Fantasia portami via
Il fantasy è un genere particolare: nonostante le difficoltà cui si presta la sua stesura, capita spesso di vederlo considerato come qualcosa di minore, negletto e accusato di distrarre da letture più importanti, oppure di “accendere pochi neuroni”. Forse, il paradosso del genere, quello che porta le persone a lanciare questa accusa, si trova in un semplicissimo dato di fatto: scrivere fantasy spesso è più difficile che leggerlo. Partiamo da una domanda che molti potrebbero dare per scontata: cosa diavolo è il fantasy?
Se vi siete posti almeno una volta nella vita questo interrogativo, i nostri complimenti: probabilmente siete lettori per cui fantasy non è sinonimo di “Tolkien e poco altro”. In caso contrario mettetevi comodi. La domanda è stata posta più volte e in diverse occasioni da molti grandi esponenti del genere. La risposta più articolata è stata fornita da uno dei maestri di questo genere, Michael Moorcock. L’autore britannico, famoso per i suoi molti romanzi storici, fantasy e fantascientifici, scrisse anche diversi trattati sul genere, proponendo tre regole per poter determinare se un libro vi sia ascrivibile oppure no.
Queste “tre leggi di Moorcock”, raccolte nel saggio Wizardry & Wild Romance inedito in Italia, nonostante siano abbastanza datate e possano non applicarsi ad alcuni sottogeneri di nuova concezione, conservano ancora una certa validità per classificare opere fantasy. La cosa migliore è considerarle come uno spunto di riflessione, piuttosto che come dati di fatto incontrovertibili.
Per prima cosa il fantasy nasce come un’estensione della mitologia e del folklore. Nel fantasy gli elementi tradizionali devono essere rielaborati e riproposti in una trama originale: possiamo pensare all’uso che gli scrittori fanno di varie creature fantastiche presenti nei bestiari medievali e nel folklore locale, come draghi, elfi e nani. Talvolta essi ricalcano perfettamente la tradizione, altre volte se ne discostano, ma l’importante è attingere da tutto ciò che l’immaginazione umana ha creato nel corso dei secoli, dai mostri alle divinità. La rielaborazione di miti e leggende per la creazione di tematiche originali costituisce quell’operazione che noi oggi conosciamo come mitopoiesi, affrontata e “codificata” nel fantasy per la prima volta da Tolkien. Questo scardina un primo concetto presente nella mente di molti lettori: mito e folklore non sono fantasy, ma solo una base da elaborare. Affermare il contrario è un po’ come dire che farina, acqua, sale, olio e lievito siano una pizza, e non la base per l’impasto. Nulla vieta, per contro, all’autore di creare una mitologia, un pantheon e “saghe”: un esempio, in questo senso, è fornito dall’opera di Howard Phillis Lovecraft, autore del Ciclo di Chtulhu.
In secondo luogo… il luogo. Nel fantasy l’azione si svolge in un mondo separato dal nostro (come la Terra di Mezzo), o in un lato “fantasy” nascosto del nostro mondo (il Mondo Magico di Harry Potter o le varie ambientazioni scelte da Neil Gaiman). In più le regole come politica, geografia e storia di questi mondo devono sempre essere ben definite, anche se non sono descritte interamente nel corso del romanzo. L’ambientazione è una parte fondamentale per la creazione di opere fantastiche e in questo si applica la regola base di ogni racconto fantasy “prima l’ambientazione, poi la trama”. Moorcock, riprendendo alcuni concetti già espressi in maniera diversa da Tolkien nel saggio Albero e Foglia, stabilisce che storia e personaggi debbano sempre piegarsi alle regole del mondo creato dall’autore. Apparentemente può sembrare un paradosso: il fantasy fornisce una libertà assoluta di creazione ed espressione, ma una volta stabilite le regole del gioco, l’autore deve essere il primo a rispettarle.
Infine, l’elemento sovrannaturale. Che la magia sia poco o molto presente non ha importanza, nel fantasy essa è accettata e considerata come qualcosa di comune. Non vi è una difficoltà di fondo a comprendere ciò che non è umano, come nell’horror, dove i protagonisti cercano una spiegazione logica (che stranamente sembra sempre essere quella di separarsi quando un serial killer demoniaco minaccia una comunità di adolescenti). I personaggi delle storie fantasy accettano il soprannaturale: anche il più scettico degli hobbit non negherebbe mai a Gandalf lo status di mago! Non vi è incredulità nei personaggi de La Compagnia dell’Anello di fronte a un demone come il Barlog (terrore, invece, probabilmente sì), così come non ve n’è più in Harry Potter una volta accettato il fatto di essere un mago.
Non ho mai letto nulla di fantasy: dove comincio?
Assodato cosa sia fantasy e cosa non lo sia, bisogna ricordare che il genere si divide in una miriade di sottogeneri, ognuno dei quali con una propria storia e uno sviluppo complesso. Heroic, Sword & Sorcery, High, Light, Low, Dark, Med, Myth e chi più ne ha più ne metta. Per facilitare le cose al lettore proporremo una breve lista di fantasy “a difficoltà crescente di approccio” in cui cercheremo di inserire opere meno note al grande pubblico.
A scanso di equivoci: questa non è e non vuole essere una classifica dei migliori fantasy, si tratta solo di una serie di letture consigliate per potersi approcciare in maniera graduale al genere.
Alcuni grandi nomi del genere saranno per forza di cose esclusi da questa lista, senza però essere considerati da meno: non ci saranno Gaiman, Heitz, Sanderson, Lovecraft, Eddings e Howard. Inoltre, abbiamo scelto di non parlare di Martin, Tolkien, King e Rowling, in quanto già molto conosciuti. È tutto affidato alla fantasia e alla sensibilità del lettore, alla fin fine. Ciò che ispira in libreria è ciò che va letto.
1 – Il Ciclo di Geralt di Rivia, di Andrzej Sapkowski
Cominciamo con una saga decisamente conosciuta, anche se, potremmo dire, “per i motivi sbagliati”. Geralt in Italia è noto soprattutto, con buona pace dell’autore, per i videogiochi del ciclo The Witcher, che vedono il Lupo Bianco come protagonista delle vicende. Certo, un po’ di responsabilità va anche all’autore, Andrzej Sapkowski, il quale in passato ha rifiutato di pubblicare nel nostro paese finché non ci fosse stata una traduzione direttamente dalla lingua originale, il polacco, senza la mediazione dell’inglese e del tedesco. Perché cominciare proprio da Geralt? Due motivi: in primo luogo si tratta di ambientazioni fantasy classiche, popolate da creature mitologiche e fiabesche di ogni tipo, permettendo quindi a un lettore novizio di immergersi in una realtà che incontrerà più volte nel corso delle sue letture. In più, i primi due libri del ciclo di Geralt, editi in Italia da Editrice Nord, sono raccolte di racconti, che potrebbero facilitare la lettura, rendendola molto più scorrevole e veloce per le nuove leve del fantasy. Geralt è un personaggio complesso e affascinante: un mostro creato per combattere i mostri, consapevole di questa sua natura, eppure capace di provare amore e affezionarsi alle altre persone. Una contraddizione solo apparente, che emerge in maniera sempre più netta col progredire della saga.
2 – Dragonlance, di Margaret Weis e Tracy Hickman
Ambientazione da prima edizione di D&D e personaggi sfaccettati, complessi e unici rendono questa saga, al momento composta da ben cinque trilogie e un numero ancora imprecisato di spin-off, qualcosa di imperdibile per tutti i lettori che si siano seduti a cadenza regolare attorno a un tavolo, una plancia di gioco o per terra a gambe incrociate lanciando dadi di ogni forma e colore. Insomma, se avete giocato di ruolo nella vostra vita, amerete Dragonlance e i suoi personaggi. Leggenda vuole che Weis e Hickman abbiano creato questa storia partendo da una sessione di Dungeons & Dragons a casa di un amico, durante la quale i personaggi del party divennero, poco alla volta, i protagonisti del primo romanzo, I Draghi del Crepuscolo di Autunno. Pur rispondendo solo apparentemente agli stereotipi del paladino, del barbaro e del ladro, i protagonisti di questa storia vi conquisteranno per la loro incredibile umanità e per il fatto di essere personaggi assolutamente credibili, nonostante il contesto fantasy in cui si aggirano. Menzione d’onore va a Raistlin Majere, uno dei migliori maghi mai creati nella letteratura di questo genere, cinico e spietato, eppure giunto a questo punto attraverso un percorso che porta il lettore a provare sincera simpatia (ed empatia) nei suoi confronti, e il kender Tasslehoff Burrfoot, capace di strappare una risata anche nel momento più buio del romanzo (solitamente per aver preso in prestito qualcosa senza permesso). Anche qui ci troviamo di fronte a uno stile di lettura semplice e scorrevole, sorretto da una trama apparentemente lineare che spinge il lettore e leggere tutto d’un fiato questi romanzi… trilogia, dopo trilogia, dopo trilogia!
3 – Shannara, di Terry Brooks
Autori misconosciuti, da questa parte! Buon vecchio Terry Brooks, persona amatissima nell’ambiente degli scrittori, primo autore fantasy a entrare nella classifica dei Best Sellers del New York Times dai tempi di Tolkien, eppure così discusso e criticato. La Spada di Shannara (1976) può in effetti sembrare molto (troppo) simile al Signore degli Anelli, per tematiche e personaggi, ma non si può negare che Brooks abbia fatto suo il meglio del Professore di Oxford e della Maestra Le Guin, realizzando un fantasy dove a un ambiente assolutamente classico (elfi, nani, gnomi, troll) si uniscono una psicologia dei personaggi molto più complessa di Tolkien e una facilità di approccio maggiore della saga di Earthsea, soprattutto per i neofiti del genere. Cresciuto in piena Guerra Fredda, non sembra un caso che l’intera epopea della stirpe di Shannara sia ambientata dopo un olocausto nucleare che ha mutato parte della popolazione umana e convinto gli elfi a tornare allo scoperto per preservare quanto rimasto del mondo. Del primo ciclo di romanzi La Spada non è comunque l’opera migliore. Quella che molti considerano la sua “nona sinfonia” è il libro successivo, le Pietre Magiche di Shannara, dove si raggiungono delle vere vette di maestria per il genere. Poi è arrivata MTV, e sappiamo tutti come è andata a finire…
4 – Discworld, di Terry Pratchett
Sir Terry Pratchett, scomparso nel 2015, era considerato da molti un vero genio della letteratura fantasy. E a buon diritto! I romanzi di Discworld (“Mondo Disco”, in Italia) sono riusciti a raggiungere l’eccellenza di questo genere, sfruttandolo per realizzare una satira feroce e scanzonata della nostra realtà. E dire che Sir Terry, occupandosi per tanti anni delle centrali nucleari inglesi, avrebbe voluto scrivere un libro di inchiesta giornalistica sullo smaltimento delle scorie, ma temeva di non essere creduto. Quello che ha visto, era solito dire, rasentava talmente tanto la follia che un fantasy diventava una soluzione molto più realistica! E così nasce il Disco, un mondo piatto che vola nello spazio sorretto da una tartaruga gigante e quattro elefanti (citazione filosofica), dove gli zombie si riuniscono in associazioni, Morte cammina tra gli esseri umani e può arruolarsi nella legione straniera, gli dèi si divertono a spaccare le finestre delle case degli atei e i libri di magia vanno smaltiti come fossero scorie nucleari, con buona pace dei pescatori che si lamentano delle mutazioni delle cernie, capaci di diventare invisibili e feroci come squali. Tutto inizia con Il Colore della Magia, edito per la prima volta da Corgi Books nel 1985 e trasmesso via radio durante la Women’s hour. Le spettatrici adorarono le folli avventure di Scuotivento, mago incapace di lanciare incantesimi, e Duefiori, il primo turista nel Mondodisco. Ed è qui la genialità dei libri di Pratchett, vedere concetti comuni come il turismo, le assicurazioni, la posta e la musica rock trasposti in un’ambientazione fantasy schietta, trasformando ogni suo romanzo in un’esperienza unica e divertentissima, qualcosa che va letto e vissuto sulla pelle, tra una risata e l’altra, che anche i meno amanti del genere possono apprezzare per l’alto contenuto satirico presente nelle sue pagine. Apprezzare o essere uccisi dal Bagaglio: liberi di scegliere.
5 – Il Ciclo delle tre Spade, di Tad Williams
Tad Williams, un uomo che nel corso della sua vita ha fatto ogni mestiere prima di diventare scrittore, dal ciabattino al professore in un liceo, è autore di un’epopea fantasy in cui riesce a unire a un romanzo di formazione vero e proprio, seguendo la crescita di Simon Ricciodineve (o Seoman) attraverso uno scenario fatto di intrighi politici e menzogne, preti malvagi e troll, dove il ragazzo sarà costretto a fuggire in cerca di tre antiche lame, Thorn, Sorrow e Minneyar per sconfiggere Ineluki, il re delle tempeste. Si tratta di una trama classica, per qualcuno persino banale, ma che può vantare un’ambientazione complessa e sofisticata, con una vena poetica capace di trasparire dalle sue pagine al momento delle descrizioni di luoghi e ambienti. Ma, soprattutto, non siamo tanto di fronte a una semplice lotta di luce e tenebre, quanto a una questione di prospettiva in cui due diverse visioni del mondo si scontrano, due modi diversi di concepire il bene che devono essere interpretati dal lettore. Da un lato Ineluki, che desidera ristabilire la supremazia della propria razza a scapito degli umani, dall’altro chi gli si oppone per cercare di sopravvivere a questa ondata imminente che ha il sapore di una vendetta.
6 – I Sei Ducati, di Robin Hobb
Giù il cappello, signori! Quando parliamo di Robin Hobb e del suo Ciclo dei Sei Ducati parliamo di una delle autrici più prolifiche di sempre, capace di scrivere una saga contenente la bellezza di 18 romanzi. Ci troviamo di fronte a intrighi politici, storie di re e bastardi, malefici pirati capaci di piegare la mente e battaglie selvagge. Hobb è un’autrice a modo suo “compassata”, capace di portare dove vuole il lettore senza accelerare la trama con plot twist al limite dell’improbabile, ma senza mai mancare di arrivare insieme alla fine del viaggio. Il tutto con protagonisti straordinariamente credibili, lontani da ogni stereotipo di eroe fantasy invincibile. I suoi personaggi sono esseri umani: tentano, complottano, sbagliano e amano, senza mai risultare poco convincenti all’occhio del lettore.
7 – La Ruota del Tempo, di Robert Jordan
Eccoci arrivati al livello “Pro”. Non che la lettura di questa saga sia difficile o noiosa, beninteso. L’epopea come la Ruota del Tempo è scritta benissimo, presenta una facilità di lettura estrema che porta chi legge i romanzi a lasciarsi trasportare nelle sue spire senza mai annoiarsi. Il problema è che parliamo di una saga di “appena” 14 romanzi, talmente lunga e complessa che spesso risulta difficile reperire tutti i libri! Robert Jordan non ebbe vita facile: dopo la laurea in fisica, passò tre anni della sua vita tra le paludi del Vietnam, venendo più volte decorato per il suo coraggio. Tornato in patria iniziò a dedicarsi prima al personaggio di Conan, per cui scrisse un intero ciclo di romanzi, quindi iniziò, nel 1990, la saga de La Ruota del Tempo, epopea maestosa che lo ha accompagnato fino alla morte, nel 2007, causata da una rara forma di leucemia. Jordan, fino all’ultimo momento, si dedicò ai propri romanzi, cercando di tranquillizzare i propri lettori. Ormai prossimo alla fine, rivelò tutti i dettagli della saga alla moglie, lasciando la sua opera nelle mani dell’editore che scelse Brandon Sanderson per concluderla. Leggere la Ruota del Tempo è un’esperienza di vita: qualcosa cui il lettore deve approcciarsi con la mente sgombra e consapevole di dover dare tutto sé stesso per riuscire a concludere la lettura di una saga complessa e difficile da descrivere, dove la lotta tra il bene e il male si ripropone ciclicamente nel conflitto tra il Drago e Shai’tan, il Tenebroso, in attesa che il destino compia una piega attorno a un mortale destinato ad essere il campione della luce.
8 – Le Cronache di Thomas Covenant l’Incredulo, di Stephen R. Donaldson
Un rischio del fantasy sono i personaggi stereotipati. Se amate i cavalieri senza macchia e senza paura, cambiate libro. Perché Thomas Covenant, possiamo dirlo senza mezzi termini, è un vero e proprio bastardo (no, non è figlio del Lord di Grande Inverno, smettetela)! D’accordo, ne ha tutte le motivazioni: è uno scrittore malato di lebbra, che per colpa della sua condizione ha perso la moglie e il figlioletto appena nato. Divenuto un paria nella sua comunità, si ritrova trasportato in un mondo alternativo, dove viene riconosciuto come un eroe portatore della “magia selvaggia” a causa della sua fede nuziale in oro bianco, eletto salvatore della Landa dai Signori della Rocca che lo vedono come il predestinato che dovrà sconfiggere Lord Inganno. Banale? Peccato che Thomas non creda a niente di quello che accade attorno a lui, convinto che la malattia abbia ormai intaccato il cervello, portandolo alla pazzia! E se niente di quello che lo circonda è reale può dunque fare tutto, anche ignorare la morale comune. In questo Donaldson si dimostra un autore eccezionale, capace di realizzare una trama in cui il lettore è spesso portato a farsi la stessa domanda del protagonista: realtà o finzione? Domanda che, alla fine della storia, resta sempre senza risposta. Sta tutto all’interpretazione del lettore.
9 – Ciclo di Earthsea, di Ursula Kroeber Le Guin
Siete giunti fin qui? Avete già macinato abbastanza fantasy? Bene, è il momento di dedicarsi a un mondo maestoso, fatto di bellezza e poesia. I cinque romanzi di Earthsea costituiscono una delle massime espressioni della narrativa fantasy, uno di quei famosi testi capaci di trascendere il genere per essere definiti veri e propri classici della letteratura. Se non amate la presenza di elfi e nani, vi troverete a vostro agio tra le onde di Earthsea, dove la “Maestra” del fantasy riesce a creare una società complessa e un mondo sofisticato. Ai grandi temi del genere, come la lotta tra la luce e le tenebre, si uniscono tematiche più comuni, quali la crescita e il male presente nell’essere umano. Faremo perciò conoscenza di Ged lo Sparviere, il potente Arcimago di Roke sin da quando è ancora un giovane scavezzacollo alle prime armi, in un mondo composto solo da isole in un immenso oceano, dove i nomi e le parole sono un aspetto fondamentale della magia (sì, se ve lo state chiedendo, è stato uno dei testi maggiormente plagiati da Paolini).
10 – Elric di Melniboné, di Michael Moorcock
Immortale, una di quelle saghe che tutti i detrattori del genere dovrebbero leggere per cambiare idea. Michael Moorcock è un personaggio particolare, un vero e proprio “Mick Jagger della letteratura fantasy”, che negli anni si è lasciato andare ad affermazioni critiche verso alcuni dei mostri sacri del genere, come Lewis e Tolkien (col quale nonostante tutto intratteneva un rapporto di stima e rispetto reciproco). Ma non si limitò solo a loro: Moorcock è un vero iconoclasta, che negli anni ha colpito personaggi come Lovecraft (etichettandolo come antisemita, razzista e misogino) e Heinlein (di cui paragonò Starship Troopers al Mein Kampf). Autore di diversi racconti sia di fantasy che di fantascienza, è con il Ciclo di Elric che Moorcock raggiunge la sua massima espressione, portandoci in un mondo dalle atmosfere crepuscolari, quasi decadenti, dove si muove il negromante albino Elric, principe di Melniboné. Al contrario dei suoi sudditi, Elric è capace di provare sentimenti e compassione, ma poco alla volta viene costretto a scendere sempre più in basso per contrastare le macchinazioni di chi vorrebbe privarlo del suo retaggio. Armato della nera Tempestosa, spada capace di risucchiare le anime delle vittime per donarne la forza vitale al portatore, Elric diventerà nel tempo una pedina nell’eterna lotta tra i Signori del Caos, alla cui sommità si trova Arioch, e i Signori della Legge, un conflitto eterno che non potrà mai trovare soluzione. Un ciclo che, al pari di Tolkien e Le Guin, supera il concetto di mera narrativa di genere, arrivando a costituire un’autentica pietra miliare nella storia della letteratura.