Marvel ci prospetta ancora 20 anni di film. DC arranca con la sua Justice League. Iron Fist fa sempre e comunque cagare.
Questo non sarà l’ennesimo articolo sui film DC. Perché di Justice League si è detto anche troppo e in fin dei conti va bene così. Quella che vorrei proporvi è una riflessione su quanto sia saturo il mercato e quanto il tutto abbia assunto contenuti a dir poco paradossali.
I cinecomics hanno stancato? Credo sia una domanda più che legittima, anche se la maggior parte di voi adesso si fermerà, chiuderà il pezzo, e tuonerà tutto il suo sdegno: “No, gli incassi parlano chiarissimo!”. Sì ok, ma la domanda è un’altra. I cinecomics sono ancora film godibili? Generano ancora quella meraviglia autentica che qualcuno di voi avrà provato guardando, per dire, il primo Spider-Man di Raimi?
Io non credo sia colpa della critica, penso sia proprio una questione di bulimia. Il mercato dei fumetti, annesso al cinema, si è saturato, e se una volta c’era quella tensione data dalla sorpresa (e dall’attesa), ora è finito tutto alle ortiche. È un po’ la meccanica dei “big deal”, qualcuno annusa un nuovo affare e tutti corrono a cercarsi la propria opportunità. Il problema è che nella rincorsa agli incassi (perché ricordiamocelo: di questo si tratta) i film e, in generale, i prodotti sui supereroi, hanno cominciato ad avere una presenza sempre più preponderante nell’intrattenimento di tutti i giorni. Visto che spesso ci si diverte a far piovere merda su DC o Marvel, con tutte le conseguenze del caso, proviamo a parlare d’altro.
Netflix, ad esempio, ha messo in piedi il proprio mondo dei supereroi, le cui connessioni con il Marvel Universe sono nascoste (ma non taciute), seppur il tutto venga messo signorilmente da parte. Per Netflix il MCU esiste, e le storie della piattaforma digitale sono ambientate in quello stesso mondo, semplicemente le si accantona in sottofondo, lasciando che queste non siano tra le preoccupazioni degli eroi televisivi. Netflix si fa insomma gli affari suoi, e quando annunciò una serie su Daredevil, ci fu un tran tran mediatico di tutto rispetto, complice la “novità” del portare i supereroi Marvel in un formato più piccolo e familiare, quello di casa. Fu un colpo di genio, non solo per il modo in cui la serie era sceneggiata, ma anche per la capacità di staccarsi dal resto delle produzioni supereroistiche scegliendo, in primis, un personaggio estremamente fisico e fragile.
Il Daredevil di Netflix, per dire, non è il Batman del cinema, nella sua aura di superuomo, è uno che ha un potere abbastanza utile, ma che fondamentalmente si becca un mare di botte. Anche Freccia Verde (Arrow) fece lo stesso, ed infatti il successo fu quasi il medesimo, salvo più recentemente prendere una deriva decisamente più fumettosa, il che può essere un bene o un male a seconda della sensibilità dello spettatore. Tornando al confronto tra cinema e TV, la differenza, a mio giudizio, sta nell’ampiezza con cui si decide di trattare il tema del supereroismo, che per l’ambiente televisivo di successo è la scelta è di tenersi sul personale, approcciandovisi in modo più umano, e per tanti aspetti molto diverso dalla monumentale costruzione degli eroi al cinema, lì troppo impegnati a prendersi sul serio per essere, in qualche misura, davvero “seri”. Daredevil quindi ha successo, ed ecco che Netflix annusa l’affare e comincia a mettere in piedi un nugolo di altre serie, il tutto con l’intenzione di dare poi forza alla propria super quadra: i Difensori che, per inciso, semplicemente funzionano male. Perché? Perché ripropongono pedissequamente lo stesso concetto della saturazione al cinema. Troppa gente, troppa roba, troppo “supereroismo” spicciolo, e la grande assenza di un villain degno di questo nome (consci che, comunque, mai nessuno sarà ai livelli del Kingpin di Vincent D’Onofrio). Non hanno fatto meglio le altre serie, come Luke Cage o il terribile Iron Fist (dove, per inciso, è tutto sbagliato: dalla scelta dell’attore fino alle scene d’azione), e forse si è corretto il tiro solo con il più recente The Punisher, anche se lì pure non mancano momenti di stanca, creando un prodotto quasi borderline tra le origini e le più recenti calzamaglie in TV.
La sostanza è che non c’è più quella cupa fisicità che aveva caratterizzato Daredevil e il prodotto, in ultima istanza, non è più così diverso da giustificarne il successo. Se avete capito l’esempio allora dovreste intuire il perché i supereroi hanno rotto le scatole. La ragione è semplicemente da ricercarsi nel modo in cui tutti questi prodotti cominciano a somigliarsi, smettendo quindi di raccontare qualcosa di concreto e, se vogliamo, “diverso”. Torniamo al cinema ed al caso JLA/Avengers. Il film di gruppo dedicato agli eroi DC bazzica proprio in questi giorni, in cattive acque, con degli incassi che non sono all’altezza delle aspettative della produzione. Premesso che c’è sempre un certo limite imposto dai gusti della sala, a mio parere il problema più grande sta nella mancanza del progetto di una visione concreta che gli abbia permesso di essere una REALE alternativa agli Avengers di cui, ad essere franchi, è una copia quasi spudorata. Verrebbe allora da chiedersi: “perché gli Avengers sì e la JLA no?”. Forse perché alla DC è semplicemente mancata una visione d’insieme. Un piano che permettesse una costruzione più ponderata del suo universo cinematografico, la qual cosa non è invece successa in TV, dove Arrow e Flash hanno a dir poco spopolato, creando prodotti con una certa fascinazione per i fumetti e le rispettive saghe di riferimento. JLA non riesce a differenziarsi, diventa una copia, una versione “alternativa”, e senza un certo mordente che non sia dato dalle specifiche caratteristiche degli eroi del film; il prodotto ne risente e finisce per darsi la zappa sui piedi. Del resto credo sia innegabile che i film sui supereroi abbiano da tempo persino cominciato a copiarsi a vicenda, secondo un iter ben preciso: film di gruppo per presentare il supereroe di turno, film stand alone, l’attesa di un sequel o, a seconda della compagine, di un altro film corale dove magari si presenterà il nuovo eroe di turno.
Non ci vedo qualcosa che non sia un parco giochi per far soldi, dove gli eroi sono la moda del momento, che domani lascerà spazio a chissà quale altro universo condiviso, che sia Star Wars, un videogame a caso o una serie di romanzi particolarmente di successo. Sono dell’idea che certe cose, per restare belle, per avere senso, debbano morire con dignità. Certo di tanto in tanto esce una serie come The Punisher, in cui ci si riallinea decisamente a quello standard che aveva caratterizzato Daredevil (violenza, tematiche forti, grandi riflessioni sul senso del supereroismo), oppure uscite come Spiderman: Homecoming, in cui ancora una volta la presenza di un villain di spessore ci ricorda i fasti dei supereroi al cinema, ma a fronte di una produzione vastissima finiscono per essere poche sparute lucciole nell’oscurità. La questione, quindi, non è che i supereroi sono troppi. Il problema, semmai, è che hanno perso la voglia di reinventare se stessi al cinema. A questo punto, come disse Harvey Dent: “o muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”. Poi ti spulci qualche notizia in rete e scopri che già solo la Marvel ha in cantiere film per i prossimi 20 anni. 20 anni. Stando ad Alan Moore, il Joker ci ha messo molto di meno a perdere la testa.