Durante Etna Comics 2017, Stay Nerd ha avuto il grandissimo piacere di scambiare due chiacchiere con Aldo Baglio, il noto attore del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, che ha quasi monopolizzato la commedia italiana sul finire degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo, grazie a delle pellicole sempre brillanti, che hanno restituito al genere nuova linfa e una frizzantezza diversa.
L’attore è stato molto cordiale e, durante la manifestazione catanese, si è seduto insieme a noi per rispondere alle nostre domande.
Primi 25 anni con Giovanni e Giacomo. Fuga da Reuma Park è sembrato in qualche modo un punto d’arrivo, un ricapitolare quello che avete fatto insieme. Adesso vi state preparando per il futuro? Vi volete prendere un po’ di tempo per voi, dedicarvi a voi stessi?
Sì, vogliamo prenderci un po’ di tempo per noi. Penso ci sia una sorta di fermo biologico, e in questo momento abbiamo deciso di prenderci un anno sabbatico in cui ognuno si potrà esprimere come vorrà , per poi ritornare assieme. Abbiamo riflettuto sul fatto che il cambiamento possa essere proprio questo; c’è sempre la voglia di fare le cose insieme ma con un po’ più di libertà nel gestire la parte artistica. Credo che stiamo passando un periodo diverso da quello che abbiamo vissuto in precedenza, ovvero l’essere sempre insieme. Poi, naturalmente, c’è l’esigenza di fare le cose insieme perché funzionano, ma bisogna anche prendersi dei tempi propri in cui magari, per dire, io posso fare uno spettacolo con mia moglie o qualsiasi altra cosa.
Tu sei arrivato a Milano a 3 anni e quindi hai preso praticamente l’accento milanese. Puntare a caratterizzare un personaggio siciliano è stata una scelta dettata da cosa?
Sì, una persona mi disse: “Marììì che delusione!“. Comunque sì, è stata una scelta, e voglio raccontare che io ho sempre fatto le vacanze a Palermo e finite le scuole partivo subito, andavo giù da mia zia e dai miei cugini. Appena scendevo dal treno iniziavo a parlare palermitano. Però quando mi sono trovato a Zelig a fare uno spettacolo con un amico che aveva scritto Avana e Cognac, che era la storia di due mafiosi, lui mi ha detto: “prova a parlare siciliano”, e da lì è nato tutto. Io all’inizio provavo a fare un accento quasi modenese, dato che andava molto forte Paolo Rossi e quindi tutti scimmiottavamo un po’ lui, ma c’era l’esigenza di essere più vero e caratterizzarsi maggiormente, per cui mi sono approcciato al siciliano piano piano, e col tempo mi sono sentito davvero a mio agio e sono riuscito tirare fuori una maschera che poi è la gente che mi ricordo di Palermo, e mi piace vivere e rivivere in questo modo quella cultura delle strade, dei mercati. Diciamo che sono diventato bivalente.
Di recente abbiamo visto un lato di Aldo che forse non ci aspettavamo, con la tua mostra al Leo Galleries di Monza. Un Aldo artista.
Per me è come andare dall’analista, mi chiudo nella stanza e inizio a fare cose. Non so cosa faccio ma mi diverto. Mi sporco tanto.
Come hai iniziato ad esporre?
Lì è stata mia moglie, che ha detto “facciamo sgombero cantina”, mentre non c’ero, e sono arrivate queste persone, hanno visto un po’ di lavori e se li sono portati via. Io sono arrivato e non c’era più nulla. Lei m’ha proposto di fare questa mostra perché una sua amica avvocato ha una Onlus per i bambini in India ed ovviamente mi ha fatto molto piacere pensare di poter dare una mano, così mi sono buttato in questa esperienza, e abbiamo fatto già due mostre, l’ultima qualche mese fa. Non lo faccio certo per le mostre, ma lo scopo mi dà molta gioia.