Dragon Ball Super è fan service. Puro e semplice fan service.
E così, dopo due anni e mezzo dal suo debutto, Dragon Ball Super conclude la sua programmazione giapponese con l’episodio 131. Un episodio “spumeggiante”, veloce e pieno d’azione, ma decisamente paraculo. Una “paraculaggine” conclusiva che non smentisce l’atteggiamento di Toei Animation lungo tutto il corso della serie, costantemente impegnata ad offuscare la vista degli spettatori con fanservice a go go, trasformazioni improbabili, e ultimamente, -finalmente aggiungerei- anche con qualche puntata ben disegnata e musiche galvanizzanti. Il tutto finalizzato però a mascherare una mediocrità dell’anime su tutti i fronti.
E ragazzi, io AMO Dragon Ball. Il manga di Toriyama è stato un fondamento della mia infanzia, e lo è stato anche della mia adolescenza, influenzando profondamente quello che sono oggi. E sono sicuro che sia un discorso che si potrebbe estendere a molti di voi. Per questo odio dover parlare male di questo Super. Per questo ho sperato fino all’ultimo che ne potesse venir fuori qualcosa di buono. E invece sono rimasto profondamente deluso. Ne ho già parlato circa un anno fa in questo SPECIALE, ma da allora i problemi di Dragon Ball Super (come la mia opinione) sono rimasti sostanzialmente invariati fino alla fine. Eppure il successo è stato innegabile. Più di qualcuno si è strappato le vesti per l’epicità dello scontro finale di Goku e Jiren, ma anche per tanti altri momenti della serie. A mio parere però non significa minimamente che ci troviamo di fronte al degno erede dell’opera originale. L’entusiasmo è stato totalmente ingiustificato, ma attenzione, non per questo risulta incomprensibile. La ragione è molto più semplice, che si voglia ammettere o meno risiede in questi 2 assunti: primo, Dragon Ball si vende da solo, basta il nome (è così con i videogiochi, figuriamoci con l’anime), e secondo, da che mondo è mondo, il fan service è il migliore specchietto per le allodole, perfetto per attirare l’attenzione di tutti quelli che ingenuamente –ma anche legittimamente per carità- vogliono solo divertirsi con uno show spensierato, senza pretese. Perché in fondo, secondo questi spettatori, Dragon Ball è sempre stato così. Quindi perché lamentarsi?
E invece NO. Dragon Ball, quello originale, era una cosa ben diversa. Il fatto che strizzasse la trama al minimo comune denominatore e che la progressione della stessa avvenisse tramite gli stilemi base degli shonen epurati da qualsiasi tipo di fronzolo, NON significa certo che fosse automaticamente un’opera semplicistica e riproducibile con efficacia semplicemente gettando sul piatto un pretesto dietro l’altro per inanellare scontri su scontri e ridando una spolverata a mille espedienti narrativi visti e stravisti. Non funziona così. Anzi proprio per compensare la sua “purezza e semplicità concettuale”, Dragon Ball eccelleva in tutto il resto. Dragon Ball era coerenza stilistica e narrativa applicata alle regole di potere che venivano scritte all’interno dell’opera stessa; aveva una verve naturale, che veniva fuori dal carattere del suo stesso autore, e che alternava comicità, ironia e drammaticità dando un carattere unico al manga. Era la ricerca del modo più accattivante e brillante di alzare sempre di più la posta in palio, minaccia dopo minaccia. E questo veniva fatto –incredibile a dirsi, e anche un po’ paradossale parlando di Dragon Ball- tenendo i piedi per terra, senza mischiare troppe carte in tavola. In Dragon Ball c’era l’energia spirituale e l’energia fisica, e la loro espressione sul campo di battaglia, tra pugni prepotenti e colpi energetici micidiali, era sempre chiara, ben gestita, riconoscibile, coerente e diversificata grazie all’enorme evoluzione di potenza che eroi e villains raggiungevano arco narrativo dopo arco narrativo. Super non è mai riuscito a dare concretezza agli scontri. I colpi fisici, in Dragon Ball erano visivamente d’impatto e spesso per questo addirittura iconici. Ricordiamo tutti ad esempio il potentissimo calcio nello stomaco di Vegeta verso Cell. O la gomitata sulla schiena di quest’ultimo in forma perfetta sulla schiena del principe dei Saiyan. Sono momenti rimasti impressi nella memoria del fan, che vengono tutt’ora ricordati con statue, poster, illustrazioni e quant’altro. E lo stesso si può dire delle tecniche spirituali: la Genkidama, il Kaiyoken, la stessa onda Kamehame ha. Cosa ha inventato Dragon Ball Super di veramente nuovo? NIENTE. Cosa ricorderemo di Dragon Ball Super? NIENTE. Coreografie banali, riciclate all’infinito, e colpi d’energia anonimi, uno stile ambiguo poco caratterizzato e poco definito nel rappresentare la natura delle tecniche usate (mistiche? magiche? spirituali? Boh..).
Nel Dragon Ball originale ogni scontro era pensato con grande attenzione al contesto specifico che andava a raccontare, aveva i suoi climax personali, le sue coreografie uniche, trasmetteva sempre qualcosa di diverso anche a seconda della preparazione dei vari guerrieri in quel particolare arco narrativo. In Super non c’era più niente di tutto questo. Potete benissimo prendere un pezzetto di un qualsiasi combattimento dall’inizo della serie alla sua conclusione e sostituirlo senza problemi con una sequenza d’attacchi presa da un altro scontro a caso. Tutto scorrerà liscio comunque.
Questo perché Dragon Ball Super è un collage di semplici e banali situazioni universali scarsamente rivisitate, perché non è stato figlio di vere e proprie esigenze creative, ma solo della volontà di mungere la vacca il più possibile. L’autore principale, Toyotaro, d’altro canto nasce come “imitatore”, prelevato di forza dal mondo della fanfiction e inserito in quello della “canonicità” senza però avere i numeri per tenere alta l’asticella della qualità. Perché non basta riproporre cose vecchie, o crearne di nuove palesemente derivative. Ci vuole un guizzo in più. Ma evidentemente troppe teste creano confusione: la gestione congiunta di Toyotaro, Toei Animation e un Toriyama palesemente svogliato (non ha manco avuto voglia di disegnare un artwork decente dell’ultima forma di Goku Ultra Istinto), non ha dato i frutti che io avrei sperato. Non ci sono mai state le idee chiare sulla direzione da prendere. Dragon Ball Super è stato un semplice mosaico di idee vecchie, prese dall’universo della fanfiction (come l’arco di Black Goku) o da quello di Dragon Ball originale, come il banale Torneo Del Potere. Un mosaico assemblato spesso all’ultimo secondo, con una Toei Animation che cambiava idea in corsa ogni settimana (e si notava tantissimo). Perché creare un personaggio come Beerus per poi non fargli mai più avere un ruolo concreto nella trama? Perché cambiare al volo il roster di eroi del settimo universo partecipanti al torneo, sostituendo un già annunciato Majin Bu con Freezer? E perché recuperare a tutti i costi quest’ultimo per la terza volta? Perché dare proprio le sembianze di Broly ad una delle saiyan femmine? Per far andare in brodo di giuggiole i fan, ecco perché. E per lo più delle volte ci sono riusciti, perché al fan medio di Dragon Ball basta questo. Perché per il fan medio, Dragon Ball È questo!
Ma no! Non lo è! “E allora se sei tanto bravo fallo tu un seguito di Dragon Ball decente!” Coraggio, so che vorreste dirmelo!
Il punto è che forse, e dico FORSE, un seguito di Dragon Ball all’altezza NON è fattibile. Forse Dragon Ball ha detto tutto con l’opera originale, che Toriyama è stato cosi lungimirante da concludere al momento opportuno. Forse non c’è modo di evolvere ulteriormente il viaggio di Goku, ma solo di presentarne una copia sempre più sbiadita ad ogni nuovo tentativo.
Oppure, magari invece basterebbe provare a tornare a parlare di avventura, come agli albori di Dragon Ball, o di crescita, perché questo vogliamo vedere noi, questo faceva grande Dragon Ball. La crescita dell’eroe, la crescita di Goku! E allora, se questa è andata ad esaurirsi dovevano metterlo da parte, e raccontarci -per esempio- dei figli. Di certo la soluzione utilizzata è stata la peggiore possibile. Rendere nuovamente rincoglionito Goku come fosse un ragazzetto sprovveduto, quando in realtà aveva già compiuto una evidente maturazione fisica e mentale nell’opera canonica (ma questo discorso si potrebbe estendere a quasi tutti i personaggi di Super) per raccontare di nuovo la sua crescita. Ma così l’ingranaggio si inceppa, qualcosa non torna, MOLTE cose non tornano. Non siamo più noi partecipi del destino di Goku, ma è Goku stesso costretto controvoglia a intrattenerci all’infinito in uno show eterno dettato dal business. Questo perché Dragon Ball non può esistere senza Goku, i fan voglio questo. C’’è da domandarsi se invece Dragon Ball possa esistere davvero come una volta ANCORA CON Goku, piuttosto.
Ma alla fine che importa? Cosa sono tutte queste seghe mentali? Inutili sproloqui di un nerd vecchio, brontolone e incartapecorito, che non c’ha capito un cazzo di come funzionano le cose. Perché dannarsi tanto? In fondo basta cambiare una singola cosa, il colore dei capelli, e siamo tutti pronti per ricominciare a sognare con Goku e compagni con lo stesso entusiasmo di sempre. Chiamali scemi…