Le Fauci di Hakkon: Non si vive di sole mazzate
Dopo averci regalato ore e ore di puro intrattenimento inquisitorio, Dragon Age: Inquisition cerca di catturare di nuovo la nostra attenzione con il suo primo contenuto aggiuntivo votato squisitamente al single-player. Quel “Le Fauci di Hakkon” annunciato da tempo immemore e poi quasi dimenticato nel fremito delle uscite degli ultimi mesi. Resosi disponibile per il download su tutte le piattaforme, siamo finalmente pronti per vestire di nuovi i panni dell’Inquisitore ed tirare mazzate insieme alla sua squadra di mena fendenti, nel tentativo di rispondere all’annosa domanda che, da sempre, caratterizza l’uscita di qualsiasi contenuto aggiuntivo per un gioco di successo: ne vale la pena?!
Come sempre in questi casi la risposta è incerta e va costruita in base al vostro profilo di videogiocatori. Questo perché a voler essere cinici e analitici, Le Fauci di Hakkon non aggiunge effettivamente nulla dal punto di vista del gameplay ed anzi, pur prospettando al giocatore un buon numero di compiti addizionali, risulta a conti fatti un po’ noioso, anche per chi ha avuto il tempo di prendersi una pausa più o meno lunga dal titolo Bioware. D’altro canto, trattandosi di un contenuto da affrontare solo da un certo livello in poi (il ventesimo, per la precisione, è il livello minimo consigliato) esso potrà facilmente stuzzicare i giocatori in fase di post-endgame o chi, affrontato il gioco solo di recente, è ancora nel pieno dell’esplorazione e godrà del contenuto aggiuntivo “al momento giusto”. Il prezzo (€14,99), del resto, è perfettamente in linea con l’offerta “ottimale” (passatecele ‘ste virgolette, su!) per questo tipo di contenuti, mettendoci nelle mani non solo una nuova zona esplorabile (peraltro ben caratterizzata e variegata), ma anche un nuovo boss, una nuova abilità per l’Inquisitore relativa all’Ancora, un loot decisamente cazzuto per circa 10/12 ore di gioco.
Dal punto di vista meramente narrativo, Le Fauci di Hakkon propone una storia dalle premesse intriganti che ci vedrà alla ricerca del nostro predecessore, ossia l’ultimo Inquisitore ad aver vissuto affinché l’ordine fosse destituito. In realtà, nonostante le buone premesse, nonché la possibilità di entrare in contatto con la cultura degli Avaar, con cui alcuni di voi si saranno già imbattuti reclutando l’agente noto come “Osservatore del cielo”, questo DLC proprio non riesce a convincerci. Il punto è che tutto scade velocemente nella noia e tutto il sottotesto narrativo diventa quasi una “litania” più che un racconto realmente avvincente, che non fa altro se non starsene lì a farsi leggere passivamente (se siete degli irriducibili del GDR) anche perché deficitario proprio di quello sprono e di quella profondità che vi fa REALMENTE desiderare di saperne di più. Il problema è fondamentalmente la ripetitività di fondo che, salvo veramente due o tre interazioni, non fa altro che riciclare un modello di quest non solo presente già nel gioco originale, ma che si ripete più di una volta anche nel DLC. Intendiamoci, non che il modello ruolistico offra SEMPRE una marcia in più (si tratta pur sempre di arrivare dal punto A a quello B piallando nemici), ma non bastano l’introduzione di semplici puzzle ambientali o l’inserimento di documenti utili all’approfondimento della quest per stimolare concretamente il giocatore. Dovete insomma porvi nell’ottica di acquistare nulla più che 10 ore di gioco su una mappa nuova, per riuscire a godere in modo sensato e sereno di queste Fauci di Hakkon, perché ogni restante velleità è demandata solo al fan duro e puro, forse l’unico seriamente intenzionato a scoprire perché due clan mai sentiti prima se le vogliono suonare di santa ragione.
Un giudizio impietoso? Ci perdonerete, ma l’arrivo di questo contenuto a cavallo del recente The Witcher 3 non può che evidenziare ancor più che in passato l’assoluta incapacità di proporre quest side narrativamente intriganti, laddove invece, come saprete, CD Projekt Red ci è riuscita (quasi) senza problemi. Di sicuro ci sono cose che il DLC introduce che non possono comunque che farci felici, come il nuovo equipaggiamento e, soprattutto, la patch precedente al rilascio del DLC che ha ulteriormente corretto alcune defezioni del gioco tra cui i caricamenti, ulteriormente rivisti e velocizzati. Per il resto ci aspettavamo decisamente di più da questo contenuto che sì, ci ha permesso di tornare all’avventura nel Thedas, ma che tuttavia ritorna sugli stessi fallimentari passi dei DLC dei primi due Dragon Age: una più che buona quantità aggiuntiva di ore di gioco ma tanta, tantissima noia.