La musica come strumento fondamentale della narrazione nei videogame, da colonna sonora a ricordo imprescindibile della nostra vita come videogiocatori
Nel mio solito giro su Facebook che inaugura tutte le mie mattine lavorative (cazzarola ci passo veramente troppo su Facebook), ho notato un piccolo e timido post di un collega di IGN, il buon Felice. Felice è un bravo guaglione, che da un po’ di tempo si diletta nella nobile arte del giornalismo di settore (ripensaci Felì) e che spesso scrive qualche post interessante e schietto. Lungi da me pubblicizzare il profilo di Felice, che sarà pure libero di scrivere i cazzi suoi su Facebook, egli stamattina si esprimeva positivamente sulla colonna sonora del recente Assassin’s Creed: Origins gioco che, per inciso, mi è piaciuto un bel po’ (BOOOM! Miracolo). Felice è sintetico e asciutto: la colonna sonora gli piace, a suo modesto giudizio spacca. E cazzo se ha ragione. La colonna sonora di AC: Origins piace un casino anche a me, ed anzi mi ha portato a pensare che Ubisoft abbia sempre avuto un certo gusto nel dare carattere al comparto acustico della sua serie a base di Assassini.
Ricordo ad esempio la prima verve elettronica nella soundtrack di AC II, che mescolava i cori di voci bianche rinascimentali ad una musica elettrica e spesso schizofrenica, tanto negli inseguimenti che nelle scampagnate fiorentine. All’epoca, ricordo, mi innamorai di quella colonna sonora, tanto da desiderare di possederne una copia su disco, cosa che – per un motivo o per un altro – non feci. Più tardi mi accadde lo stesso con God of War, quando con il terzo capitolo Santa Monica orchestrò le più pompose e affascinanti composizioni, per dare a Kratos ed alle sue ultime (che ultime non sono più da tempo) avventure, un fascino e una profondità musicale galvanizzanti.
A pensarci bene musica e videogame sono strettamente connessi, nella misura in cui sono artefici della nascita e dello sviluppo dei sentimenti umani; delle sensazioni più profonde, creatrici di gioia e dolore, strumenti empatici che ci siamo costruiti per comunicare o anche solo intrattenere. Se ci riflettete un attimo hanno le stesse funzioni, ma sono linguaggi diversi. Forse proprio per questo si fondono dignitosamente, più efficacemente di quanto non accada, ad esempio, tra musica e cinema. Almeno a mio modesto parere.
C’è da dire che questo paradigma è forse soggetto ai gusti personali, ma credo che il coinvolgimento emotivo tipico di una buona narrazione videoludica possa essere effettivamente più funzionale se non più trainante del suo corrispettivo cinematografico. Perché dei cinema si è spettatori passivi, e quella passività in qualche misura crea una barriera tra spettatore e medium. Nei videogame siamo invece tutt’uno con i personaggi. Procediamo con loro, a tentoni, su percorsi incerti. Soffriamo, moriamo, resuscitiamo come novelli Gesù Cristo digitali, sperimentando con essi una forma del tutto inedita di catarsi. Un qualcosa che si manifesta per la diretta sovrapposizione delle emozioni nostre come del protagonista, ed in cui la musica è come un ponte, una connessione tra le nostre sinapsi e quelle del personaggio della messa in scena. Penso che senza l’ausilio del pad, senza cioè quella profonda interazione, tutto sarebbe alla stregua del lavoro della pellicola la cui valenza non voglio assolutamente sottostimare, ed anzi, spero siamo tutti d’accordo che senza una buona fetta di buon cinema oggi il videogame non avrebbe neanche un briciolo della sua eccezionale valenza narrativa.
La musica, dunque, come strumento affascinante e potente, a mio giudizio, assieme alla narrazione, pietra d’angolo del videogame moderno che, quando lavora efficientemente, riesce persino ad azzeccare scelte musicali eccezionali anche in occasione dei lanci televisivi. Quanti di voi avranno cominciato ad ascoltare timidamente i Justice o i Woodkid dopo i trailer televisivi di Assassin’s Creed? O quanti si saranno avvicinati ai Nico Vega dopo la bellissima campagna pubblicitaria di Bioshock: Infinite? Qualcuno sarà persino finito ad ascoltare con regolarità musica house, seguendo il percorso musicale di Ellie Goulding che dal trailer di God of War: Ascension è finita poi ad essere la voce preferita del DJ e producer Calvin Harris.
Il gusto musicale messo in ballo dalla macchina della comunicazione di certe software house (Ubisoft complimenti, sul serio. Hai le palle quadrate quando si tratta di queste cose) ha avuto il lusso pregevole di portare all’attenzione di un pubblico immenso musiche, artisti, intuizioni che forse, e dico forse, sarebbero rimaste appannaggio di pochissime persone. Forse sto divagando, forse no. Come ho detto, penso che come da sempre accade, l’empatia suscitata da un videogame, o dalla musica in generale, sia un qualcosa di molto personale. E “personalmente” ho trovato in certi videogame delle canzoni che mi si sono attaccate addosso.
Ad esempio, mentre oggi tutti aspettano il nuovo album di Sia (in uscita in concomitanza al Natale), e tanti la idolatrano (giustamente) come una stella luminosa del panorama musicale, nel 2008 Ubisoft portava Sia a tutto il mondo (ed all’epoca la star non era altro che una piccola artista per lo più nota in Nord Europa, con giusto un paio di di video su YouTube tra cui Breath Me) con il suo trailer di Prince of Persia. A tutt’oggi questo semplice trailer mi lascia una sensazione di piacevole tepore. Ancora un caso, per quel che mi riguarda, è il bellissimo main theme de Il Professor Layton e il Futuro Perduto. Quel che so di me stesso è che io adoro la musica, ma odio ascoltarla mentre scrivo. Il mio cervello funziona un po’ per compartimenti stagni, per cui se deve buttare fuori un pensiero non può allo stesso tempo assorbirne un altro. Sarò scemo io, avrò i miei limiti, fatto sta che se devo scrivere, scrivo. Eppure proprio quel main theme è una piccola eccezione a questa regola, e quella colonna sonora semi-acustica, con quel ritmo cittadino che tanto mi ricorda Parigi, una città che profondamente amo, si lascia ascoltare anche quando dovrei fare altro, anche quando scrivo, o quando semplicemente ne sento il bisogno. La musica dei videogame ha un proprio fascino, un senso tutto suo, ed una dinamica che la rende, per certi versi, imprescindibile dall’esperienza del videogiocatore. Che siano i bit tartassanti delle musichette del Tetris, o il jingle della stella di Super Mario o le più complesse opere musicali, originali e non, dei giorni nostri. Che siano i remix di Assassin’s Creed, i cori di God of War o gli accompagnamenti poetici e sognanti di Breath of the Wild.
Non dovrete sforzarvi neanche più di tanto: ognuno di voi si porta un videogioco nel cuore, tenendo ben in mente le note armoniose del suo accompagnamento musicale. La musica e i videogame sono qualcosa di incredibile insieme, un veicolo eccezionale di emozioni, una calamita di empatie.