Innanzitutto grazie mille, è un piacere intervistarti. Cioè, chi non è cresciuto con la voce di Cristina D’Avena?! Siamo sinceri. Siamo onoratissimi di averti qui.
Grazie di cuore, davvero.
Prima ci siamo sentiti tutto il sound-check e valeva la pena ascoltarti prima del concerto di stasera.
Grazie.
Partiamo da una domanda secchissima: ma Cristina D’Avena li guarda i cartoni animati?
Beh, tanto li ho guardati e quando mi capita li guardo, sì. Mi piacciono e ti direi una bugia se ti dicessi proprio che li guardo tutti, che mi sono guardata tutti i miei cartoni perché non è vero, però quando mi capita i cartoni che amo, come Kiss Me Licia o come Sailor Moon, Occhi di Gatto, per parlare di quelli storici della mia carriera, sì, me li sono guardati tutti. Anche più di una volta, devo dire.
Se non erro tu avresti voluto fare il medico?
Io mi sono iscritta a medicina, ho anche quasi finito e sì, certo, se non avessi cantato avrei cercato di specializzarmi in neuropsichiatria infantile, per la precisione. Però il canto ha preso il sopravvento.
Ti sei trovata davanti a un bivio.
Non proprio. Più che un bivio, diciamo che io ho studiato e cantato contemporaneamente, mi facevo i miei esami all’università, andavo a lezione e poi ovviamente se prima davo gli esami nella sessione giusta, quando ho iniziato a fare i telefilm, o quando comunque i miei impegni erano diventati molto più fitti e più importanti, è normale che le sessioni non riuscivo più a rispettarle. Per cui magari preparavo un esame, poi passava un po’ di tempo e ne preparavo un altro, però se ti dico la verità, nella mia testa non ho mai detto “basta, smetto di studiare, o comunque non mi voglio laureare, canto e basta”. Se dovessi riuscire a terminare gli studi e laurearmi, lo farei volentieri.
La dottoressa D’Avena.
Certo, vado nel villaggio dei puffi.
Perché pensi che ci sia ancora così tanta passione da parte dei fan verso le canzoni dei cartoni animati? Cioè uno arriva a trenta, trentacinque anni e ancora ha questa passione e ancora se le ricorda tutte a memoria. Pensi che sia una questione meramente amarcord o forse c’è qualcosa di più, un segreto, un trucco?
Io penso che più il mondo va avanti, più c’è tecnologia, e più secondo me noi abbiamo voglia di cose semplici. Ultimamente ci emozioniamo poco, proprio perché abbiamo tutto a disposizione e le emozioni arrivano e così se ne vanno e fanno spazio ad altre emozioni. Prima invece le emozioni si gustavano di più, si apprezzavano un po’ di più. C’era più riflessione e tutto quello che capitava e ci arrivava, cercavamo di godercelo a pieno e di coccolarcelo un po’ di più, quel momento della nostra vita. Adesso invece va tutto talmente veloce che a un certo punto anche i ragazzi dicono “ma aspetta un attimo però, forse se facessi anche questo, o ascoltassi questo… ma perché tutti guardano questo cartone, perché vanno tutti da quella parte?” Perché noi che in realtà stiamo oltretutto costruendo tante manifestazioni di questo tipo, i cosplayer per esempio prima non esistevano, ce ne erano pochissimi, come le manifestazioni. I comics non esistevano. Adesso, come funghi arrivano. Perché i giovani hanno voglia di questo. C’è talmente tanta frenesia che poi ognuno di noi ci pensa e se vuole vestirsi da Batman lo fa. C’è la curiosità.
Lì arrivo io. Arrivo io e mi diverto perché in realtà la mia voglia, la mia energia, è rimasta sempre lì e non è mai calata. Anzi, forse si è potenziata ancora di più, si è arricchita perché in realtà questo è un mondo che mi appartiene. Che vi appartiene, che ci appartiene e in cui dobbiamo stare se ci piace.
Progetti per il futuro?
Guarda, ce ne sono tantissimi, anzi, vi invito a seguirmi sulle mie pagine social, comunque ci saranno tantissimi progetti, abbiamo tante riunioni, vorrei fare tanto. Spero di riuscirci perché se così fosse sarebbe una bella sorpresa anche per il mio pubblico.