Ami la saga di Evil Dead ma non apprezzi particolarmente i giochi multiplayer online? Probabilmente ti divertirai comunque
o ammetto, sono un invasato totale per la saga di Evil Dead, ma non ingurgito tutto quello che mi propinano in nome di una passione, anzi in tutta la mia esistenza da videogiocatore sono sempre stato molto critico nei confronti dei cosiddetti tie-in. Mi è sempre dispiaciuto che l’epopea di Ash non abbia mai avuto una degna trasposizione videoludica, perché si sarebbe prestata molto bene alla transizione di medium. Qualcosa è uscito nell’epoca di Playstation e Playstation 2, ma niente di realmente notevole. Oggi ci provano i ragazzi di Saber Interactive con il loro Evil Dead The Game e il risultato devo dire che nel complesso è sorprendentemente positivo. La sorpresa deriva dal fatto che si presentava al debutto come un’esperienza prettamente multiplayer, mettendo quindi già dalle premesse tutta una serie di paletti alle aspettative di chi non ama molto i giochi multiplayer online, me compreso.
Titoli come Friday 13 e Dead by Daylight sono molto apprezzati da solide nicchie che sicuramente hanno valide ragioni per amarli, ma chi ha una prospettiva diversa e più “solitaria” del videogioco, li vede più che altro come prodotti che propongono una serie di istanze ripetitive con un gameplay meccanico e un ritmo di gioco che poco ha a che fare con le sensazioni e il tipo di esperienza che mi aspetterei dai contesti che vanno a scomodare con le loro prestigiose licenze horror. Sebbene fossi sicuro che pur amando visceralmente Evil Dead gli obiettivi ludici del progetto non mi avrebbero minimamente coinvolto, e sebbene la formula tipica dei multiplayer asimmetrici sopramenzionata sia assolutamente aderente per descrivere superficialmente Evil Dead The Game mi è piaciuto. Sono giorni che ci gioco assiduamente, frequento le community per trovare nuova gente con cui giocare e ho portato al massimo livello già più di un personaggio. Come è possibile tutto questo? E come funziona in sostanza, Evil Dead The Game? Proviamo a capirlo.
Quattro giocatori utilizzano altrettanti personaggi presi da tutti i film di Evil Dead e dalla serie tv, si ritrovano in una enorme mappa, devono lootare equipaggiamento e svolgere una serie di obiettivi, ovvero recuperare 3 pezzi di mappa, difendere l’area che ci rilascerà la daga kandariana, fare la stessa cosa con le pagine perdute del Necronicom, e infine battere gli Oscuri e proteggere dai demoni il libro dei morti. Dall’altra parte abbiamo invece un quinto giocatore che utilizza uno dei tre demoni Kandariani proprio per mettere i bastoni tra le ruote ai sopravvissuti, piazzando trappole, evocando creature di diverso tipo, cercando strategicamente di disseminare la mappa di ostacoli o attaccando direttamente i giocatori.
Ora, se raccontato in maniera così asettica, il gameplay non sembra nulla di speciale, è nella capacità di generare momenti veramente divertenti, nella sinergia delle varie dinamiche di gioco e nella confezione del tutto, che sta il valore di questo gioco, che sì, lo ribadisco, è riuscito ad entusiasmare genuinamente anche chi non è assolutamente avvezzo a questi giochi. Partiamo dal fatto che tecnicamente il gioco è vecchio, non ha guizzi particolari lato animazioni o dettagli, ma cavolo se riesce a ricreare l’atmosfera di Evil Dead, grazie anche alle musiche, incredibilmente fedeli al materiale originale. Tra nebbie, oscurità, foreste spettrali, suoni agghiaccianti e fatiscenti abitazioni, il mood è sicuramente quello giusto.
Ma c’è molto di più che ti trasporta dentro il mondo di Ash, e si tratta proprio dell’interazione tra giocatori che trova una sua strada che potremmo definire “umanamente procedurale” per creare quella palpabile “ansietta” solitamente raggiunta dalle avventure horror single player in maniera programmata e preimpostata. Pensate a questo: il giocatore killer utilizza in forma invisibile e rigorosamente in prima persona, come tradizione “raimiana” vuole, il demone kandariano, che a inizio partita e fino a che non sblocchiamo i tre pezzi di mappa, non sa dove ci troviamo né dove siamo diretti, e ci scoprirà solo se facciamo rumore prendendo un veicolo, o se la nostra barra della paura aumenta a dismisura, svelando la nostra posizione sulla mappa. Ma potrebbe anche accidentalmente incorrere nel nostro camino per un caso fortuito e semplicemente, vederci. La paura sale quando ci allontaniamo dal gruppo, salvo non abbassarla con alcuni espedienti o con le fonti di luce. Tutte queste consapevolezze rendono i momenti in cui per qualche motivo ci allontaniamo dal gruppo carichi di tensione perché rischiamo effettivamente di essere puntati dal killer.
Anche quando non vediamo effettivamente demoni in giro, se il giocatore avversario è li vicino, potremmo sentire dei grugniti demoniaci nell’aria, vedere delle staccionate cadere (simbolo del passaggio del giocatore demone invisibile), sentirci vulnerabili, aspettarci attacchi diretti e improvvisi jump scare provocati dall’avversario che fanno salire ulteriormente la paura. Avremmo quindi il timore di essere posseduti da quest’ultimo con la conseguenza di cedergli il controllo momentaneo del nostro personaggio che andrà sicuramente contro i compagni. Anche l’oscurità gioca un ruolo fondamentale, la torcia ha una una batteria limitata e quando questa si esaurisce diventa difficile vedere cosa si nasconde dentro una casa per recuperare risorse e scorgere bene quello che abbiamo intorno quando siamo all’esterno. Ecco, a chi conosce bene il materiale a cui questo titolo si ispira chiedo: quanto è incredibilmente Evil Dead tutto questo? E quante vibes da survival horror riesce a generare il fattore RNG del gioco, compresi i sadici intenti della mente umana dietro le forze demoniache che dovremmo contrastare in ogni partita? Ve lo dico io, la risposta a tutto è: MOLTO.
Le munizioni sono limitate, ma allo stesso tempo le numerose armi corpo a corpo permettono in ogni caso lo scontro diretto con i demoni. E si sprecano le situazioni caotiche e frenetiche che vedono i giocatori prendere a sprangate, mazzate, e colpi di ogni genere orde di deadite, tra fiotti di sangue, smembramenti, battutine e violenza gratuita e divertita. Mi devo ripetere: tutto questo è molto molto Evil Dead. Un franchise horror tra il serio e il faceto trasposto in dinamiche ludiche che a mio dire restituiscono pienamente l’anima della saga.
Andando nel microscopico la situazione è altrettanto rosea. L’ispirazione del team nei confronti della saga è tantissima, si vede che la amano e hanno confezionato un titolo per i fan, le strizzate d’occhio a chi la conosce non si contano. Il feeling con l’azione e i controlli è buono, si tratta di uno shooter in seconda persona in cui si spara bene e precisi, e anche le collisioni con le armi melee non sono male. In tal senso il gioco è semplice e non si spreca in moveset complessi. La profondità sta nelle caratteristiche uniche di ogni eroe (o demone) e nella build che decideremmo di creare. E sì, parlo di build perché non è possibile completare al 100% lo skill tree composto da decine e decine di abilità per ognuno di essi, ma nei 25 livelli che rappresentano il cap di ogni sopravvissuto, si dovrà prendere una strada per ottimizzare alcune caratteristiche e rinunciare ad altre.
C’è quindi una buona dose di personalizzazione e ci sono due elementi nella progressione che me l’hanno particolarmente fatta apprezzare: il fatto che si possono spostare sempre i punti abilità per riconfigurare la build tutte le volte che si vuole, e il fatto che questi punti siano accumulabili con qualunque personaggio a prescindere da quello su cui verranno effettivamente usati per il level up. Le variabili che contribuiscono a creare partite sempre diverse, che si dividono tra esplorazione, fugoni, imprevisti disgregamenti del team e situazioni al cardiopalma, sono parecchie. Devo dire che nonostante il meta game non abbia ancora definito tutti gli equilibri del gioco, il titolo risulta sempre abbastanza bilanciato.
Per quella che è la mia esperienza, nelle partite da me disputate per un 50% delle volte ha vinto il demone e un 50% i sopravvissuti. Una contesa fluida e piena di ribaltamenti della situazione in cui non c’è quasi mai fino alla fine la sensazione che ci sia il predominio dell’una o dell’altra fazione. Il bello di Evil Dead The Game è proprio questo, nel corso dei 20-30 minuti necessari al completamento di una partita si creano mini avventure in cui può succedere di tutto. Che ci si muova all’unisono in gruppo o che ci si divida gli obiettivi, ci sono vantaggi e svantaggi, e questo vale per ogni possibile in ogni strategia. Dipende tutto dall’abilità del giocatore di leggere la situazione, dalle abilità del suo personaggio, dalla capacità di lavorare in team e supportare i compagni. E chiaramente dall’astuzia del giocatore killer. Se ci si isola per troppo tempo o si gioca in maniera scoordinata, ovviamente, le possibilità di sopravvivere calano drasticamente.
Ma il gioco è fatto anche di questo, di piccoli momenti dal ritmo più compassato, esplorazione di capannoni e case di campagna. Nonostante la grande ripetitività degli obiettivi da conseguire, tra l’uno e l’altro si sviluppano dinamiche dal ritmo diverso, che vanno da momenti di quiete a battaglie disperate, e ad ogni sessione il sapore di questi elementi varia sempre un pochino, grazie alla casualità del loot, delle location da raggiungere, della composizione del proprio team, e di nuovo, all’imprevedibilità di chi sta dall’altra parte pronto a rallentarci, spaventarci e ucciderci in tutti i modi possibili.
Ma veniamo alle note dolenti. Che sono sostanzialmente due. La prima è banale forse ma va ben ribadita. Sfruttare certe sinergie tra personaggi è esclusivo appannaggio di team che comunicano tra loro, prendiamo come esempio Cheryl e Pablo: entrambi hanno modo – una volta sviluppati – di condividere i benefici di medicinali ed amuleti con il gruppo, è bene quindi cederli a loro per massimizzare gli effetti, ed è necessario richiamare i compagni nella propria area di efficacia perché questo accada. Ma anche il semplice scambio di risorse aiuta molto alla causa e con i messaggi prestabiliti e senza chat vocale, capita che sia difficile capirsi senza parlare direttamente, almeno tra giocatori che non siano più che navigati. Non che sia impossibile vincere con player casuali, ma oltre al fatto che è necessario che tutti conoscano molto bene le regole di gioco e sappiamo cogliere al volo le esigenze del gruppo, è decisamente molto meno soddisfacente.
L’altro difetto è che, pur apprezzando lo sforzo di inserire un minimo di content per il giocatore singolo con 5 missioni piuttosto impegnative, che tra l’altro scambiano le cut-scene con delle illustrazioni molto gradevoli, contenutisticamente il gioco risulta al momento scarno. Va detto, giocare con i sopravvissuti, o con i demoni, sono due esperienze completamente diverse, quasi due giochi separati. E questo è un bene. Detto questo è altrettanto vero che entrambe si muovono all’interno di una sola reale modalità di gioco online, in cui al massimo si può sostituire i giocatori con l’intelligenza artificiale. In più niente lobby, niente classifiche generali, punti ed esperienza utili solo alla crescita di demoni ed eroi, ma soprattutto, solo 2 mappe di gioco. Bellissime, grandissime, varie, con diverse condizioni atmosferiche e di luce, un ottimo level design, capaci di cogliere mille vibes dalla saga di Evil Dead, ma pur sempre, due. Almeno un’altra l’avrei inserita al lancio, perché così si rischia che il titolo stanchi i giocatori prima di diventare più ricco. Di sicuro, c’è un urgente bisogno che gli sviluppatori curino e aggiornino il gioco per mantenere viva la community.
Per chiudere, amo tantissimo Evil Dead e mentirei se dicessi che non mi pacerebbe un gioco single player fatto come si deve con protagonista Ash. Ma oggi come oggi, a meno che non sei un team estremamente brillante in questo tipo di esperienze, non è semplice fare un adventure horror di livello che spicchi e non sia scialbo, non utilizzi i soliti abusati espedienti di progressione, e abbia una storia degna di esser raccontata. Di certo Saber Interactive non aveva né le risorse né l’indole per fare una cosa del genere, ma hanno avuto invece molto cuore, come appassionati di Evil Dead, da trasmettere al prodotto, e il talento per sfornare un survival horror multiplayer con tutti i crismi, capace di appassionare anche chi in genere, questo tipo di esperienze fugaci, plug and play, che prevedono interazioni tra giocatori, non le digerisce troppo.
Evil Dead The Game è un gioco che all’interno di questa struttura consolidata ha quel guizzo in più, con tante attenzioni ai dettagli e una pulizia generale nel combat system che solitamente non sono riservate a titoli simili. Saber Interactive dà in mano agli utenti questo giocattolone con le sue regole ma da gestirsi autonomamente. Qualcosa che racchiude non solo l’ovvio divertimento per la componente competitiva e cooperativa, ma che riesce anche a generare talvolta quella sorta di tensione e coinvolgimento più intimo tipici della avventure in solitario. Tutto sommato quindi lo possiamo dire, finalmente Evil Dead ha un gioco che fa onore al suo nome. Forse non quello che tutti speravamo, ma rimane degno della sua licenza. In fondo, ogni tanto si può anche provare qualcosa di diverso. Magari scoprendo sapori nuovi ma deliziosi.