Durante questo Etna Comics abbiamo avuto il piacere di intervistare Gabriele Dell’Otto, fumettista italiano che ha lavorato in Marvel ed ora si sta occupando di un interessantissimo progetto con il professor Nembrini sulla Divina Commedia di Dante. Per saperne di più non vi resta che leggere la nostra intervista!
Dopo Secret War non c’è più stato un intero ciclo di storie o magari un maxi evento con i tuoi disegni. Come mai? Eppure è stato molto apprezzato.
Più che altro con le tempistiche americane c’è sempre il discorso che è difficile coniugare le due cose. Io ho un grosso difetto: a me piace fare le cose per bene. Guerra Segreta è stato il mio primo lavoro per Marvel e quindi sono sorte varie problematiche, ma è stato il banco di prova per farmi capire che sono un illustratore prestato al fumetto; nell’illustrare mi trovo più a mio agio e riesco meglio anche a livello di impatto emotivo e per far passare un determinato messaggio attraverso le immagini. Non sono un fumettista, nonostante ami il fumetto, ma con i pro e i contro e con tutte le problematiche del caso devo dire che è stata comunque un’ottima esperienza.
Ci sono stati altri esperimenti tra cui Sex and Violence con Wolverine e Domino, ma come dici giustamente tu non era un maxi evento, perché c’è sempre questo problema dei tempi. Per fare tre numeri ci ho messo quasi un anno e mezzo, e non era possibile coniugare questa mia esigenza di tempi con quelli della Marvel, che voleva un ciclo completamente dipinto da me su un maxi evento. Loro ragionano di anno in anno, ma non possiamo pretendere che uno scrittore pensi un progetto da realizzare dopo due anni, soprattutto per la continuity americana. Secondo me non si guarda a lungo termine: se il progetto di Secret War, nonostante tutti questi problemi, ha avuto grande successo è perché il pubblico lo apprezza, ma capisco e rispetto le esigenze dell’editore, che ovviamente non può aspettare troppo tempo per pubblicare.
Prima che chiudessi il contratto di esclusiva con Marvel c’è stato Affari di famiglia, che non è tutto mio ma quando si è pensato di farmi affiancare da qualcuno, io ho scelto un amico. Mi sono avvalso del lavoro incredibile di Werter Dell’edera, che mi ha aiutato su tutti i layout, che per me costituiscono la parte più onerosa, perché dipingere una tavola di fumetti o una copertina mi impiega più o meno lo stesso tempo, mentre me ne occupa molto di più fare i layout. Con lui infatti il lavoro si è velocizzato molto, ma è ovvio che se da un lato c’è lo storytelling di Werter, quindi molto più fluido, dall’altro lato non è un lavoro del tutto mio, quindi su alcune cose si percepisce la sua impronta. Molti hanno storto il naso, tuttavia per me è un arricchimento e ne ha giovato il progetto nella sua totalità.
Ho voluto spiegare questa cosa nel dettaglio, perché con Marvel abbiamo una comunione di intenti, ovvero fare le cose per bene, però io uscendo col mio nome ho difficoltà a lavorare in alcuni contesti. Per fare un esempio, quando devo lavorare su materiale in bianco e nero perdo la motivazione.
Quindi immagino che ti sei trovato benissimo per le copertine di Annihilation
Io nel fare le copertine mi trovo sempre bene. Anzi, dopo il contratto di esclusiva ho promesso a Marvel che tornerò a fare una storia intera, ma non ora, perché come saprete attualmente mi sto impegnando in un progetto che esula dai comics, col professor Franco Nembrini, sulla Divina Commedia, in una nuova edizione per Mondadori.
Quanto tempo ti sta impiegando questo lavoro?
Praticamente tutto. Io amo quello che ho fatto fino ad oggi, perché c’è un motivo per cui con la gavetta sono arrivato a certi livelli, e quello che sto facendo ora è un “lavoro di servizio”, una passione che ho scoperto questi ultimi anni per questo progetto, ovvero cercare di restituire la Divina Commedia italiana a tutti, e soprattutto alle nuove generazioni. Ora non c’è più questo senso di tramandare le tradizioni, quelle che ci hanno reso forti in tutto il mondo. Abbiamo una cultura che, purtroppo o per fortuna, è stata contaminata, e noi abbiamo assorbito tante cose buone dall’estero ma non riusciamo a difendere quello che è nostro e restituirlo alle nuove generazioni.
Tutti i grandi autori stranieri, anche della mia generazione, sono persone che hanno attinto a piene mani dall’arte italiana. Senza fare la morale, è una questione d’amore. L’amore che ho messo in tutte le cose ho fatto, dai supereroi alla Divina Commedia. Tra l’altro aggiungo che questa estate ci sarà una mostra molto grande inerente al mio percorso di vita nel campo dei supereroi fino ad arrivare ad Alighieri. Sarà strutturata in modo da far capire che da Spider-Man si può arrivare a Dante, ma da Dante si può tornare a Spider-Man, non perdendo nulla ed anzi arricchendo il tutto.
Speriamo quindi, per tornare al lavoro sulla Divina Commedia, che vada per il meglio.
Ti eri già cimentato in qualcosa di vagamente simile con Tales.
Sì, anche se è un approccio completamente diverso, perché il lavoro di Tales parte sempre da me, l’interpretazione che do io, invece qui c’è quel lavoro che dicevo, di servizio: cerco di riportare quello che Franco Nembrini trasmette a me, parafrasando il lavoro di Dante, senza perdere nulla ma cercando di riportare con le immagini il viaggio, accompagnando il lettore, in un percorso che possa aiutare anche le nuove generazioni ad uscire da se stessi.
Hai parlato di gavetta e penso sia innegabile che tu l’abbia fatta. Anzi forse è stata la fortuna di incontrare Lupoi, e poi Quesada a cambiare le cose…
Io ho parlato di gavetta perché non mi sono mai tirato indietro, ma devo dire che sono stato molto più fortunato di altri. C’è tanta gente, magari anche più talentuosa di me, a cui non viene data la possibilità di farla questa gavetta. Ho avuto la provvidenzialità di incontrare Marco Lupoi all’Expo Cartoon di tanti anni fa, e ciò lo devo a mia moglie. C’ero stato un giorno per far vedere le mie tavole e non avevo incontrato nessuno, e in fondo ero quasi contento, perché c’è sempre la paura che il proprio lavoro possa non piacere, ma mia moglie ha insistito e mi ha convinto, e ho fatto l’incontro che mi ha cambiato la vita dal punto di vista professionale.