In un periodo in cui il massimo del mordente nell’informazione pare dato da The Fappening e dall’uscita del nuovo 3DS, la mia attenzione è stata invece calamitata dallo sfogo di uno sviluppatore indie che, ai più, sarà certamente ignoto. Si chiama Cas ed è uno dei padri fondatori di una piccola software house chiamata Puppy Games che, sinceramente, ad oggi non ricordo per nessun capolavoro, se non per un post scritto dallo stesso Cas e datato appena qualche giorno fa.
L’articolo di quello che è a tutti gli effetti un blog si chiama, molto chiaramente, “Il perché siete inutili: il lato oscuro delle pubbliche relazioni indie” (Because you are worthless: the dark side of indie PR) e, sostanzialmente, risulta essere uno sfogo dello sviluppatore all’utente il cui “costo” effettivo è meno di un dollaro se si considera quanto poco costi su un app store qualsiasi una produzione indipendente a caso. Cas, senza mezze misure (ed invocando lo spirito di Phil Fish) si è messo contro i suoi utenti, giudicati pretenziosi e fastidiosi. Inutili, nel loro continuo lamentarsi e nella loro capacità di capire quanto sia positivo il feedback che possono dare/ricevere all’industria ed evidenziando, in effetti, come l’industry videoludica sia diversa da tutte le altre nelle sue interazioni con l’acquirente. Lo sfogo non si sa bene da cosa sia stato scaturito, ma come prevedibile ha indispettito molte, moltissime, persone e soprattutto gli utenti di Puppy Games che, non stentiamo a crederlo, si sono sentiti direttamente chiamati in causa.
Di quello che è il post (che vi invitiamo a leggere qui) non ci interessa dire poi molto, ma vale forse la pena riflettere un attimo non tanto sul significato che ci dà l’industria (uno sviluppatore come Cas), ma il valore che noi diamo a noi stessi identificandoci come “acquirenti”. Il potere d’acquisto è una cosa che generalmente definisce il sistema monetario. Premesso che spero perdoniate le mie scarse nozioni di economia politica, potremmo definirlo come la capacità di una moneta di acquistare una certa fetta di beni secondo il rapporto: quantità di un bene:unità di una moneta. Lo spiegone non va sottovalutato. Nel suo post Cas ci identifica precisamente come un qualcosa che ha potere di acquisto, ma che in fin dei conti non influenza poi tanto le meccaniche di una vendita, perché il prodotto in sé è così “economico” che il fatturato non subirebbe flessioni ingenti nella perdita di un acquirente, e dunque siamo inutili. Invocando Phil Fish, lo sviluppatore vorrebbe quindi letteralmente mandarci a quel paese. Perché? Perché l’utente di oggi, l’acquirente ha in qualche modo sovvertito il sistema ed ha provato ad imporsi sia alla base che al vertice della catena di sviluppo. L’utente, che per l’industria è denaro con i piedi, ha capito il suo ruolo fondamentale nelle meccaniche ed è diventato pretenzioso. Il blogger non usa peli sulla lingua e dichiara apertamente che l’acquirente videoludico è il più bastardo di tutti. Perché vuole per forza imporsi, perché è infelice, perché è incapace di dare un valore al lavoro di chi gli confeziona un prodotto che, per quanto commentabile, LUI ha deciso di acquistare.
State pensando a queste parole? State riflettendo sul vostro valore? Io credo di averci pensato solo distrattamente negli ultimi anni, ma poi penso a cosa è successo, per esempio, con il finale di Mass Effect 3 e in questa tesi rivedo tanti di quei sintomi che negli anni sono stati sottovalutati. È ovvio che dobbiamo spostare il discorso dalla pagina del blog di Puppy Games a meccaniche più ampie. Proprio perchè siamo denaro mobile è ovvio che si cerchi di accontentarci, secondo un paio di paradigmi fondamentali che hanno definito il mercato degli ultimi anni: costi e tempo di sviluppo. Se al mondo escono prodotti che costano fatica e anni di lavoro, e si devono interfacciare con un pubblico che non ha più imbarazzo nel dire in faccia (talvolta con toni veramente beceri) cosa ne pensa di quel lavoro, allora è ovvio che si intende il malcontento che è salito nelle zucche di certi sviluppatori, ormai sempre più stomacati dalle pubbliche relazioni. Pensateci, è come se in pizzeria vedeste un cliente che, all’arrivo del piatto, per l’insoddisfazione lanciasse una sedia contro una finestra e desse fuoco al locale. La cosa vi farà sorridere ma pensateci un attimo: e se succedesse davvero? Cosa succederebbe a voi come cliente che assiste alla scena? Avreste paura, vi stupireste, scoppierebbe il panico… non penso che, salvo non siate parimenti idioti, tirereste sediate anche voi. E se poi foste il padrone del locale? Se quel locale vi fosse costato sudore, lacrime, tempo?
Non ho mai nascosto il mio disgusto per le odierne dinamiche del mercato, che da qualche tempo tende a farci fessi e contenti (con le nuove console, poi, sembra la cuccagna dei boccaloni). Quelle meccaniche che hanno generato tutta una serie di malcostumi, soprattutto nelle modalità di vendita di determinati prodotti. Ma poi, a ben vedere, non c’è in questo alcuna contraddizione. Un mercato è un sistema di scambi, è un “do ut des”, un dare/avere. Le cose funzionano male in ambo i sensi. Avevo detto, in passato, che c’era stato un instupidimento da parte dell’acquirente, e che esso aveva fatto in modo che certe poltiglie pronte fossero messe in vendita ma l’instupidimento a cosa è stato dovuto? A questa domanda non avevo mai pensato e credo che ora la risposta sia lampante: dal potere di acquisto. Siamo diventati ebbri di potere, così scioccamente convinti di cosa diciamo, di cosa facciamo che le dinamiche di vendita si sono appianate ai gusti della massa e non sono più soggette di quella squisita sperimentazione che aveva dato via agli anni ’90. Diamine la differenza è così lampante che non è necessario andare a pescare dall’epoca Amiga, o da quella Atari. Basta poco meno di un ventennio perchè si possa fare un confronto. Abbiamo capito di avere un valore, e mentre prima questo pensiero ci coccolava, infine ci ha crogiolato. Abbiamo cominciato a voler “valere” così tanto, che in fin dei conti abbiamo perso valore. Ci siamo inflazionati e poi deflazionati. La nostra parola si è svalutata, le nostre idee pure, e oggi più che mai siamo vittime di una situazione stantia, in cui noi ci sentiamo in diritto di criticare e chiedere sempre le stesse cose, e chi crea non può fare altro che accontentarci.
La comprova? Qualche giorno fa Cas, lo sviluppatore di cui sopra, ha scritto un altro post. Un post di scuse, neanche tanto velate. Ci ha tenuto a sottolineare (probabilmente dopo mari e mari di lettere di odio digitale) che quello che aveva detto era stato frainteso. Che l’utente è importante, che la sua società ama i suoi utenti, che i più non hanno capito quel che lui voleva dire. Certo… come no. Avete capito gente? Riuscite a rendervi conto che stiamo vivendo in loop? Partite dal capo di questo articolo, e lasciatevi percorrere dal brivido. Terrore o potenza, dipende da voi.