Si stava meglio quando ci si annoiava di meno
Ultimamente c’è una domanda che mi pongo sempre più di frequente: i film in grado di incollarci allo schermo esistono ancora?
Ripenso spesso ai tempi dell’università e quando, giovanissimo, iniziai a fare questo mestiere e alla mole di film che riuscivo a divorare durante la settimana, sia per lavoro, sia per la necessità di recuperare qualche lacuna, sia semplicemente per piacere.
Quando a 20 anni mi ritrovai per le prime volte a festival cinematografici come Venezia o Roma ero in grado di vedere anche 4 o 5 pellicole al giorno, spesso più che deplorevoli, che rimangono indelebili nella mia memoria, come un certo Dust, documentario tedesco sulla polvere o film bengalesi o coreani con attori che guardano verso la telecamera. Eppure non mi pesava.
Sono passati quasi altri vent’anni da quei tempi e le cose sono drasticamente cambiate.
Guardare un film resta un piacere, ma il più delle volte quando si tratta di cose che ho già visto, cult intramontabili. E mi torna in mente una frase che anni fa mi disse un vecchio amico libraio, con tanti anni di esperienza sul groppone: “ormai non leggo più, al massimo ogni tanto rileggo qualcosa”. Si tratta di medium diversi, è vero, ma dieci anni fa queste parole mi parevano assurde sia relativamente alla lettura sia, a maggior ragione, se applicate al cinema o alla TV.
Eppure adesso mi ritrovo quasi nella stessa situazione. Il più delle volte guardare un film sta diventando un dovere e sono rari i casi trovo qualcosa che mi appassiona e mi colpisce davvero.
Mi domando allora, la colpa è mia? Non lo escludo a priori, poiché vedo intorno a me tanti coetanei o persone anche più grandi di me che continuano a provare quelle stesse emozioni di prima, ma al contempo mi viene spontaneo chiedermi se questo non abbia a che fare con un netto calo qualitativo del cinema.
Giorni fa guardavo per caso i film usciti 40 anni fa, nel 1983, che per inciso fu uno degli anni più fiacchi di quel periodo.
Scarface; Videodrome; Zelig; Re per una notte; Una poltrona per due; La zona morta; Il ritorno dello Jedi; Star 80; Frances, Wargames; Silkwood; Ufficiale e gentiluomo; Flashdance; Ai confini della realtà; Prenom Carmen; Strangers than paradise; eccetera, eccetera…
Uno qualsiasi di questi film, adesso, probabilmente vincerebbe l’Oscar a mani basse.
Senza contare poi che il cinema italiano proponeva titoli come Fantozzi colpisce ancora; Sapore di Mare; Acqua e sapone. Cose che adesso il 90% degli sceneggiatori non sarebbe nemmeno in grado di pensare.
Il confronto con la situazione attuale è impietoso. Perché?
Perché purtroppo, al netto dei loro numerosi pregi, l’altra faccia delle piattaforme di streaming è che hanno distrutto definitivamente il cinema, producendo tanta quantità a discapito della qualità, sempre più rara. Una grande fetta di pubblico continua a premiare opere come Bridgerton; Mare fuori; 365 giorni e via dicendo e di conseguenze tutte le piattaforme si uniformano a questo tipo di mercato, con la conclusione che film e serie da salvare restano ormai davvero poche.
Ho messo nel calderone anche le serie TV, sebbene nella maggior parte dei casi sono al momento quelle che riesco a vedere con maggiore piacere, forse anche per via di una fruizione diversa, dettata da un minutaggio più breve. Perché certo la durata media dei film, per i quali ormai è impossibile trovarne qualcuno sotto le due ore, non aiuta neppure mentalmente lo spettatore che si deve approcciare alla visione.
Potrei aggiungere banalmente che la nostra società tritatutto, che quasi ci impone di rilassarci il meno possibile, che sta portando all’estinzione della lettura in favore dei video su TikTok e una comunicazione sempre più breve e di impatto, stia anche portandoci a quel sentimento di frustrazione all’idea di dover sprecare due ore del proprio tempo per guardare un film, quando nel frattempo potremmo fare migliaia di attività ben più frivole e meno intelligenti (dipende dal film, certamente). E perché allora si continuano a realizzare film di tre ore? C’è qualcuno che li guarda davvero senza farsi distrarre in continuazione da messaggi whatsapp, video su Instagram, qualche like e magari anche una partita a qualche gioco online sullo smartphone?
Tutto questo è indubbiamente vero, eppure ritengo che buona parte del problema sia di quel sopraccitato calo qualitativo, o quantomeno le colpe vanno adeguatamente distribuite.
Quando guardo un film mi ritrovo sempre più spesso con quella terribile sensazione di già visto, perché – appunto – l’originalità sembra sparita, salvo chiaramente i soliti pochi registi in grado di farci finalmente incollare di nuovo alla poltrona.
Forse il punto è proprio questo, ovvero il fatto che ci ritroviamo sommersi da una valanga di sacchi di spazzatura e devastati dal loro odore nauseabondo, da non riuscire più a vedere cosa c’è al di fuori.
Un tempo – prima delle piattaforme e quando i biglietti del cinema non costavano un occhio della testa ma anzi, magari, il pubblico riusciva persino a godersi spettacoli gratuiti settimanali grazie a qualche abbonamento a compagnie telefoniche ormai desuete – c’era un ridotto numero di film distribuiti mensilmente e alcuni di questi li attendevamo con ansia. Adesso rischiano persino di perdersi nel marasma di uscite quotidiane.
In definitiva, non posso dire dove finiscono le colpe delle major, del mercato, e dove iniziano quelle del pubblico o più nello specifico le mie, ma so che sono stanco di annoiarmi davanti a un film, davanti a quella che un tempo era una passione prima che un lavoro, e vorrei tanto tornare ai tempi in cui riusciva a mettermi di buonumore persino un documentario sulla polvere.