Dragonero 63: L’epica conclusione

L’anno si era aperto col botto, per il nostro Varliedarto, con l’inizio della tanto attesa Saga delle Regine Nere che noi di Stay Nerd abbiamo prontamente recensito .
Adesso, dai brividi di gennaio siamo passati al sudore agostano dopo otto mesi che ci hanno tenuto col fiato sospeso. Otto intensi mesi e altrettanti albi che attraverso colpi di scena, massacri e ribaltamenti di fronte sono riusciti a sconvolgere un intero mondo. E ora arriva l’ultimo atto, il capitolo finale di un conflitto lungo e doloroso destinato a lasciare strascichi importanti negli anni a venire… A cominciare da questo numero 63, Ceneri di un impero, scritto da Luca Enoch e illustrato da Giancarlo Olivares.

Siete pronti a dare la vita per la salvezza dell’Erondár?

L’esercito imperiale, dopo una giornata di vittorie e tragiche perdite, si prepara ad affrontare una notte che si preannuncia difficile. Un improvviso attacco da parte dei Troll di montagna, provenienti dal regno di Raghnar e segretamente allevati dalle Regine Nere, si abbatte con la sua immane forza sulle truppe stremate dalle fatiche della guerra. Il numero soverchiante dei nemici, aiutati da un oscuro incantesimo, ha facilmente la meglio sui soldati costretti a ripiegare verso il centro di comando e a lasciare sguarnito l’ospedale da campo, difeso solo da un piccolo manipolo di valorosi. Tra questi spicca Gmor, pronto a tutto pur di proteggere Sera, rimasta mutilata dalla gamba sinistra durante uno scontro. Proprio quando la fine sembra vicina, l’arrivo improvviso di Ian riesce a riequilibrare le forze in gioco. Ma le Regine Nere hanno un terribile asso nella manica da giocare e il destino dell’Impero è sempre più in bilico.

Avevamo avuto dei sospetti qualche tempo fa, quando ci siamo imbattuti nel primo episodio di questa saga che avrebbe cambiato ogni cosa sulle pagine di Dragonero. Ne abbiamo avuto un altro assaggio leggendo Il paese del non ritorno, uno degli albi migliori della serie e forse dell’intera produzione bonelliana degli ultimi anni. Ora, Ceneri di un impero ce lo ha confermato: questa saga, che poi in realtà è una grande narrazione unica, un romanzo lineare nel suo sviluppo dall’inizio alla fine (o forse potremmo dire serie tv, visto che vanno tanto di moda) altri non è che un’inarrivabile prova di letteratura disegnata. Attenzione: non nel senso prattiano e neanche nel significato moderno del termine, perché qui abbiamo di fronte qualcosa di assolutamente diverso, di incredibilmente inedito e innovativo.

La Saga delle Regine Nere è la miglior prova di fumetto fantasy che si sia mai visto in Italia, una meravigliosa sintesi che mette insieme come mai prima d’ora due forme narrative che di recente si sono avvicinate sempre di più. Non a caso, riesce a coniugare insieme gli aspetti peculiari di entrambi i medium: da un lato, la consueta serialità da edicola venata di sfumature prettamente contemporanee e, dall’altro, il non plus ultra della spettacolarità e della letterarietà di un genere che negli ultimi vent’anni, complice anche il successo di grandi produzione televisive e cinematografiche, è salito alla ribalta. Tuttavia, non si tratta di un Tolkien prestato alla Nona Arte, né di un disegnatore attratto dall’idea di mettere su carta Draghi, Elfi e qualche battaglia campale. Quello che abbiamo di fronte è il meraviglioso incontro di due modi di raccontare giunti parallelamente alla loro piena maturità. Un epic comic, un graphic fantasy… Trovate voi l’etichetta che più vi appassiona.

In ogni caso, si tratta di ua svolta totalmente rivoluzionaria a cui nessuno aveva mai lavorato con una simile qualità, facendo andare di pari passo la componente testuale e quella visiva. Ed è ancora più strano che questo avvenga in Italia, visto che il nostro paese è stato a lungo refrattario alle correnti del fantastico provenienti dal resto del mondo. Ecco: uno dei grandi meriti di Stefano Vietti e Luca Enoch (un altro tra i tanti) è quello di aver saputo guardare bene al di fuori del contesto nostrano per andare a cercare suggestioni nuove, per poi innestarle sulla settantennale tradizione bonelliana ottenendo così risultati francamente sorprendenti. E questo numero 63 ne è, di fatto, l’apoteosi. Basta guardare la primissima pagina per rendersene conto: dà la sensazione di ricollegarsi come un continuo all’albo 62 attraverso un perfetto montaggio e ci mostra la situazione sul campo di battaglia, alternando sapientemente vignette grandi, strisce e splash page.

Se c’è un aspetto che va evidenziato come la prova vivente dell’altissimo livello di “graphic fantasy” raggiunto dalla testata è quello del ritmo, da sempre il fiore all’occhiello della casa ma mai come oggi al centro. Perché altri non è che la scelta, operata dall’autore, di mostrare gli eventi narrati in una precisa sequenza e di ordinarli al fine di ottenere l’effetto migliore per renderli fruibili allo spettatore. Cosa che è, in fondo, uno dei segreti per costruire al meglio la tensione e l’epica in una storia, saper far entrare in scena ogni elemento nell’istante ideale.
Le Due Torri sarebbero state diverse se Gandalf non fosse arrivato al momento giusto durante la Battaglia del Fosso di Helm. Stessa cosa per l’entrata in scena dei Morti di Erech guidati da Aragorno alla Battaglia dei Campi del Pelennor, o la galoppata dei Cavalieri della Valle nella Battaglia dei Bastardi nel Trono di Spade. In questo senso, la sceneggiatura di Enoch è un capolavoro nel capolavoro: andrebbe fatta studiare non solo agli aspiranti autori di fumetti, ma anche a tutti quegli scrittori e registi che vogliono imparare a padroneggiare il fantasy come mezzo espressivo.

dragonero

Ma per esaltare una grande sceneggiatura, c’è bisogno anche di un grande disegnatore che sia capace di interpretarla, non solo di trasporla in immagini. Qui Giancarlo Olivares va oltre.

Lo conosciamo da tanto tempo, fin dagli esordi su Nathan Never e l’approdo su Dragonero, di cui ha disegnato il doppio numero 15 e 16, dove prendono il via le sottotrame che hanno poi portato alle Regine Nere, oltre che il primo numero di questa saga. Rimandi non casuali che trasformano il suo tratto in quello maestro di questa guerra che si farà ricordare a lungo. Difficile trovare qualcosa che non meriti di essere elogiato: ogni vignetta è arte tramutata in fumetto dove Olivares riversa tutto il suo vastissimo repertorio, fatto di tavole dettagliate, espressioni studiate, inquadrature altamente spettacolari e la capacità di giocare con tutti i particolari dei personaggi, dai vestiti alle espressioni. Ad esempio, è incredibile come riesca a dare un’anima alle Regine Nere che agiscono sempre coperte al 90% da un’armatura, o nel far risaltare la possenza di Gmor poco prima che ci sia da menare le mani, o la maestosità dei suoi Draghi che non sembrano affatto le classiche creature sputafuoco che di questi tempi si vedono praticamente da tutte le parti. Per non parlare poi delle sequenze d’azione: che si tratti di uno scontro all’arma bianca o di una poderosa battaglia campale, quando Olivares mostra mazzate, spade sguainate e ferite gocciolanti vorresti che non finissero mai.

Verdetto

Ceneri di un impero è la straordinaria conclusione della Saga delle Regine Nere, il tanto atteso evento destinato a sconvolgere lo status quo di Dragonero. Un’opera del miglior epic fantasy all’italiana tra le pagine di un fumetto che da tanto tempo non è più una sorpresa ma che riesce, ancora una volta, a stupire. Se non l’avete ancora letto, fatelo. Se non l’avete mai comprato, correte subito in edicola. Sareste dei pazzi a non averlo nella vostra personale libreria. Perché qui si sta facendo la storia.

 

Stay Nerd consiglia…


Se volete iniziare a seguire le avventure di Ian e compagni, vi consigliamo il Romanzo a Fumetti da qualche anno ristampato in un pregiato volume in libreria, oppure Dragonero – Le origini,volume da collezione. Se invece volete dare un’occhiata alle radici della Saga delle Regine Nere, non può mancarvi Minaccia all’Impero che ripropone gli albi 15 e 16 della serie regolare.

 

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!