limitato, perché molti prodotti non possono essere accostati. Il ragionamento che andrebbe fatto dovrebbe quindi essere: quale tra questi giochi si è prefissato degli obbiettivi e li ha raggiunti a pieno, e quale di questi giochi ha voluto concentrarsi su un aspetto specifico, fosse esso narrazione, estetica, gameplay o quello che volete, ed è stato perfetto nella messa in atto, per poi riuscire benissimo anche in tutto il contorno? Ecco Final Fantasy XV non riesce ad eccellere in nulla, in alcune cose riesce addirittura male, essendo un minestrone in cui nessun ingrediente è veramente di elevata qualità. Tanto per dire, non ha vinto neanche il premio della sua categoria, ovvero miglior GDR.
Non si tratta di lamentarsi dei premi in quanto tali, perché avrei voluto che vincesse altro, perché non hanno scelto i miei giocattoli preferiti. In tutta sincerità, non me ne è mai fregato niente delle premiazioni, non mi piace neanche guardarle, faccio prima a leggermi il giorno dopo i vincitori in lista. Però intorno alle premiazioni girano i soldi, quelli veri, ed un premio in meno può significare qualcosa per la promozione di un gioco, per far avere qualche bonus ai dipendenti di una software house, o magari sullo sbloccare fondi da investire in un nuovo progetto. Quindi vedere premiati i giochi con poco criterio, avendo un senso di pressappochismo, in qualche modo mi infastidisce. Ad esempio, gli sviluppatori di Unravel se non erro si trovavano alla loro opera prima. Per quanto non sia un titolo dalle meccaniche platform ineccepibili, mette in piedi un buon gioco di piattaforme ad enigmi, ed è esteticamente tanto eccezionale quanto ispirato. Ma i soldi glieli ha dati Electronic Arts. Ora, se gli fossero piovuti addosso premi, probabilmente avrebbero avuto più possibilità di ottenere fondi per il futuro, perché magari avrebbe avuto una spinta sugli acquisti. Probabilmente eh.
A questo mi riferisco quando parlo di premiare chi veramente lo merita. Perché, oltre le statuette, ci sono persone che si sono fatte il culo, e questo vale per tutti indistintamente, e su certe cose che a noi paiono quisquilie, come le premiazioni, c’è dietro una macchina che si muove, e reagisce. Ho allargato troppo il discorso, senza accorgermene, e a quanto pare è venuto fuori non mi piacciono le premiazioni proprio a livello concettuale. Perché non mi piace vedere prodotti cosi diversi giudicati con gli stessi criteri, perché mi pare iniquo vedere piccoli giochi indipendenti gareggiare contro giganti (di budget) in alcune categorie, e vedere quasi sempre i secondi trionfare. Fondamentalmente perché, a ben pensare, non si tratta solo di statuette.