Le ultime stagioni della longeva serie BBC sembrano aver perso un po’ di smalto, ma non tutto è perduto e quella nuova promette molto bene
Come qualsiasi fan potrà confermarvi, Doctor Who non è solo un pilastro della cultura britannica e una serie tra le più longeve al mondo, con le sue trentasei stagioni-più-un-film; Doctor Who è anche – e soprattutto – una droga.
Iniziate a guardarlo, magari perplessi per gli effetti speciali imbarazzanti della prima stagione del nuovo ciclo, quella con Christopher Eccleston nei panni del nono dottore e Russel T Davies come showrunner, e vi dimenticherete velocemente degli alieni con le tute di gommapiuma, realizzando che non sempre sono necessarie tette al vento e cliffhanger di fine stagione per rendere una serie interessante.
The Twelfth hour
La dipendenza del pubblico dalle avventure del Dottore ha permesso al nostro Signore del Tempo preferito di arrivare, tra alti e bassi, alla sua dodicesima incarnazione (la tredicesima, considerando il War Doctor interpretato magistralmente, nello special per i 50 anni, dal recentemente scomparso John Hurt), quella con il volto, l’accento scozzese e le inconfondibili sopracciglia di Peter Capaldi, fan della serie fin da piccolo e Dottore molto convincente, che ha però avuto qualche problemino a farsi accettare dal fandom.
Sembra proprio che questo iniziale rifiuto dei fan nei confronti del nuovo volto del Dottore (e dire che per accettare il ruolo Capaldi ha ucciso il Cardinale Richelieu, personaggio che stava interpretando in un’altra serie della BBC, The Musketeers) abbia portato ad alcune delle scelte narrative del primo episodio in cui vediamo Capaldi in azione come Dottore. In Deep Breath, infatti, la companion del Dottore, Clara Oswald, non riesce ad accettare la rigenerazione del Signore del Tempo, rifiutandosi di vedere in lui l’uomo che era. Per la prima volta (escluso il già citato special The Day of the Doctor) una vecchia incarnazione tornerà in scena dopo la sua “dipartita”: Matt Smith, volto e corpo dell’undicesimo Dottore, telefonerà a Clara, spingendola, assieme alla velata Madame Vastra, a vedere oltre le apparenze e riprendere il suo viaggio nello spazio e nel tempo con il vecchio/nuovo Dottore.
Nel corso dell’ottava e della nona stagione anche i più scettici non hanno potuto che soccombere all’interpretazione del Dottore di Capaldi: sarà pure un vecchio acido, ma è un vecchio acido che suona la chitarra elettrica in piedi su un carro armato!
Alcuni dubbi, però, restano sull’effettiva necessità, nel momento in cui Capaldi lascerà il ruolo, di proseguire subito all’ennesimo recasting di attore principale e showrunner (sì, questa è la sesta e ultima stagione di Moffat come head writer).
In poche parole, non è il momento che il Dottore si prenda una pausa?
Companion nuova, vita nuova
Prima di vedere il primo episodio di questa decima stagione, intitolato sagacemente The Pilot, la nostra risposta sarebbe stato un forte e deciso sì, ma l’arrivo della nuova companion, Bill Potts, e i gossip più o meno accreditati che sono spuntati fuori negli ultimi giorni (come le anticipazioni sul prossimo special di Natale) ci fanno tentennare non poco.
Le due precedenti stagioni del dodicesimo Dottore sono state una montagna russa di emozioni con profondi baratri di noia e appena accennate collinette di esaltazione. Certo, dopo la storyline di Undici e l’esplosione finale di The Day of the Doctor, non ci aspettavamo certo un continuo crescendo, ma con la scoperta dell’esistenza di Gallifrey immaginavamo sicuramente un diverso comportamento da parte del Dottore, non che continuasse a girovagare più o meno senza meta per lo spazio e il tempo con Clara. La stessa signorina Oswald è diventata, a fianco di Dodici, sempre più saccente e autoritaria, quasi che la vera eroina della storia fosse lei. Proprio il cambio di companion è uno dei punti a favore di questa nuova stagione: se Clara era diventata, puntata dopo puntata, una terribile spaccacoglioni sempre pronta a criticare e biasimare il nostro eroe, trovare sullo schermo una giovane lavoratrice avida di conoscenza e in grado di rispettare “gli anziani” come Bill è un grande cambiamento. Non staremo qua a sottolineare il colore della pelle o le preferenze sessuali della ragazza: con lo stile che da sempre contraddistingue questa serie, ogni minoranza è sempre rappresentata e il fatto che Bill sia la prima companion dichiaratamente omosessuale non può cancellare il fatto che la già citata Madame Vastra sia una siluriana omosessuale sposata in epoca vittoriana con l’umana Jenny, senza dimenticare il Capitano Jack Harness e la sua profonda love story con Ianto Jones nello spin-off Torchwood.
Companion nuova, storia vecchia
Se proprio volessimo concentrarci su un aspetto di Bill, potremmo sottolineare il ritorno alle origini messo in atto con lei, che più di ogni altra companion finora ci ha ricordato l’indimenticabile Rose Tyler: la giovane età, l’appartenenza a un ceto basso e un lavoro che non ha niente di straordinario, ma soprattutto la straripante sete di conoscenza e di avventure. Non è facile, con la lista dei companion che si allunga a dismisura, trovare un modo fresco per ripresentare allo spettatore le frasi ricorrenti che sempre accompagnano l’ingresso in scena di un nuovo compagno di viaggio del Dottore, eppure Bill rompe gli schemi mantenendo la classicità del siparietto con due frasi ben assestate.
La companion interpretata da Pearl Mackie sembra promettere di nuovo quella semplicità ben rappresentata dalle spalle del decimo Dottore di David Tennant, quando ogni essere umano era importante, senza predestinazione e wibbly-wobbly-timey-wimey-stuff alle spalle, quando bastava prendere per mano una ragazza qualsiasi e urlarle di correre per vivere avventure impareggiabili in giro per lo spazio e il tempo. Ripetiamo, la run di Undici, i perfetti meccanismi da orologio che hanno mosso Rory, Amy e River Song restano un esempio di ottima scrittura televisiva, ma dopo due stagioni passate a inseguire pianeti scomparsi e profezie sconclusionate, abbiamo bisogno di un personaggio come Bill, di qualcuno che sappia sfidare il Dottore senza contraddirlo, che sia consapevole di avere molto da imparare da quella figura enigmatica che si propone di insegnare proprio a lei, che all’università non è neanche iscritta, ma ci lavora come addetta alle patatine fritte in mensa, solo perché l’ha vista sorridere davanti a uno dei suoi incomprensibili discorsi sul tempo e la sua relativa dimensione nello spazio.
Sebbene il pilot di questa nuova stagione non sia esaltante dal punto di vista della struttura verticale e il Mostro della settimana non sia niente di che, siamo molto curiosi della dinamica che si instaurerà tra il Dottore e Bill, grazie anche al piacevole sollievo comico portato da Nardole, spalla del Dottore che sappiamo però non essere presente in tutte le puntate.
Dottoressa chi?
Un altro ritorno che attendiamo con trepidazione è quello di Missy, ultima incarnazione della nemesi del Dottore, il Maestro, nonché primo esempio di rigenerazione con cambio di sesso (anche se sembra che negli episodi di questa stagione spunterà fuori di nuovo John Simm, che ha interpretato il Maestro prima di Michelle Gomez).
Quello di un ipotetico cambio di sesso del Dottore al momento della rigenerazione è un argomento delicato e controverso: se da una parte interi gruppi di donne continuano a chiedere a gran voce che ciò accada, e molti segnali sembrano suggerire che alla fine accadrà, noi continuiamo a domandarci se un Dottore donna sarebbe veramente un segno di gender equality e non l’ennesima battaglia superflua portata avanti dalle femministe della terza onda, sempre più attente al mondo dell’intrattenimento e sempre meno a ciò che succede in quello reale.
In fin dei conti Doctor Who è una serie inclusiva, attenta ai cambiamenti sociali che ci circondano, sempre pronta a rappresentare il mutamento che vorremmo nel mondo. Uomini, donne, alieni, cloni, ogni essere vivente (e pure qualche trapassato) è sempre stato trattato nella serie con dignità e comprensione, senza valicare mai, neanche una volta, i limiti tutti britannici dell’educazione e del rispetto.
I personaggi femminili di Doctor Who sono figure toste, decise, indipendenti, emozionali ed emozionanti, non infallibili ma pronte a chiedere scusa per i propri errori; in un panorama televisivo costellato di donne bidimensionali, donne misogine, donne costruite per essere desiderabili e assolutamente irreali, stentiamo a comprendere il bisogno di un Dottore donna, a meno che i produttori non stiano abilmente tramando alle nostre spalle una definitiva storia d’amore tra Billy e la rigenerazione femminile del Dottore, ma crediamo neanche Moffat si sarebbe mai spinto a tanto.
Donna o meno, tuttavia, Doctor Who è davvero una droga, come abbiamo scritto in apertura del pezzo e non possiamo ancora dire di averne avuto abbastanza.
Per questo motivo, come a un parente un po’ strambo ma divertente, si perdona tutto: gli archi narrativi noiosetti degli ultimi anni, uno special di Natale deludente come quello del 2016, perfino la mancata morte di Clara Oswald, tutto passa in secondo piano, come sempre, ogni volta che sentiamo la sigla, dopo mesi di attesa.
Perciò, SPOILER, no, non è il momento di nessuna pausa per Doctor Who.