L’unione fa la forza
Embesr of Mirrim, titolo dal team di Creative Bytes, è stata una piccola sorpresa. Non vi nascondo che è stato un piacere approcciarmi al gioco sin dall’inizio, perché sapevo si sarebbe trattato di un platform, genere che nella sua concezione più “pura” diciamo, vede la pubblicazione di esponenti degni assai di rado. Poche volte si riesce a trovare il modo di sfruttare la formula in maniera efficace e soprattutto fresca, ecco perché un buon platform arriva spesso come un fulmine a ciel sereno. Fortunatamente Ember of Mirrim è proprio uno di questi.
Il setting del titolo è tanto affascinante quanto surreale. In una indefinita regione del mondo, tra valli, monti e foreste, esistono due razze di animali dalle fisionomie feline, come fossero una specie di incrocio tra una volpe e un gatto. Queste due razze si odiano, ma due esemplari di esse, finiranno per fondersi letteralmente, creando un ibrido che unisce le peculiarità di entrambe le forme, per combattere una misteriosa razza aliena che pare minacci l’ecosistema del territorio. La “storia”, se cosi possiamo chiamarla, di Embers, è raccontata tutta senza un dialogo, ma solo tramite evocative scenette che in qualche modo riescono a descrivere la situazione ed esprimere quello che il nostro protagonista quadrupede vuole comunicare. Il gameplay come accennato è quello di un normale platform con dei controlli molto puliti e precisi. La visuale è quella delle 2.5 dimensioni, ovvero laterale, come un qualsiasi platform vecchio stampo, ma che ogni tanto si prende la libertà di cambiare leggermente la prospettiva, pur incanalando comunque le possibilità di movimento al solo asse orizzontale. Il nostro volpino potrà scattare, saltare e compiere un balzo a mezz’aria verso il terreno, in modo da rompere la roccia sotto i suoi piedi ed aprire dei varchi per proseguire. Fin qui tutto normale, ma c’è molto, molto di più dietro le meccaniche di Embers of Mirrim.
Il protagonista infatti potrà dividersi in due entità che prenderanno la forma di globi: uno verde di luce, e uno viola oscuro. Da questa caratteristica di dipaneranno molte altre riuscite dinamiche all’interno dell sviluppo del gioco. Premendo i grilletti come detto, ci divideremo per un breve lasso di tempo in questi due spiriti svolazzanti e potremmo muoverli indipendentemente nello schermo, uno con la leva sinistra e uno con la leva destra. Il level design del gioco è quindi fatto per fruttare in molteplici modi questa caratteristica. Per lo più si tratta spesso di attraversare passaggi chiusi da griglie dello stesso colore dei due globi, ecco quindi che con quello verde potremmo attraversare solo i passaggi verdi e con quello viola quelli del medesimo colore. Mentre attraversiamo queste aree colorate non ci saranno limiti di tempo entro il quale i due globi dovranno riunirsi nell’animale originale, ma dovremmo comunque stare attenti al fatto che non possono distanziarsi troppo, e muoverli con coordinazione quindi in “corridoi” orizzontali o verticali paralleli ma spesso diversi l’uno dall’altro, cercando ovviamente di non colpire pareti spinate e quant’altro possa comportare il dover ricominciare dal checkpoint. La progressione del gioco grazie a questo espediente risulta molto ben giostrata e il ritmo dell’avventura è sostenuto tra continui e sempre più complessi passaggi tra la forma normale e il controllo delle due entità. Tutto si giocherà sempre sulla difficoltà di doversi concentrare su movimenti diversi che dovrete effettuare con gli stick del pad in contemporanea (come detto nessuno dei due spiriti può rimanere indietro) oppure sulla necessità di prolungare la metamorfosi che altrimenti durerebbe solo pochi istanti, cercando di passare sopra particolari “interruttori”, apparentemente fatti della nostra stessa sostanza di luce e oscurità, per raggiungere altezze o luoghi altrimenti inaccessibili.
A questo si vanno ad aggiungere altre proprietà delle nostre due nature. Infatti potremmo interagire con i curiosi esseri che compongono la fauna del livello provocando differenti reazioni. Ad esempio potremmo toccare con la luce dei fungoni e questi apriranno la bocca per estende in orizzontale la loro lunga “lingua” che potremmo usare come ponte, allo stesso modo toccandoli con la tenebra si trasformeranno in catapulte su cui saltare per raggiungere altezze considerevoli. Questo tipo dinamiche si ripresenteranno in svariate forme in altri modi diversi che vi lascio il piacere di scoprire e che tutte insieme andranno a comporre un quadro più che soddisfacente sul fronte della varietà, soprattutto visto e considerato il non trascurabile fatto che funzionano, e funzionano alla grande in quasi tutti i casi. C’è infatti qualche sezione macchiata da una leggibilità imperfetta sul piano di “cosa dover fare e come”, momenti in cui, una volta scoperto il modus operandi richiesto per la prosecuzione, vi lascia la sensazione che l’interpretazione del game design in tal punto sia un po’ forzata e poco spontanea. Ma come dicevamo all’inizio, fare un buon platform è tutt’altro che semplice e questi piccoli nei non rovinano in fin dei conti la fluidità e piacevolezza dell’esperienza. Sono presenti inoltre alcuni collezionabili da dover scovare negli angoli nascosti dei livelli. Ma non aspettatevi uno sviluppo della mappa complesso, rimane un gioco molto lineare che a volte cela qualche passaggio poco visibile in cui potrete trovare o un vostro compagno da liberare oppure una serie di punti luminosi da unire, passandoci sopra con il solito metodo della dualità corporale del protagonista, per formare un disegno.
Verdetto
Embers è un gioco sicuramente meritevole della ventina di euro che dovrete scucire per scaricarvelo. Tecnicamente si presenta come un prodotto modesto, certo, ma non per questo gli manca una grande dose di ispirazione che riesce a trasmettere in una veste estetica semplice ma piacevole, una colonna sonora evocativa e un gameplay finemente realizzato che nelle poche ore necessarie a finire il gioco non mancherà di sorprendervi e rendersi intrigante a più riprese. Se amate i platform e non cercate una storia particolarmente articolata o una grafica “all’ultimo grido”, sicuramente è il gioco che fa per voi.