El Reino è la nuova serie argentina su Netflix
Netflix ha capito che le serie latine fanno presa sul grande pubblico e ne sta producendo e distribuendo sempre di più, una più shockante dell’altra, ed El Reino (Il suo regno nella versione italiana) non fa eccezione. Stavolta il colosso americano scommette su un political drama argentino, le cui atmosfere thriller coinvolgeranno lentamente lo spettatore in un vortice fatto di intrighi, fanatismo e lotta per la giustizia, sia umana che divina.
Un pastore e il suo gregge
La nuova serie Netflix El Reino ha inizio nel bel mezzo della campagna per le elezioni presidenziali dell’Argentina e, in particolare, vediamo il pastore evangelista Emilio Vásquez Pena, il perno cui ruota tutta la serie, a fianco di un candidato favorito in qualità di suo vice. È proprio durante uno dei raduni del partito che il candidato viene assassinato da Remigio Cárdenas, apparentemente un pazzo omicida qualsiasi, che però si scopre subito far parte della congrega del pastore. A Emilio rimane dunque una scelta da fare: ritirarsi e tornare a dedicarsi esclusivamente alla sua florida attività di telepredicatore nella Chiesa della Luce oppure prendere in mano le redini della campagna, nonostante tutto, per diventare il nuovo candidato alla presidenza.
Fin dall’inizio, in fondo, non è mai stato da solo e non lo sarà nemmeno nel corso delle indagini condotte dalla procuratrice Roberta Candia. Tanti personaggi, infatti, gravitano attorno al pastore, alla sua Chiesa e al partito cui si è unito: a cominciare dalla moglie Elena, donna estremamente devota, e il resto della famiglia, altre personalità rilevanti si faranno strada sullo schermo per aggiungere tasselli a un puzzle costruito inconsapevolmente da Emilio stesso. Alcuni di questi, come Julio Clamens, braccio destro del pastore, e Rubén Osorio, ricopriranno fin da subito un duplice ruolo difficile da decifrare, mentre altri come il fedele Tadeo riveleranno sé stessi in corso d’opera, al momento opportuno.
El Reino, le “benediciónes” della serie Netflix
El Reino si propone di inserire subito lo spettatore di Netflix all’interno della storia di questo folto gruppo di personaggi, che si ritrova da un momento all’altro in mezzo a una vera e propria bufera mediatica. In seguito, però, ci si allontana da questi momenti concitati per approfondire i principali attori della faccenda, il loro coinvolgimento morale e, in alcuni casi, anche il loro passato.
Non possiamo praticamente rivelare nessun dettagli particolare per evitare spoiler ma anche per questo la serie ingrana velocemente: in 8 episodi, si passa dall’evento scatenante a una riorganizzazione in vista della nuova candidatura di Emilio, durante la quale le indagini vengono alternate da flashback, conflitti familiari e interessi personali che mettono il bastone tra le ruote alla procuratrice.
Lo spettatore non capirà subito i ruoli e il peso di certe azioni e parole, mentre sarà chiaro fin dall’inizio che alcune dinamiche sono fortemente codipendenti, perché risultato della stretta correlazione che si crea tra fede e politica, specie quando si accennano questioni sociali che infiammano il dibattito anche nel nostro Paese. Emilio, dopotutto, è stato scelto per la candidatura di vicepresidente e poi come sostituto proprio in quanto telepredicatore seguitissimo, capace di smuovere le masse di fedeli che lo seguono con la stessa intensità con cui lui stesso, come la sua famiglia, porta sempre con sé l’insegnamento di Cristo.
Quello che sanno in pochi è che anche la chiesa di Emilio, la bolla perfetta da lui creata, in realtà non è così immacolata come i marmi di cui è fatta. Questa corruzione dello spirito non trasparirà del tutto se non praticamente verso la fine della serie, quando tutte le sottotrame finalmente si riuniscono portando a un finale che lascia chiaramente intendere potrebbe esserci un seguito.
El Reino è un’ottima produzione latinoamericana
La prima stagione di El Reino su Netflix è carica di rabbia e desiderio, per una volta non sessuale (come invece si vede in altre serie latine quali Sky Rojo), capace di piantare semi che starà ai singoli scegliere come coltivare. Non sarà mai facile distinguere tra fanatismo e abnegazione, grazie soprattutto ad attori capaci di prendersi il loro spazio davanti alla telecamera (primo fra tutti Diego Peretti nei panni di Emilio).
Lo spettatore riceverà dunque una lettura della realtà molto verosimile e soddisfacente (per quanto pur sempre di finzione), vista attraverso la lente d’ingrandimento di due mondi spesso e volentieri confusi tra loro e, per questo, sotto tanti punti di vista potenzialmente pericolosi se combinati insieme. Il problema sta proprio nel capire quando le due cose non sono più riconoscibili singolarmente, raggiungendo livelli di orrore e disgusto poi difficili da nascondere e risolvere.