Etna Comics 2019 – L’intervista a Swery65
Abbiamo avuto il piacere e l’onore di poter portare a casa una intervista veramente particolare da Etna Comics 2019. Si è prestato ai nostri microfoni infatti Swery65, sviluppatore giapponese noto soprattutto per essere capace di inserire un particolare tipo di surrealismo e una vena pulp unica nel suo genere in tutti i suoi videogiochi. Tra le sue opere principali ricordiamo D4: Dark Dreams Don’t Die, Deadly Premonition, o il recente The Missing: J.J. Macfield and the Island of Memories, di cui vi abbiamo parlato anche nelle nostre pagine. Ecco cosa ci ha raccontato.
Spesso i tuoi giochi sono molto particolari sia per quel che riguarda il gameplay che i temi trattati. Quando cominci con lo sviluppo di un nuovo titolo parti dalla trama e dai messaggi che vuoi trasmettere al giocatore, oppure al contrario parti da un determinato concept di gameplay e poi ci costruisci una storia e un contesto intorno secondo il tuo stile?
Per The Missing ho pensato prima al gameplay e poi alla storia. Curiosamente però i giocatori mi hanno fatto sapere che hanno trovato la trama molto interessante ma il gameplay un po’ debole. È una cosa molto spiacevole per me. The Missing è il primo gioco che ho fatto da quando ho aperto il mio nuovo studio di sviluppo, per me era importante fosse compreso in ogni suo elemento e le critiche mi sono dispiaciute.
Noi pensiamo che il gameplay sia perfettamente funzionale al racconto in The Missing. Quindi perché pensi che non sia stato compreso? C’è un problema nella percezione del gioco come opera autoriale secondo te?
È un’opera molto originale e particolare, il problema è che vengono fatti troppi paragoni con altri videogiochi piuttosto che valutare il singolo titolo.
Parliamo di the Good Life? A che punto è il progetto? E’ sempre previsto per la fine dell’anno? Quale è la caratteristica principale che lo diversifica dal resto delle tue produzioni?
È un progetto Kickstarter, perciò voglio creare un prodotto molto diverso rispetto ai miei precedenti lavori e devo rispondere al pubblico che lo sostiene. Sto provando a mettere tutto quello che ho dentro, anche più di prima, e voglio creare qualcosa per cui vale la pena aspettare.
Ci sono alcune caratteristiche che accomunano i tuoi titoli, e sono il fatto di essere surreali, di nascondere una facciata dark, di ruotare spesso intorno a qualche mistero. Inoltre non manca quasi mai una vena ironica. Come definiresti il tuo stile di gioco?
Il mio stile è l’ambivalenza, nelle scene che per esempio suscitano commozione, cerco di infilare subito dopo qualcosa di ironico, e naturalmente anche viceversa. L’ambivalenza per me è fondamentale.
In Deadly Premonition abbiamo notato molte influenze di Twin Peaks. Ci puoi parlare del tuo rapporto con quest’opera?
Penso che il merito principale di Twin Peaks non sia aver creato una storia, ma prima di tutto, aver delineato in modo eccellente i personaggi, da cui poi è nato tutto il resto. Anche io sono stato influenzato da questo modo di fare: prima creo i personaggi che da soli poi creano la loro stessa storia.
Quali sono le tue fonti di ispirazione principali, sappiamo che ami Lynch e questo si può capire dall’ermetico linguaggio dei tuoi giochi. Ma quali altri scrittori, artisti o registi ammiri?
I registi che mi hanno ispirato sono Woody Allen, I fratelli Coen, Wes Anderson e Terry Gilliam. Per quel che riguarda la televisione, ho amato show come Knight Rider, A-Team e MacGyver. Mi piacciono anche molto i manga, ne ho tantissimi in casa, tra i miei autori preferiti ci sono Osamu Tezuka e Fujiko Fujio.
Metteresti mai il tuo talento al servizio di un brand mainstream se te lo chiedessero? Oppure per te è importante mantenere la massima libertà autoriale nello sviluppo di un videogioco?
La vita non è lunga, quindi come sviluppatore devo necessariamente decidere di fare una cosa o l’altra. Io decido di fare qualcosa che posso fare solo io. Ma ricordiamoci sempre che anche Sam Raimi ha fatto Spiderman quindi tutto è possibile…
Cosa pensi dell’industria indie giapponese? Pensi sia prolifica come quella occidentale?
Ogni anno c’è una fiera in Giappone che si chiama BitSummit dedicata esclusivamente ai prodotti indie giapponesi, e ti assicuro che ce ne sono tantissimi e molti sono davvero interessanti. Il limite principale dei giapponesi purtroppo è che non conoscono l’inglese, e quindi non riescono a uscire dai loro confini.
Ora una domanda un po’ strana ma che ci teniamo particolarmente a farti. Che cos’è il videogioco per Swery65 e quale è il suo scopo?
All’università ho studiato cinema e dopo aver concluso quegli studi mi sono buttato sulla computer grafica. Il mio sogno era diventare un regista. Riuscì a conoscere un regista che mi propose di lavorare al suo fianco dicendomi che forse tra venti anni sarei riuscito a creare una mia opera. Beh mi sembrava davvero troppo tempo. Allora ho deciso di aprire una mia azienda di videogiochi. Il videogioco quindi per me è la strada che ho trovato per potermi esprimere.
Quali sono gli elementi importanti per creare un videogiochi che funzioni, e cosa pensi che debba comunicare per funzionare?
Ovviamente è importate che il gioco e il suo linguaggio riesca a comunicare con il giocatore. Penso che i miei videogiochi siano un nuovo modo di fare arte. Però l’arte non può essere fine a se stessa, ma deve essere veicolata attraverso qualcosa, nel caso dei videogiochi, con l’interazione e le meccaniche di gioco, attraverso le quali posso comunicare e trasmettere temi e concetti. In the Missing per esempio, questi temi sono la distruzione, il dolore e la rigenerazione da questo dolore.