In The Fall Cacciatore e Preda si incontrano in una Belfast violentissima.
Con un bel po’ di mesi di ritardo, finalmente è arrivato in Italia un serial anglo-irlandese che non abbia quasi alcun connotato socioindipendentista. Questo The Fall ci è stato presentato con un orribile e insignificante sottotitolo voluto per l’edizione italiana: Caccia al Serial Killer. E già da subito solleviamo il problema annoso che vede i nostri traduttori aggiungere o cambiare roba nei titoli dei film e dei telefilm per renderli (secondo il LORO parere) più appetibili al pubblico nostrano. Amici traduttori, perché dovete chiosare senza alcun valido motivo, aggiungendo sottotitoli pleonastici e a tutti gli effetti inutili? Non mi aspetto una risposta e neanche la vado a cercare da qualche parte su internet, ma volevo approfittare di questo spazio per un piccolo sfogo. E spero che ci sia qualcuno che appoggi questa mia divagazione (basta pensare a Se mi lasci ti cancello per avere tic per una settimana…).
[youtube url=”http://youtu.be/dyFrBC1rAcg” autohide=”2″ fs=”1″ hd=”1″]
Ritornando al nostro amato telefilm, come si evince ci troviamo di fronte a un’indagine di polizia alla ricerca di un serial killer. Se qualcuno di voi ha già pensato a True Detective, ecco, possiamo dirvi che siamo nella stessa disciplina sportiva, ma giochiamo in tutt’altro campionato. Il prodotto inglese (più vecchio di qualche mese rispetto alla sua controparte americana), narra della caccia a un omicida che sceglie le sue vittime tra donne in carriera, single e dalla capigliatura scura. La protagonista tra le file dei buoni è il sovrintendente Stella Gibson, chiamata dalla polizia Metropolitana per revisionare un caso di largo interesse mediatico che non sta procedendo. Sarà la stessa Stella a vedere per la prima volta lo schema rituale dell’omicidio e, da aiuto esterno, si troverà a capo delle indagini. Il telefilm in realtà mostra più di una faccia, descrive più di una vita (breve o lunga che sia) e si discosta molto da True Detective per una caratteristica ben precisa: gli autori ci fanno vedere subito il volto e il nome del serial killer, Paul Spector.
Fin dalle prime battute vediamo immediatamente chi è il mostro e poi la telecamera continua a indugiare sulla vita dell’assassino, facendoci vedere il suo doppio mondo, fatto di famiglia e violenza, in un certo senso divise e separate, sempre con il terrore che la seconda invada la prima, con conseguenze devastanti. Lo script gioca molto su questi controcampi narrativi, mostrando due lati opposti della personalità di alcuni personaggi: la protagonista è austera, glaciale, quasi inumana. Per lunghe sequenze non accenna neanche a un sorriso se non ad alcune smorfie di circostanza, si comporta e si muove con una decisione tale da immaginarla fatta di puro acciaio inossidabile, quasi senza emozioni. E poi contemporaneamente si lascia andare a pulsioni sessuali dettate da scelte quasi irrazionali, mostrate con un atteggiamento predatorio. Allo stesso modo, il serial killer ci viene mostrato in seno alla sua famiglia, mentre si prende cura dei suoi figli e della moglie, nascondendo i suoi cimeli, cercando di mantenere un comportamento quanto più vicino ai canoni sociali che definiscono la normalità. E dietro questo teatro di noia urbana, si nasconde il suo lato efferato.
Questa coniugazione tra buono e cattivo rende il personaggio del serial killer quanto di più abietto e terrorizzante si possa immaginare, perché si porta appresso il sottotesto che chiunque potrebbe essere un assassino assetato di sangue, senza che un singolo indizio trapeli oltre la maschera che vediamo ogni giorno. Come se questo non bastasse, il telefilm ci mostra altri personaggi (che avranno sicuramente un peso maggiore nello scorrere della vicenda), come il Capo della Polizia Metropolitana e suo figlio, alcuni detective, che tanto buoni non sono… Quindi le visioni del male in questo frangente sono cangianti e mimetiche, traspaiono da ogni singola inquadratura, quasi di soppiatto, mentre sullo sfondo si scatena la violenza urbana di una Belfast cattiva e grigia, fatta di criminalità e delinquenza efferata. Aggiungiamo qualche parola per segnalare che The Fall rappresenta il ritorno sul piccolo schermo di Gillian Anderson, l’agente Scully di X-files, che non si vedeva recitare in tv dal 2010. La sua interpretazione è intrigante e precisa, dettagliando un personaggio che lascia trasparire poco di sé, se non che ha tanti segreti e una psiche molto complessa e disturbata, dove anche un singolo sguardo può caricarsi di significati reconditi. Accanto alla Anderson, come da contraltare c’è l’ottimo Jamie Dornan (che interpreta il killer Paul Spector), che già avevamo notato in Once Upon A Time. Anche lui ci regala una bella interpretazione intensa e frammentata tra diversi modi di operare, tra il padre di famiglia, il lavoratore e l’assassino, crucciato da fardelli irraccontabili, tra pulsioni e freni inibitori a stento mantenuti. Una regia degna di nota, che si mantiene sempre distante e ricercata, offre dei lunghi piani sequenza molto teatrali, dove gli attori si muovono con disinvoltura ben diretti e padroni dei propri spazi. Il ritmo è quello cadenzato dei telefilm introspettivi dove le parole e i gesti hanno più valore di una spettacolarizzazione della violenza. Ciononostante, alcune sequenze disturbanti e aggressive tengono lo spettatore sul chi vive e lo trasportano nell’incubo dalle mille facce che la storia si prefigge di dipingere.
[icons icon=”icon-thumbs-up” color=”#81d742″ size=”60″]Cosa ci è piaciuto
Davvero molto di quello che abbiamo visto ci ha entusiasmato. Gli attori, la regia, la contrapposizione dei vari personaggi, la dualità psicologica mostrata e tutte le menate freudiane che ne possono derivare, fanno di questo prodotto un telefilm sopra la media.
[icons icon=”icon-thumbs-down” color=”#dd3333″ size=”60″] Cosa non ci è piaciuto?
Il sottotitolo orribile, pleonastico, inutile. Dannata traduzione! E poi la prima domanda che ci siamo fatti: ma come fai a fare un telefilm ambientato a Belfast? E dove cazzo sta Belfast, vicino Spoleto? (ma ci siamo ricreduti, per fortuna)
[icons icon=”icon-play” color=”#ff963a” size=”60″] Lo continueremo a vedere?
E certo! Solo per vedere se l’agente Scully è ancora cazzutissima, anche se si tratta di trovare un killer fottuto nel cervello e non alieni, mostri creati da David Duchovny per rimorchiare le ragazze di Californication… Per la serie: voglio crederci!