Quando il teen drama incontra il thriller
Avete presente la famosissima produzione Netflix, Tredici (o 13 Reasons Why)? Dove la mistificazione del dolore, volente o nolente, ti porta a riflettere, anche brevemente, indifferentemente dalla meschinità del soggetto ricevente, riguardo le problematiche che può vivere un teenager nell’epoca del 2.0? Si riesce a comprendere il messaggio e a stigmatizzarlo in toto.
Certo, Hannah è il ricettacolo per eccellenza delle etichette volte a classificare qualsiasi vittima della società odierna (si salva giusto perché di origine caucasica), e nonostante l’interessante filo rosso che unisce le puntate, presentando passo passo tutti i personaggi ed infittendo il mistero, ogni tanto sfocia nell’esagerazione tipica dei teen-drama. Tralasciando ciò però, che ti sia piaciuta o meno – personalmente l’ho apprezzata molto – si riesce a riconoscerne il potenziale e le qualità tecniche e registiche.
Ecco, prendete Treidici, aggiungete un po’ di Riverdale, togliete il messaggio ed inserite un sacco di situazioni controverse, ed avrete Élite, lo show potenzialmente più mainstream, commerciale e, nonostante il potenziale messaggio, politicamente scorretto di Netflix.
La storia, brevemente, tratta di tre ragazzi di basso ceto sociale che finiscono in un liceo di super ricchi, vengono ghettizzati dalla “fauna” locale, inizia una serie di vicissitudini amorose, ci viene mostrato tanto bullismo, molta droga, omosessualità repressa, discriminazione religiosa, tanta infamità e un bell’omicidio. Perché è ovvio che nello show che voleva descrivere i 16enni come delle bestie non si poteva omettere un morto, l’elemento fondamentale per qualsiasi drama odierno che si rispetti.
Ovviamente questo è probabilmente l’inizio peggiore per poter invogliare qualcuno a “godere” dell’ultimo prodotto di punta di casa Netflix (che riesce a fare anche cose di pregevole fattura, soprattutto a tema horror negli ultimi tempi), ma sostanzialmente, e non esagero, in queste poche righe si concentra tutto quello che c’è da sapere riguardo Élite.
Perché qualcuno dovrebbe iniziare a vederlo, oltre che per curiosità?
Potrei dire che è il prodotto giusto per cavalcare l’onda generata da alcune serie di taglio similare, ma la risposta più interessante e drammaticamente veritiera che vi posso dare è che la creatura ideata da Carlos Montero e Dario Madrona è dannatamente brava a mostrarvi il niente e, nonostante ciò, intrattenervi.
Quasi per un trip onirico finirete catapultati nel mondo liceale spagnolo e desidererete arrivare alla fine della storia senza un reale motivo.
Oltretutto la prova dei ragazzi è altalenante e non troppo convincente, eccezion fatta per Jaime Llorente (già famoso grazie a La Casa di carta), il quale dimostra di essere un gradino sopra agli altri personaggi di scena, e l’interessantissimo Miguel Bernardeau (Guzmàn), interprete del personaggio più affascinante tra tutti. Nonostante il resto del cast non entusiasmi, venendo, oltretutto, aiutato poco dai vari tagli registici che risultano abbastanza scontati e banali, la trama vi riuscirà ad incuriosire sino in fondo.
Ovviamente non avrete lo spasmodico bisogno di andare avanti costantemente come in Peaky Blinders o Stranger Things (riuscendovi a salvare dal binge watching almeno una volta), soprattutto per un ritmo molto diluito fino a diventare incalzante solo dopo la quinta puntata, ma la concatenazione di eventi, in concomitanza con qualche finale di puntata condita da cliffhanger, appassionerà anche lo spettatore più scettico.
La trama, infatti, per quanto boriosamente già vista ed ampliamente satura di elementi narrativi ridondanti, riuscirà a tenere a galla l’interesse sino alla risoluzione finale.
Il taglio è il classico da teen drama adolescenziale, come già anticipato, con qualche “crudezza” aggiuntiva a livello contenutistico, e con le solite estremizzazioni del caso, ma la sequela di eventi risulta per niente scontata e degnamente proposta sullo schermo grazie ad un’interessante fluidità strutturale, mostrandoci alcuni spunti molto interessanti, tra i quali la tematica dell’omosessualità che non viene ostracizzata (come solitamente accade per timore di non apparire gay friendly), e risulta affrontata con maturità e la giusta naturalezza.
Passando alla componente un po’ più tecnica, una volta archiviate alcune scelte registiche tipicamente “latine”, si potranno apprezzare le numerose sequenze in interni incredibilmente ampi, spaziosi e vuoti, ma paradossalmente opprimenti ed ovattati, quasi contornati da un alone che metterà lo spettatore ed i protagonisti a disagio, incapaci di trovare appigli sicuri e familiari.
Sorvoliamo l’analisi della colonna sonora prevalentemente ispanica, indirizzata ad un pubblico più avvezzo a questi sound tipici da barrio.
Élite, sostanzialmente, non vi dirà nulla di nuovo, non vi farà balzare dalla sedia, avrà anzi un gusto già assaporato, ma l’aggiunta di qualche spezia vi incuriosirà offrendovi un piatto interessante, non per forza memorabile, che tuttavia desidererete inconsciamente assaggiare e, perché no, finire completamente.
Se Élite vi intriga…
Allora rimarrete soddisfatti senza dubbio da Big Little Lies (con Nicole Kidman), o Le regole del delitto perfetto.