Dungeons & Dragons: Il principio era il D20
Quando Gary Gygax e Dave Arneson fecero conoscere al pubblico Dungeons & Dragons nel 1974, difficilmente potevano pensare a quale impatto avrebbe avuto la loro creatura.
D&D, come viene chiamato dagli appassionati, condensava in sé il meglio degli archetipi fantasy, permettendo ai giocatori non solo di leggere ma anche di vivere un’avventura interpretando un eroe ispirato all’universo Tolkieniano.
Diverso fu forse l’atteggiamento degli sviluppatori di videogiochi. Già dalla fine degli anni ‘70 iniziarono a circolare numerosi programmi ispirati al gioco di Gygax e Arneson, dando origine nei fatti ai videogame RPG, un filone che nel corso degli anni ha visto una sempre maggiore quantità di titoli e di giocatori vestire i panni di ogni tipo di personaggio, guerriero, mago o ladro che fossero.
Nonostante la grandissima quantità di saghe e franchise sorti nel corso degli anni, D&D ha mantenuto un posto particolare nel cuore dei fan e delle case di sviluppo. Qualcosa che ha donato ai giocatori delle vere pietre miliari del genere.
Si aprono i cancelli
Se è vero che programmi dedicati a Dungeons & Dragons presero a circolare pochi anni dopo l’uscita della famosa “Scatola Rossa” è anche vero che in realtà ci volle un po’ di tempo perché fosse proposto ai possessori di un computer un videogioco ispirato al GdR.
Un vero e proprio videogioco RPG tuttavia arrivò solo nel 1988, anno di Pool of Radiance. Il titolo presentava molte delle caratteristiche del famoso GdR, permettendo ai giocatori di creare un personaggio scegliendo tra sei possibile razze fantasy (nani, umani, halfling, gnomi, mezz’elfi ed elfi) e quattro classi (ladro, mago, guerriero e chierico).
Era a tutti gli effetti una sessione di gioco di ruolo sviluppata su un programma per computer, permettendo agli appassionati di lanciarsi in un’avventura nella città portuale di Phlan, assediata da un’orda di mostri
Il titolo su accolto positivamente dalla critica, rimanendo per lungo tempo uno dei preferiti tra gli amanti del genere, dando il via a una serie a cui si affiancarono presto dei romanzi.
Pool of Radiance fu a tutti gli effetti l’inizio di un filone che vide lo svilupparsi di molti titoli dedicati a Dungeons & Dragons e a tutte le sua ambientazioni.
In una decina d’anni i giocatori videro l’arrivo di molti titoli e ambientazioni diverse. Ci furono Heroes of the Lance dalla saga di Dragonlance, e Eye of the Beholder nel filone dei Forgotten Realms
Ma il vero gioco destinato a segnare una pietra miliare nella storia del Gdr sarebbe arrivato solo nel 1998, portando i giocatori sulla Costa della Spada. Stiamo parlando di Baldur’s Gate.
Il titolo era forse tutto ciò che un giocatore di D&D potesse desiderare per il proprio computer. Non era una semplice avventura, ma una campagna di gioco di ruolo vera e propria, con una storia principale e numerose sidequest.
Impersonavamo così un orfano cresciuto nella città di eruditi di Candlekeep, intento a fuggire agli emissari del terribile Trono di Ferro. Sul nostro percorso avremmo formato un party, reclutando diversi personaggi e scegliendo come comporre al meglio la nostra squadra. Il tutto trovandoci immersi nella vita dei Reami, fatti di villaggi, miniere, templi, campi coltivati e locande, rappresentati dagli splendidi sfondi realizzati a mano.
Baldur’s Gate come detto era a tutti gli effetti Dungeons & Dragons portato su un PC. I giocatori si trovavano di fronte a un titolo che replicava le dinamiche del gioco di ruolo. Non solo c’era la crescita dei personaggi e il loro “livellamento”, ma venivano anche replicate le dinamiche di gruppo, vera magia di Dungeons & Dragons.
Vedere dei personaggi litigare, combattere e (perché no?) uccidersi per via delle scelte del protagonista era uno dei punti di forza del gioco. Una vera peculiarità mai raggiunta dai titoli successivi in tanti anni di pubblicazioni. Il tutto concedendosi anche i cammei di personaggi come Drizzt Do’Urden ed Elmister, amatissimi dai lettori e dai giocatori di ruolo.
I venti dell’inverno
Baldur’s Gate, pur con qualche piccolo limite, fu in grado di dare il via a un rinnovamento per il filone dei giochi basati su D&D. Ben presto sul mercato arrivarono nuovi titoli capaci di seguire quanto iniziato dal gioco di BioWare.
Pochi mesi dopo Baldur’s arrivò sui PC Planescape Torment, gioco che proponeva la Grande Ruota dei Piani come ambientazione. Planescape risultò un gioco diverso dal predecessore, con una trama avvincente in cui il protagonista senza nome doveva scoprire la causa della propria immortalità.
Il ritorno in grande stile nei Forgotten Realms sarebbe arrivato però l’anno successivo. Siamo nel 2000 quando i giocatori possono mettere le mani su Icewind Dale.
Oltre a proporre un’ambientazione molto amata come la Valle del Vento Gelido, luogo in cui si svolgono i libri di R.A. Salvatore, il gioco era in grado di adattare in maniera molto divertente le regole di Advanced Dungeons & Dragons 2.0, trasposte in modo efficace e intuitivo. E questo rese il gioco adatto anche a quanti non avevano messo mano a un set di dadi nella realtà.
Unico passo indietro rispetto a Baldur’s Gate fu forse la scelta di diminuire le sidequest e le meccaniche di gioco tipiche del predecessore. Black Isle punto più sulla trama principale del titolo, dando la possibilità di crearsi da zero l’intero party di gioco. Era quindi assente la figura di un solo protagonista.
Icewind Dale senza dubbio fu un titolo di successo, tanto da avere un seguito due anni dopo. Riproponendo lo schema dell’Infinity Engine e delle aree esplorabili dipinte a mano, il gioco adattò le regole della terza edizione di D&D, mostrando anche nuove linee di dialogo in base alla fede, alla classe e alla razza scelta dal giocatore a inizio partita.
Il 2002 non vide solo il lancio del secondo Icewind Dale. Fu anche l’anno di un titolo nuovo. Un titolo destinato a mostrare le potenzialità future del genere degli Rpg. Il 2002 fu l’anno di Neverwinter Nights.
Alla vista di questo titolo qualche purista amante di Baldur’s Gate scosse senza dubbio la testa. Dov’erano i bei fondali disegnati a mano di cui ci eravamo innamorati a Candlekeep e alla Locanda del Braccio Amico?
I modelli poligonali degli ambienti e dei personaggi sembravano decisamente più freddi, pur permettendo un’immersione maggiore nel gioco a tutti gli utenti. La possibilità di personalizzare il proprio personaggio, insieme al brillante adattamento delle regole di D&D, regalarono ai giocatori un gdr avvincente, catapultandoci nelle più bella città del Nord dei Reami, rendendoci degli eroi in cerca di una cura per la pestilenza nota come Morte Gemente.
Ma a rendere davvero unico Neverwinter Nights rispetto ai suoi predecessori fu la disponibilità data ai giocatori di utilizzare l’Aurora Toolset. Con questo programma compreso nel gioco gli utenti potevano creare la propria avventura personalizzata, dare vita a campagne da rendere disponibili a tutti i giocatori.
Questo aspetto faceva del primo Neverwinter un gioco di Dungeons & Dragons allo stato puro: in pochissimo tempo tutti i giocatori potevano imparare a sfruttare il Toolset e improvvisarsi dei Master, condividendo con gli altri giocatori avventure e Mod per arricchire e migliorare l’esperienza di gioco. Il titolo apriva le porte a una rivoluzione per il genere. Nell’epoca dell’online e con i MMORPG in crescita costante, Neverwinter Nights forniva una valida alternativa per gli amanti della connettività, senza allontanarsi dal GDR classico.
Il risveglio da un sogno
Le premesse gettate da Neverwinter sembravano essere tali da permettere un futuro roseo al filone. Un futuro che sembrava incarnato dal seguito del gioco, ma che invece non sembrarono mai portare i frutti sperati.
Neverwinter Nights 2 fu un buon videogioco GDR targato D&D, impreziosito anche da una valida riduzione delle regole dell’edizione 3.5 e con una storia e delle espansioni interessanti. L’esperimento non portò tuttavia con sé lo stesso entusiasmo del suo primo gioco. Come conseguenza, i Gdr ispirati a D&D si fecero più rari.
I videogiochi GDR ispirati a D&D sembrano via via essersi fatti più rari, fino quasi a scomparire del tutto. Certo, ci sono stati titoli chiaramente ispirati al filone nato con Baldur’s Gate, come l’ottimo Pillars of Eternity, eppure le strade di Dungeons & Dragons e dei videogiochi sembrano aver preso direzioni diverse. Per quei giocatori che dopo NWN 2 attendevano un nuovo titolo, magari con le regole aggiornate di D&D, il mancato arrivo di un nuovo gioco divenne presto una triste consapevolezza. Il ritorno alla dura realtà dopo anni vissuti nel sogno dei Forgotten Realms.
Per quanto sempre riproposti in nuove collection e presenti sui pc e nei cuori degli appassionati del genere, è difficile non sperare nel ritorno di un nuovo titolo, capace ancora una volta di donarci quelle dinamiche di gruppo, quel senso di avventura e quella voglia di costruire e far crescere un personaggio che solo Dungeons & Dragons è stato capace di donarci.