Abbiamo potuto intervistare Kareem Ettouney di Media Molecule: abbiamo parlato di idee, progetti e sogni dello studio.
Gioco e strumento, storia ed esperienza, servizio e stimolo: nella ricca banalità di queste contrapposizioni si individua l’anima concettuale e politica di Dreams. L’ultima fatica Media Molecule rappresenta sotto molti punti di vista non un unicum ma certamente una rarità nel panorama videoludico: il progetto nasce infatti dal desiderio di rendere disponibile lo sviluppo creativo di un videogioco (ma non solo) per tutti coloro che possiedono una console, per chi non è abituato al linguaggio della programmazione e per chi si ritiene troppo distante dalla complessità dei software di sviluppo su PC.
Piuttosto che concentrarsi solo sul medium videoludico, però, Media Molecule ha voluto trasformare questo loro vero e proprio engine in un mezzo per esprimersi attraverso tutti i media possibili: musica, scultura, pittura, cinema e videogioco sono tutte forme di comunicazione utilizzabili all’interno di Dreams.
Inoltre, esattamente come accade con le versioni PC di progetti simili, lo studio ha reso disponibili delle condivisioni fluide e il riutilizzo dei contenuti, in modo tale che ottimi musicisti e compositori possano offrire le loro creazioni a game designer in cerca del giusto accompagnamento sonoro per il loro bullet hell appena ideato.
“Vogliamo trasformare un mezzo per l’impressione in un mezzo per l’espressione”, ci dice Kareem durante la presentazione, riferendosi alla frequente capacità delle console di sorprenderci con le loro splendide grafiche, ma che difficilmente riescono a essere anche un mezzo per creare ed esprimersi in modo profondo e complesso.
Ed è proprio dallo splendido desiderio di abbattere le barriere economiche e fisiche tra chi può sviluppare e chi no che nasce Dreams, che già dalla concezione del progetto inizia ad essere persino qualcosa di più: lo studio ha deciso di trasferire sullo sviluppo videoludico un concetto già diffuso da tempo nelle altre arti, quello della performance stessa come luogo e momento creativo.
Difficilmente infatti vediamo come “arte” quanto viene fatto nel dietro le quinte di un grande videogioco, osservando estasiati le ambientazioni di un livello senza però chiederci quale atto creativo le abbia generate. Numeri, codici e parentesi non ci evocano frammenti creativi come le note di una chitarra, eppure la funzione è la stessa.
Nel desiderio di dare luogo a questa visione, Media Molecule ha investito gran parte del tempo dedicato allo sviluppo nel tentativo di rendere bella, divertente e interessante anche la vista dell’atto creativo stesso. Per offrire un esempio diretto di tutto ciò agli invitati presenti, lo studio ci ha fatto osservare lo stesso Kareem intento a creare un livello ex novo su Dreams, facendoci cogliere innanzitutto la vastità dei modelli a disposizione, sia quelli creati da MM che quelli della community, e permettendoci anche di notare l’estrema semplicità con cui un intero livello è stato creato.
C’è da dire, ovviamente, che nelle mani di chi lavora al progetto da anni c’è una conoscenza talmente vasta delle sue dinamiche che forse sarebbe stato divertente da guardare in ogni caso, e quindi bisognerà aspettare che i novelli creativi si cimentino con qualche streaming per avere la prova definitiva che quanto sperato da MM sia diventato realtà.
In virtù di tutto questo, Kareem ha parlato di “Pinterest videoludico”, in cui spontaneamente i creativi hanno raccolto collezioni di modelli, musiche e livelli da condividere, sia per la gioia di chi li esplora sia per la convenienza di chi li userà.
Non è un caso se, alla mia domanda sul perché sia sembrato necessario inserire una campagna tradizionale in Dreams, Kareem abbia riposto così: “Tenendo bene a mente la finalità del progetto, la campagna principale è stata pensata come una sorta di divertente esempio sulle numerose possibilità del motore di gioco”.
Dunque, come già ampiamente preventivabile dall’early access, il cuore pulsante dell’esperienza Dreams rimangono le creazioni della community, l’incredibile varietà di opere offerta dal progetto, e ovviamente la disponibilità di un mezzo straordinariamente ricco per esprimersi.
C’è da dire che, nonostante questa incredibile ricchezza creativa, qualche compromesso verso la user experience sembra averlo fatto anche MM: un algoritmo che analizza il comportamento di chi gioca è sempre presente, iniziando a modellare i consigli e la home del gioco in funzione delle attività del giocatore. Di conseguenza, esattamente come con il fenomeno delle bolle social su Facebook e simili, si corre il rischio che Dreams si presenti come una teorica galleria d’arte che però diventa uno sfogo specifico e abbastanza limitato di pochi generi, che non sfida la capacità di esplorare l’arte dell’interattore.
A seguito di questa mia critica, Kareem ha risposto: “sì, sicuramente c’è una componente di supporto al giocatore che vuole personalizzare l’esperienza, anche perché credo che stimolare alla curiosità non sia qualcosa che si possa fare con un algoritmo: spero che saranno la community e i creativi a fare una cosa del genere, mostrando agli altri partecipanti del progetto quanta varietà sia presente su Dreams”.
In realtà, sarebbe fattibilissimo strutturare l’algoritmo per proporre sempre contenuti alternativi, ma era preventivabile che un progetto di una major così rilevante debba soddisfare certe esigenze produttive. In sostanza, almeno nel suo tentativo di essere una sorta di galleria d’arte videoludica (e non) interattiva, sembra che piattaforme come Itch.io rimarranno ancora le più adatte e complete nello svolgere questo compito.
In ogni caso, anche mentre parlavamo di trama e algoritmi, Kareem tornava spesso sul concetto di performance, dimostrando particolare attenzione e cura verso quest’aspetto della produzione. Dopo aver notato questo suo interesse, gli ho chiesto se l’obiettivo del progetto si avvicini di più alla galleria d’arte o al diventare una sorta di social network per console: “In realtà, spero che diventi entrambe”, ha risposto. “Pensa a YouTube, dove vedi il magnifico musicista che suona una delle tue canzoni preferite e nel video dopo c’è un artigiano che ti spiega come riparare i tuoi strumenti: vorrei che Dream, nel tempo, riuscisse a raccogliere tutte queste creazioni”. Entrambe, dunque, ma il modello di riferimento (YouTube) sembra essere comunque un social network.
Infine, al di là della volontà di rendere i passivi giocatori dei creativi attivi, non ci può domandare se degli artisti come loro abbiano pensato a come rendere proficuo per chi userà Dreams il tempo investito, al di là della bellezza del creare in quanto tale. “Ci è sembrato ridicolo vedere tutte queste cose così belle senza però poterle usare a fondo. Discutiamo da tempo con il team legale in Sony per sistemare la cosa, e speriamo di risolvere quanto prima. Ci stiamo lavorando, è ovviamente un processo molto lento, ma il nostro obiettivo è rendere realtà la possibilità di poter estrarre il tuo progetto e venderlo sul PSN”.
Dovesse avverarsi anche questo processo, Dreams diventerebbe davvero uno strumento fondamentale per i giocatori e anche per Sony, dato che renderebbe ogni singola console un piccolo e atipico dev kit, allontanando la terribile percezione della Playstation come luogo di consumo, e comunicandone una nuova veste: quella di un momento creativo nella quotidianità di chiunque voglia vivere quest’esperienza. Non ci resta che attendere il 14 febbraio (l’11 per chi ha già l’early access), e lanciarci in quest’esperienza di condivisione, creazione e curiosa esplorazione delle idee altrui.