Morte di un presidente giocatore
Sono un Nintendista. Lo scrivo con la lettera maiuscola perché così lo sento. Inutile tirare fuori luoghi comuni sempre associati a Nintendo, che ormai ci hanno un po’ sfracellato i cosiddetti, non mettiamo in questo calderone le solite cose, come i personaggi iconici, la storia dei videogame, la dominazione durante gli anni 80 e la caduta in picchiata. Non diciamo che tanto Zelda e Super Mario fanno parte dell’immaginario collettivo. Non siamo qui per parlare di queste cose trite e ritrite.
Siamo qui per toglierci il cappello e inchinarci davanti a Satoru Iwata, una delle persone più carismatiche e intraprendenti che la casa di Kyoto abbia messo sotto i riflettori. Una vita passata a videogiocare e creare il divertimento per gli altri, finita all’improvviso, senza possibilità di respawn…
Videogiochi, che passione
La vita di Satoru Iwata prima di Nintendo è fatta di videogame. Da ragazzo ci gioca e per passare il tempo e ovviare a una cronica mancanza di denaro, li inventa e li fa giocare ai suoi amici. Un po’ come fece Asimov un bel po’ di tempo fa, quando non poteva comprarsi i romanzi di fantascienza e decise di scriverli per poterli leggere nel tempo libero… Due geni, completamente diversi per attinenze, campi e finalità, che hanno scelto la stessa strada del fai da te.
Iwata ha proseguito un passo alla volta, diventando finalmente programmatore e dipendente a tempo pieno di una delle società di realizzazione di software videoludico tra le più importanti, gli Hal Laboratory, quelli responsabili della nascita dei Pokemon e di Smash Bros. E subito, anno dopo anno, Iwata ha mostrato la sua vera pelle di leader carismatico, scalando la gerarchia aziendale fino a raggiungere il ruolo apicale. Grazie al suo senso per gli affari e alle sue conoscenze in molti campi (informatici, economici, videoludici), Iwata salvò HAL Laboratory dalle cattive acque del fallimento e la riportò in auge facendola rinascere quasi dalle proprie ceneri.
Nintendo e la visione di Iwata
Nel 2000, dopo diversi decenni a farsi valere nel difficile mondo dell’home entertainment, Iwata finalmente approda a Nintendo e nel giro di due anni raggiunge il vertice della piramide aziendale. Non sapremo mai cosa il vecchio Presidente Samurai Yamauchi vide in quel ragazzo con i capelli a forma di Goomba, non sapremo mai cosa si siano detti e non sapremo mai quale fu (se ce ce fu uno) il prezzo che Iwata era pronto a pagare per prendere in mano le redini di Nintendo, ma sappiamo che Satoru, il ragazzo di Sapporo che amava programmare videogame su un vecchio calcolatore, stava per prendersi una enorme responsabilità, di quelle che davvero non ti lasciano chiudere occhio per diverse notti di fila.
Nei primi anni del nuovo millennio, Nintendo navigava in cattive acque inseguita da tornado e tempeste che non accennavano a smettere e stava perdendo fan e soldi come noccioline. Iwata mostrò al mondo intero che la Mamma di Super Mario non avrebbe più tradito i suoi accoliti e che è possibile guarire da tutte le ferite, anche le più profonde, se si ha abbastanza forza di volontà e un buon team che sforna idee su idee..
Nacque così il Nintendo DS e a poca distanza la Wii (nota come Revolution). Il mondo degli handheld non sarebbe più stato lo stesso e questo lo sappiamo, laddove invece tra le console casalinghe forse ancora non si riusciva a trovare il giusto equilibrio. Certo dire che le innovazioni (perché di quello si tratta) introdotte da Nintendo siano passate inosservate e non abbiano lasciato una pesante eredità è oltremodo superficiale. Davvero, basta guardare il Move, i concept per tutti giochi basati sul motion sensing e i simulatori di sport e ginnastica… Tutto è partito da lì, dalla Wii, dai suoi Wii Mote e dal software che li accompagnava.
Satoru Iwata ha avuto il pregio di aver voluto fare le cose a modo suo e basta, assolutamente fuori dai canoni, rispettando la filosofia Nintendo, fregandosene altamente di tutto quello che accadeva intorno, convinto delle proprie idee e forte di poterle far prevalere.
Immaginate un altro Presidente che decide di annullare i momenti grandiosi di contatto con il pubblico, come le conferenze pluritematiche e i floorshow esplosivi, per frastagliare l’informazione in tanti video brevi e veloci, in cui lui stesso presenta le novità in arrivo. Non è mai successa una cosa del genere, prima dell’arrivo di Iwata-san. L’introduzione dei Nintendo Direct ha creato un ponte couinicativo continuo e facilmente fruibile, perenne e accessibile da qualsiasi dispositivo, un contenitore perfetto da cui apprendere le notizie che la grande N divulgava, tanto che ogni singolo Direct era un mini evento, più importante di qualsiasi annuncio su rivista o intervista a qualche tv semisconosciuta. Nintendo, con questa idea avuta dal suo stesso Presidente, ha quasi inventato il videotweet, un sistema ramificato e intelligente di gestione e lancio delle informazioni, che aveva come portavoce il Presidente stesso, forse la persona meno telegenica del globo, ma sicuramente quella che più di tutte poteva permettersi di parlare di quello che la sua azienda stava facendo. Avrebbero potuto utilizzare un attore, un attrice, un’altra delle mille personalità dal volto noto made in Nintendo, avrebbero potuto mettere una delle loro decine di mascotte, ma invece no, Iwata ci ha voluto mettere la faccia, sempre e comunque, perché l ‘azienda era sua e lui la stava rappresentando, senza interposta persona. Un gran coraggio.
Mille e mille idee
Iwata si è sempre considerato un business-man indubbiamente, un presidente di una delle più importanti case di produzione di software e hardware, ma prima di tutto era un programmatore e un videogiocatore e questa caratteristica è sempre emersa dai suoi discorsi e dai progetti che ha portato avanti e promosso nel corso della sua onorata carriera. Pensate al format ‘Iwata Asks’, dove con piglio colloquiale e sorridente, conduceva delle interviste ai realizzatori dei videogame interni a Nintendo. L’ultimo che ho letto è stato quello dedicato a Splatoon (altro piccolo capolavoro che vede Iwata in testa nella promozione del titolo), dove il Presidente snocciola domande, anche bastarde, ai suoi dipendenti in diverse pagine di intervista, analizzando aspetti realizzativi, riguardanti il concept e lo svolgimento del gioco, facendo quelle domande che tanto caratterizzano la filosofia Nintendo: fa divertire? E perché? Si scoprono tante cose, leggendo queste interviste, e soprattutto se ci si ferma un attimo a pensare, si capisce quanto quelle sottigliezze nascoste dietro i punti interrogativi e tutte quelle domande svelassero della profonda conoscenza del mondo dei videogame che Iwata aveva. Immaginate di essere un programmatore e di aver appena messo in piedi un videogame di cui siete orgogliosi. Ora presentatevi davanti al vostro capo e descriveteglielo nei minimi particolari tecnici, sapendo che lui capisce perfettametne quello che state per dire e che non potete prenderlo per il culo, come fareste con qualsiasi altro uomo d’affari o colletto bianco che non sa neanche cosa sia un pixel… Ecco servito il senso dell’Iwata Asks: Noi in Nintendo non stiamo qui a cazzeggiare…
In una lunga intervista al Time, una delle ultime rilasciate dal celebre numero uno Nintendo, Iwata ha espresso la sua linea di pensiero e per esteso anche quella aziendale su alcune meccaniche e innovazioni che stanno emergendo in questi ultimi tempi nel mondo dell’entertainment casalingo. Molte affermazioni sono opinabili, ma sicuramente ci fanno capire lo spirito e i capisaldi su cui Iwata ha condotto la sua presidenza. Ad esempio, in merito al gioco Free to play, con molto candore affermò che il nome più onesto sarebbe stato quello di Free to start, stigmatizzando l’aspetto allettante del gioco gratis che si trasforma in un mondo succhiasoldi. D’altronde, non nega che l’esistenza di questo tipo di approccio sia del tutto sbagliata, individuando alcune nicchie di videogame in cui tale programma sia auspicabile e un bene sia per l’utenza che per chi i giochi li produce, puntando il dito appunto alle piattaforme mobile, dove presto Nintendo sbarcherà.
Ha anche detto due parole su chi accusa Nintendo di avere una tale mole di personaggi perfetti da eclissare ogni possibile nuova introduzione da parte di lavori di aziende esterne. Iwata molto semplicemente ha risposto che quelle mascotte iconiche servono soprattutto alle terze parti, rivelando un ragionamento non del tutto sbagliato. I vari Mario e Zelda servono a vendere le console a renderle potenti sul mercato, a indurre i videogiocatori ad acquistare le macchine. Quando una console diventa appetibile per l’utenza, automaticamente le aziende esterne a Nintendo cominceranno a creare progetti e prodotti per arrivare a quella fetta di mercato. Questa è la summa dell’esperienza avuta con Wii che ha navigato in cattive acque ed è stato salvato in parte grazie alla vendita di Wii Sport. Una fredda analisi del mercato che lascia a bocca aperta per la sua schiettezza e per quanto diretto sia il messaggio.
Un altro aspetto che Iwata ha sempre difeso (e a ragione, in un certo senso) è l’aspetto sociale dei videogame. Ricordiamo che Nintendo viene da una tradizione di giochi di carte, dove per divertirsi bisognava essere almeno in due ed essere uno di fronte all’altro, guardarsi negli occhi e insultarsi una mano dopo l’altra. Questo tipo di concezione è stata trasposta nei videogiochi, sempre. Iwata e con lui tutta Nintendo è convinto che tutt’oggi nonostante le mille e più possiblità di interazione a distanza, non c’è niente di più divertente che dare uno spintone al proprio amico seduto accanto in salotto, urlando la propria vittoria. Lo spirito del multiplayer è quello dello stare insieme fisicamente, e più siamo più ci divertiamo. I giochi social Nintendo si traducono in sistemi di divertimento estremamente semplici, aperti a chiunque abbia la voglia di leggere due o tre istruzioni in televisione. Immaginate Mario Party, Wii Sport o Nintendo Land come sola esperienza online e vi renderete conto come gran parte di certo divertimento vada a spegnersi.
Polemiche Polemiche e ancora polemiche
Iwata è stato un grande e ha portato Nintendo a un livello di magnificenza che nessuno si sarebbe aspettato, visto lo scatafascio del Nintendo 64. Purtroppo il periodo buio degli ultimi anni dell’era Yamauchi (il vecchio presidente) ha gettato un’ombra lunghissima sulla storia della grande N e Iwata si è trovato dentro, cercando in qualche modo di venirne fuori. Ora, in giro per l’internet, chiunque si sta strappando le vesti per la perdita di un grande del mondo dei videogame, ma purtroppo fino al giorno prima, la musica era tutt’altra. Chiunque avesse voce in capitolo si sentiva in obbligo di polemizzare su qualunque cosa facesse Nintendo, comprese le parole del presidente. Iwata ha raccolto fino all’ultimo ogni possibile critica, di qualsiasi genere, anche le più feroci con la calma e il savoir-faire granitico di un uomo al di sopra delle parti, limitandosi a ringraziare tutti per i feedback (come è accaduto dopo questo E3, quando chiunque sulla faccia della terra ha urlato di terrore alla vista di quel Metroid ibrido e orribile).
Iwata è stato davvero tante cose, ha fatto tante cose, ha reinventato la sua compagnia e l’ha fatta crescere nuovamente, si è trasformato da videogiocatore a presidente in una manciata di anni, ha continuato a professare la Nintendo Difference, lasciando dietro di sé un’eredità pesantissima con cui chiunque lo seguirà dovrà fare i conti. Poi purtroppo, il male incurabile che falcia ogni anno migliaia di persone, senza guardarle neanche in faccia, ha fatto capolino nell’esistenza di Iwata-san, mangiandolo e consumandolo un pezzo alla volta. Ci sono battaglie che possiamo solo combattere, perché il finale è ahimè già scritto. L’unica cosa che si può fare è cercare di andarsene da eroi e poter mettere le proprie iniziali in cima alla lista dei record. Come eravamo abituati negli anni 80.
E ora, Insert Coin, perché il mondo deve andare avanti con un’altra partita, ancora più ardua.