Guerriglia urbana e massacri nella regione del Kyrat
Mi chiamo Ajay Ghale, sono americano, mi sento americano, anche se le mie origini sono radicate dall’altra parte del mondo. Sono cresciuto come un ragazzo normale, emigrato in terra straniera, con mia madre, senza un padre. Sono andato al college, ho fatto sesso per la prima volta in una Buick del 2002 e non è stato neanche tanto speciale… Non ho niente di straordinario, se non i tratti del viso e l’accento e ora mi trovo in volo verso il Kyrat, una regione sperduta dell’Himalaya, dove non so cosa mi aspetta. Ma devo andarci, per forza, sono le ultime volontà di mia madre. Devo andare a seppelire le ceneri nel suo luogo natale e non posso per nessun motivo deluderla proprio ora.
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Sangue e pallottole
Ed è così che inizia la storia di Ajay, con il suo arrivo in Kyrat e la conoscenza fin troppo ravvicinata del cattivone di turno. Pagan Min lo accoglie a suon di proiettili e con uno show di pura violenza e follia, giusto per far capire a tutti noi con chi abbiamo a che fare. Il dittatore biondo e dal taglio di capelli tra i più inquietanti mai visti fa gli onori di casa con un bel bagno di sangue, un po’ di sana tortura e un selfie finale per sottolineare quanto sia in linea con le mode occidentali in voga. Ajay si ritrova prigioniero del despota, senza neanche sapere perché. Ben presto però le cose cambiano e inizia il vero gioco. Entrano in scena i ragazzi disperati e combattenti del Sentiero D’oro, che in un raid liberano il protagonista e lo portano lontano dalle grinfie del loro nemico. A questo punto Ajay (e anche noi) comincia a farsi un’idea della situazione in cui si è andato a cacciare suo malgrado: il Kyrat è una regione infiammata da una guerra civile che dura da anni e che sta mietendo migliaia di vittime, insanguinando le terre incontaminate della regione himalayana. Ad Ajay verrà pian piano svelato il segreto che si cela dietro il suo nome, importante perchè appartenuto al celebre guerriero Mohane Ghale, suo padre e fondatore del Sentiero d’Oro. La storia politica della regione, sia passata che presente, giocherà un ruolo importante nello svolgersi delle vicende, svelata un passo alla volta man mano che svengono sbloccate le missioni e scoperti i documenti. Si scoprirà che Pagan Min ha preso in mano con la forza il controllo della regione, instaurando un regime del terrore basato sulla violenza più totale, pilotando ogni forma di informazione e soffocando ogni rivolta nel sangue. Un passo alla volta, Ajay scoprirà il peso delle azioni di suo padre e le circostanze con cui è stato ucciso, un viaggio allucinante in mezzo a ricordi sporchi di sofferenza e tradimenti. Ajay si ritroverà investito da un grande fardello: sarà scelto suo malgrado come eroe e salvatore della patria quando entrerà in contatto con i due leader della resistenza, Sabal e Amita, due leader con due visioni differenti del destino del Kyrat. Su questa dicotomia di intenti si baserà gran parte dello svolgimento della trama, che prenderà diverse direzioni a seconda delle scelte che faremo. Se appoggeremo le azioni di Sabal, automaticamente verranno depennate dalla trama quelle di Amita e viceversa. Va da sè che questo porta a diverse diramazioni della trama e diversi epiloghi.
Una storia bolliwoodiana
Il pretesto di avere diverse linee narrative parallele o intersecate è una trovata molto rischiosa. Da una parte si crea la possibilità di raccontare diverse angolazioni di una vicenda che procede comunque verso una direzione univoca, dall’altra si creano tante diramazioni tali da ubriacare il giocatore, senza fargli capire la vera entità della vicenda. Far Cry 4 da questo punto di vista tende a rimanere abbastanza con i piedi per terra, senza strafare. Da un lato abbiamo i due leader che portano avanti la loro guerra ed espongono le loro soluzioni, facendo assaporare due facce della stessa moneta. Dall’altro compaiono personaggi secondari che aggiungono tasselli all’affresco storico-politico dell’intero gioco, creando luci ed ombre e donando nuove prospettive alle storie di sottofondo. E’ una cosa meravigliosa assistere all’intento politico dell’intera narrazione, come raramente si è visto in un videogioco. La scelta di avere due leader di due sessi diversi non è tanto casuale. Infatti rappresentano due universi diversi che si scontrano. Da una parte Sabal porta avanti le tradizioni ‘all’antica’ del popolo kyrati, che sono basate su un maschilismo atavico, un’etica integerrima e una visione comunque apparentemente a corto raggio della situazione. Sabal è convinto di dover far tornare il Kyrat agli antichi fasti, reinstaurando le vecchie leggi in vigore per secoli prima di loro e dettati da un’aura divina. In contrasto c’è la visione di Amita, prima donna guerriera del Sentiero D’oro, che porta con sè tutta la voglia di rivalsa di un genere femminile bistrattato da una cultura maschilista e sciovinista. Avere a che fare con lei vi farà capire la sofferenza che si porta dietro questo personaggio tanto da farvela ammirare. Ed è proprio questo il trucco grandioso che lo sceneggiatore ha messo in scena: vi farà amare la condizione del personaggio femminile, vi farà identificare con lei tanto da farvi seguire le sue scelte, tra le più impopolari e cattive del gioco. Amita si fa portavoce del cosiddetto bene comune, una crescita del Kyrat in vista della sua liberazione che non guarda in faccia nessuno, che sta avanti a tutto, che impone sacrifici di vite umane e anche rimestare in affari loschi e degradanti come la produzione di droga e il traffico di stupefacenti. Starà a voi vedere cosa è più importante: l’etica della tradizione, con tutti i suoi pro e contro oscurantisti, o la morale del ‘tutto per un futuro migliore’, uno schiacciasassi sociale che non ha alcun cuore ma che macina tutto quello che ha di fronte per arrivare alla Fine? Dilemmi etici davvero, che faranno pesare le vostre scelte, qualunque esse siano, con reazioni da parte del personaggio scartato che si fanno via più intense man mano che la vicenda si snoda. Confesso che ci sono state alcune sequenze che mi hanno lasciato di sasso, tanto erano ‘dure’, tanto mettevano alla prova quello che pensavo, mentre con una nonchalance mi chiedevano di scegliere se salvare vite umane o cercare documenti cruciali…
Davvero bravi da questo punto di vista! Accanto ai personaggi principali, così reali e duri, ci sono un bel po’ di comprimari che compaiono e cercano di rubare la scena agli altri. Sono tutti personaggi quasi caricaturali, come Longinus, il mercante d’armi in redenzione, Yogi e il suo amico, drogati e fatti dalla mattina alla sera o il buon vecchio Willis, il conosciuto agente della CIA che non si risparmia qualche commento caustico verso il protagonista di Far Cry 3… Insomma, c’è davvero di tutto! Ma non è tutto oro quel che luccica: prima di lanciarci nel commentare il secondo cast di personaggi (i cattivi), beh, ci sentiamo di muovere alcune critiche ai nostri amici di Ubisoft. Alcune scelte narrative purtroppo tendono a diluire e sfilacciare la storia, rendendola spesso quasi indigesta. L’organizzazione del gioco e tutte le sue features arrivano a remare contro la trama, a farla zoppicare tanto da sentirla quasi lontana. L’impianto narrativo scelto in questo capitolo sembra destrutturato (non strutturato male, badate), creato così da essere quasi formato da tanti mattoncini non sempre di facile collocazione e non sempre perfettamente combacianti. Purtroppo la voglia di mettere dentro roba e di creare una trama adulta ha forse preso un po’ la mano ai realizzatori.
Ci rendiamo conto che scrivere per un videogioco non è come mettere su carta un romanzo, che i compromessi a cui si deve scender sono molto di più, anche rispetto a un film, e che il mezzo di comunicazione interattivo è molto viscido e poco malleabile, ma questo non è una scusante per creare alcune situazioni in cui la mossa successiva non è dettata dalla logica ma semplicemente dal fatto che la mappa mi dice di andare in determinato posto. Un aneddoto emblematico: dopo aver svolto un missione con successo, Amita mi ha contattato immediatamente perché voleva incontrarmi (il mio fascino, lo so), senza darmi un luogo di appuntamento. Il bello è che sulla mappa non figurava da nessuna parte e questo perché dovevo prima fare un’altra missione per conto di un altro personaggio. L’ho capito perchè appunto la mappa me lo indicava. E’ stato uno dei momenti più bassi del gioco, secondo me, quello in cui ho smesso di ‘leggere’ una bella storia e ho cominciato a comportarmi come una scimmia ammaestrata che risponde agli stimoli visivi. Davvero PECCATO! D’atronde, il gioco non manca di regalare momento epici, scontri mirabilanti e sequenze mozzafiato. Non mancano i colpi di scena e sono state tante le volte in cui ho guardato lo schermo esclamando un secco ‘NO!’, col culo in equilibrio sulla sedia, per quello che avveniva sullo schermo e che non mi aspettavo. E’ il bilanciamento tra questi momenti cinematografici e quelli più videoludici che ha toppato.
Scene di Ordinaria FolliaVeniamo ora al momento più topico di questo nostro articolo Far Cry 4 recensione, quello che non vedevo l’ora di scrivere: parliamo un po’ dei cattivi. Far Cry 3 ci aveva sorpreso con il personaggio folle di Vaas Montenegro, con la sua cresta e il suo sguardo obliquo di pazzo scatenato. Ci aveva regalato quel momento allucinante, quel monologo finito negli annali dei dialoghi videoludici, quella sua esegesi della follia che ancora fa venire i brividi al solo pensiero. Misurarsi con un personaggio del genere è una cosa ardua e difficile e Ubisoft ha provato a bissare il successo di Vaas mettendo in scena Pagan Min, dittatore, folle, dandy e amante del ben vestire, tanto da ingaggiare uno stilista per creare le divise dei suoi militari. Ma se cercate i tratti di Vaas nello sguardo Pagan, allora state certi che restererete delusi. Non c’è niente di più differente. Se Vaas era un fottuto psicopatico con seri problemi di relazioni interpersonali, qui abbiamo una persona lucida che si veste malissimo e porta i capelli che meriterebbe di morire, ma ha nello sguardo una ferocia di un animale predatore. E’ un mostro perchè fa tutto con freddo calcolo, ogni eccesso è perfettamente legato al suo persoanggio e lo eleva al rango di villain più di quanto si possa immaginare. La sequenza iniziale di gioco lo dipinge per quello che è e ogni linea di dialogo che recita è sempre caratterizzata dal cinismo cattivo e becero che lo circonda come un’aura. E’ quel personaggio che ti fa stare sulle spine ogni volta che volge lo sguardo verso qualcuno, che ti fa stringere i denti in attesa che accada qualcosa di spiacevole. Tutto questo è Pagan Min.
Confesso che ho letto in giro che molti si sono lamentati della ‘assenza’ del cattivone dal gioco. Ora effettivamente non è che lo si veda spesso in giro per il Kyrat, non è che abbia molte sequenze cinematografiche a lui dedicate e questo è una mancanza che bisogna sottolineare e rimarcare. Ubisoft, ricorda: se fai un persoanggio fichissimo, faccelo vedere, faccelo consocere il più possibile, faccelo sentire vicino dietro l’orecchio mentre ci sussurra come vuole ammazzarci. Purtroppo in Far Cry 4 non è così. Se ne sente tanto parlare e Pagan Min ci contatterà di tanto in tanto per prenderci per il culo o per sfottere le nostre piccole vittorie, ma raramente lo vederemo di persona. Questo però non vuol dire che non ci sia. Lui, al pari dei suoi scagnozzi, è presente nel Kyrat ma sottoforma di male serpeggiante. Pagan Min è responsabile dell’atmosfera malata e velenosa che si respira nella regione. E’ questa la vera forza del dittatore. Non tanto fare il pagliaccio davanti a una telecamera quanto influenzare l’aria che respiriamo, rendendola insopportabile, riempiendo il terreno di cadaveri, mostrando davvero cosa vuol dire governare con violenza e crudeltà. C’è stato un momento in cui sono capitato della City of Pain (uno dei luoghi a sud della mappa) così per caso, per spirito di esplorazione e mi sono travato in una città fantasma, dove i cadaveri di donne e uomini torturati erano appesi alle grondaie e ai tetti dei palazzi, mentre uccelli rapaci volavano alti in cerca di banchetto. E questa visione disturbante si è ripresentata in tutto il suo orrore altre volte: in una fattoria appena razziata, in un avamposto nemico o in una fortezza dove mi ero infiltrato. La bravura e il coraggio di mostrare questi orrori all’interno del gioco senza sfociare nell’estremo cattivo gusto un po’ redime Ubisoft, perchè comunque ci ha regalato un cattivo che estende le sue caratterstiche oltre il mero confine fisico per invadere e corrompere un’intera terra. Siamo lontani anni luce dal folle Vaas e dai suoi mercenari e pirati. Qui abbiamo un Capo di Stato, un Re, un uomo che decide chi vive e chi muore e che non vuole avere niente sulla propria strada che lo intralci e cerchi di toglierli il Potere. E poi, da bravo dittatore, si guarda bene dal farsi vedere in giro, se può sempre mandare i suoi scagnozzi a fare il gioco sporco, a rischiare la vita e mettere la faccia contro i nostri proiettili. E infatti il gioco ci imporrà di annientare tutte le roccaforti nemiche, lilberandole dai luogotenenti, aggiungendo tasselli al cast ricchissimo di questo gioco.
Le 1001 cose da fare nel Kyrat quando non sei morto
Il gameplay di Far Cry 4 è vario e dinamico e offre al giocatore molteplici opportunità, come nella migliore tradizione della serie. Ogni missione può essere affrontata in diverse maniere: si può andare da un approccio furtivo, con arco e frecce e armi silenziate oppure ci si può affidare alla pura potenza di fuoco di mitragliatrici e lanciagranate per distruggere tutto quello che si muove. Il tornaconto di ogni attività è il guadagno in punti esperienza e punti karma, per sbloccare abiltà speciali e armi esotiche e diventare l’uomo più pericoloso del Kyrat. Il senso di potenza che offre Far Cry è incredibile, grazie alla varietà di armi e al buon bilanciamento. Nello stesso tempo, il gioco si preoccupa di ridimesionarci ogni tanto, mostrandoci la potenza della natura selvaggia, ricordandoci che la corazza di un rinoceronte è dura come la roccia… Far Cry 4 ci offre un miliardo di miliardi di cose da fare. No, davvero, non stiamo scherzando.
Ci sono le missioni della campagna principale, quelle affidateci dai personaggi comprimari, i vari avamposti da conquistare (come già succedeva nel 3) e tutte le cose che abbiamo imparato a fare nel corso della serie. Ma non basta! Esistono gli eventi casuali, triggerati a caso mentre ci muoviamo per la mappa, che vanno dal dirottare un camion, a inseguire un emissario per fregargli i documenti, fino a liberare gli ostaggi. Davvero, non si riesce a fare due passi senza che il gioco si intrometta nel nostro cammino. Sì, è questa la sensazione che ho avuto: che il gioco fosse lì a rompermi i coglioni con continue richieste. Scusami, Mr Far Cry, sto andando a conquistare una dannata fortezza, sono armato e ho l’entusiasmo a mille, cosa me ne frega del convoglio di jeep, cosa mi interessa ora dei prigionieri! Chiama qualcun altro! NON ci sono solo io in questo dannato Kyrat! E che cazzo! Così ho finito per reagire. Ho inveito verso il videogioco e la sua invadenza, per le sue continue richieste. E’ forse l’esempio di primo videogioco con personalità femminile che sia passato su console (e passatemi questa battuta maschilista, chè ci sta…) Come ci si muove nel Kyrat? Ah, beh, anche in questo caso alla Ubisoft hanno fatto le cose in grande, come al solito. Ci sono decine di veicoli diversi, auto, quad, barche, una specie di Ape piaggio modificata, deltaplani, ma uno solo merita la menzione d’onore e il tripudio totale: il girocottero (buzzer per gli anglofoni). Un incrocio tra una bici senza ruote e un elicottero in miniatura, con eliche e rotelle per atterrare. E’ il mezzo di trasporto definitivo per esplorare la mappa enorme di Far Cry 4. E dire enorme è comunque fargli un torto. L’area di gioco si estende per km e km, tra montagne, laghi, fiumi e alberi, pendii scoscesi e cime innevate. E come se il Kyrat non fosse abbastanza, alcune missioni saranno ambientate sulle vette dell’Himalaya, là dove l’acqua è altissima purissima Levissima e l’ossigeno scarseggia perché preferisce trasferirsi in zone più calde. Come se la terraferma non bastasse, Far Cry 4 aggiunge (ricalcando il suo predecessore) un momento di misticismo con l’esplorazione dello Shangri-la, luogo mitico dove gli uomini diventano eroi. Ajay vestirà i panni di un guerriero kyrati durante la usa iniziazione e il suo viaggio allucinante nel paradiso popolato dai mostri della corruzione… Quindi vi lascio immaginare quanta roba ci sia da visitare, quante location da scoprire e quanti oggetti da collezionare: quello che si era visto in Far Cry 3 moltiplicato per non si sa quante volte! Incredibile!
Come un documentario
Tecnicamente parlando, Far Cry 4 è notevole. Non si può dire niente di diverso. La profondità dell’orizzonte è quasi sconfinata, il dettaglio a terra è impressionante: gli arbusti e i cespugli sono solidi per davvero, le cime degli alberi si piegano sotto il rotore del buzzer e gli alberelli si agitano quando ci sbattiamo contro con la macchine. La fauna che popola il mondo è perfettamente ricreata, dalle tigri ai lupi, fino a macachi e aquile (maledette!), la vita nel sottobosco e sopra le nostre teste è vivida e brulicante, irta di pericoli e piena di ricompense. Vedere gli elefanti magnificenti o assistere alla carica di un rinoceronte ha sempre dell’affascinante, come nei migliori documentari di NatGeo Wild. Purtroppo, questo splendore grafico mescolato a un’enorme area di gioco ha un prezzo, anche piuttosto alto: fenomeni di pop up everywhere. Volando con il buzzer a volte non si riesce a distinguere le persone a terra, e questo è dannoso e deleterio soprattutto se da giù ti stanno sparando con mitragliatrici e lancia razzi… Per mostrare quanto più possibile, il gioco toglie dettagli che ‘monta’ un po’ alla volta mentre ci avviciniamo agli edifici o alla strada. Forse questo piccolo (ma poi neanche tanto piccolo) compromesso è lo scotto da pagare per avere un gioco multipiattaforma, destinato a due generazioni di console diverse oppure il progetto Ubisoft si è rivelato troppo ambizioso e grandioso da finire in un solo miserrimo bluray… Il versante sonoro è altrettanto ben fatto, con un buon doppiaggio inglese e delle musiche in sintonia con il titolo e l’ambientazione. I dialoghi sono fuori le righe e ben integrati con le vicende.
A-team
Il gioco presenta anche un comparto multigiocatore, sia cooperativo che competitivo e una sorta di modalità single palyer enhanced. La cooperativa è presto spiegata: si gioca in due, svolgendo missioni e conquistando roccaforti super protette, coordinando gli sforzi e massimizzando i risultati. Molto semplice immediato. Si può anche decidere di entrare nella partita di un altro giocatore (sempre che sia pubblica) o si può chiedere aiuto in situazioni particolarmente ostiche. Tutto molto ordinario, effettivamente. Il multi competitivo è sempre una partita cinque contro cinque, in cui una squadra è composta da militari equipaggiati con armi da fuoco e una da cacciatori kyrati che si avvalgono di arco e frecce e una meccanica stealth: le due squadre lottano per difendere una fortezza o conquistarla. In definitiva, questa modalità di gioco è una pura formalità, evitabile e un po’ insipida, che non aggiunge niente di nuovo e non si preoccupa neanche di magnificare l’esperienza single player. Veniamo invece a quello che ho definito single payer enhanced: in pratica c’è la possibilità di creare situazioni di gioco come quelle del single player, tipo conquista di avamposti o uccisione di bersagli importanti, su mappe generate da utenti, Sì, Far Cry include un editor di mappe, che permette di creare pezzi di gioco a se stanti da condividere con il resto della comunità. Il bello è che questo approccio dà un senso ulteriore al single player, aumentandolo a dismisura, creando situazioni di gioco slegate dalla trama principale, ma non da meno altrettanto stilose e divertenti!