La minestra riscaldata bene
Squadra che vince non si cambia. Cosi devono aver pensato in Ubisoft davanti al dilemma di come impostare la quinta iterazione del loro noto sparatutto in prima persona, che ormai è uno dei brand di punta della casa francese da diversi anni. A differenza di Assassin’s Creed quindi che ha ricevuto una notevole svecchiata, Far Cry decide di puntare esattamente sulla stessa formula di sempre, nonostante un quarto capitolo poco brillante non in grado di far compiere un’evoluzione alla serie. Far Cry 5 è un titolo molto conservatore, che nuovamente non sposta alcun equilibrio, ma riesce comunque a convincere grazie al buon lavoro di Ubisoft per affinare una struttura di gioco ormai più che collaudata, cercando di prestare la giusta cura a tutti i comparti. Dove non arrivi originalità e innovazione, che ci pensi quanto meno la qualità. Una filosofia poco coraggiosa, ma sicuramente efficace.
Incapace di abbandonare il mood “bucolico” che contraddistingue tutti i capitoli della serie, Far Cry 5 propone una nuova location forse meno esotica ma anche più caratteristica e interessante, la terra di Hope Country, nel Montana. Vestiamo i panni del vice sceriffo di questa regione, governata da una setta religiosa di fanatici ai cui vertici troviamo Joseph Seed, detto Il Padre, e villain di questo Far Cry. Il suo compito, parimenti a quello di Vass e Pagan Min dei capitoli precedenti della saga, è quello di portare carisma e personalità ad un cast di personaggi altrimenti anonimi e dalla caratterizzazione blanda, primo fra tutti il nostro avatar, che questa volta è talmente generico da essere superficialmente “assemblato” in fase di editing e che non spiccicherà una sola parola per tutta l’avventura. Fortunatamente, Joseph gestisce piuttosto bene il palcoscenico, rivelandosi una figura interessante ma non ingombrante per tutta l’avventura. Forse rimane fin troppo sulle retrovie, ma la sua sporadica presenza viene compensata da quella dei suoi tre fratelli, John, Faith e Jacob, i quali riescono a dare peso alle nostre azioni, e una certa urgenza ai ritmi di gioco, senza dover scomodare la nemesi finale troppo spesso né lasciarci totalmente privi di scopo. C’è una narrazione verticale dedicata ad ognuno di essi che non crea troppi punti morti nella trama. Nulla di speciale, ma comunque funzionale. Anche tra i vari comprimari, attivisti nella resistenza che cerca di riappropriarsi del territorio, ci sta gente più simpatici della media, se non altro perché parecchio sopra le righe, caratteristica che si riflette in molte missioni secondarie piuttosto divertenti in virtù della loro natura “fuori di testa”.
Hope Country è divisa in tre macro settori, ognuno dei quali è controllato da uno dei fratelli Seed. Per arrivare a Joseph dovremmo liberare l’area dalle forze di uno di questi comandanti conquistando Punti Rispetto. Una volta ottenuti in misura sufficiente a sbloccare la missione finale relativa al boss dell’area, potrete decidere a vostra discrezione se cimentarvi nella sfida finale di quel territorio, in modo tra l’altro di liberare le strade dagli scagnozzi della setta che la pattugliano con insistenza morbosa (e per noi fastidiosa), oppure posticiparla e continuare a muovervi come vi pare. Il più grande pregio di Far Cry 5 è infatti quello di aver enfatizzato in maniera ancora più netta la natura free roaming della serie, cercando al contempo di non costringere il giocatore a ripetere una serie di consuetudini ormai automatiche per la progressione del gioco, ma cercando di stimolare un approccio meno lineare all’esperienza complessiva. Tanto per cominciare, l’intera mappa di gioco è visitabile da subito senza ostatoli di nessun tipo, potrete passare dal territorio di John a quello di Faith o Jacob come vi pare e piace. Non ci sono più le torri che sbloccano l’ara circostante con relativi segnalini sulla mappa, ed è stata rimossa anche la mini mappa. L’esplorazione cerca in qualche modi di declinare la filosofia di Zelda Breath of the Wild alla struttura di Far Cry, cercando di contestualizzare i nostri obiettivi a seconda degli input che incroceremo semplicemente giocando. Un ostaggio ribelle potrà darci informazioni sulla presenza di un luogo assediato dalla setta da liberare uan volta che lo abbiamo salvato che altrimenti sarebbe “invisibile” sulla mappa. O magari un civile può indicarci un bunker della setta pieno di risorse da scovare, o l’indicazione approssimativa su un generico punto di interesse, che si svilupperà in qualche forma di side queste, tutto da scoprire semplicemente… esplorando.
Il mondo di Far Cry è quindi composto in modo organico e si plasma attorno all’istinto e all’arbitrio del giocatore ben più che in passato, quando una struttura sempre libera ma più inquadrata in impliciti paletti metodologici ci costringeva a seguire degli schemi più ripetitivi. Questo approccio non lineare si sposa anche con gli altri aspetti del gioco, come lo skill tree, che non obbliga a percorsi prestabiliti per il raggiungimento di talune abilità ma semplicemente a patto di aver collezionato un numero di punti talento sufficienti, vi permette di sbloccare le skill nell’ordine che vorrete, potendo cominciare anche da quelle più particolari, come l’abilità per pescare meglio o la fiamma ossidrica per scassinare le casse e riparare i mezzi. Non è necessario dover per forza passare per upgrade più canonici. Fortunatamente, anche la caccia è stata resa un’attività più snella e non fondamentale per migliorare il proprio equipaggiamento.
Certo, naturalmente non è stato possibile estinguere la tipica ripetitività della serie semplicemente grazie a qualche accorgimento finalizzato a vivacizzare la formula, per quanto essi abbiano scongiurato di trovarci di fronte al declino della serie. Ecco quindi che il core del gioco, si divide sempre principalmente tra assedi nei vari avamposti della setta e missioni di guerriglia. C’è da dire che l’ottima varietà di arsenale, la possibilità di approcciare il nemico in maniera stealth e la verticalità offerta dalla conformazione del paesaggio, danno quel tocco di varietà in più. Non dimentichiamo poi che è ora possibile anche reclutare ribelli da schierare al nostro fianco. Molte missioni infatti ci chiedono di prestare supporto a personalità che poi si presteranno ad accompagnarci a nostra discrezione in qualsiasi scorribanda, fino ad un massimo di 2 compagni contemporaneamente. Alcuni avranno abilità peculiari, e saranno magari ottimi cecchini, o piloti d’aereo che possono fornire copertura dall’alto, o ancora veri e propri “soldati a quattro zampe”. Militanti più generici invece saranno sparsi nella mappa e le loro abilità potranno palesarsi solo in seguito ad un certo numero di uccisioni. Questo facilita sicuramente le cose, visto e considerato che i compagni possono riportarci alla vita se riescono a raggiungerci in breve, ma non rovinano la sfida che Ubisoft è riuscita a bilanciare per tutto il gioco in maniera più che soddisfacente, nonostante la progressione non lineare dell’avventura.
Tra le numerose attività secondarie, che si dividono tra la solita roba che lascia un po’ il tempo che trova, tipo distruggere furgoni, silos e altri elementi dello scenario giusto per far numero (e crescere a livello infinitesimale il punteggio ribellione), e altra divertente ma totalmente estemporanea come le gare a tempo in percorsi poco plausibili con i diversi mezzi (che si prestano bene visto il loro modello di guida totalmente arcade), abbiamo anche sfide veloci ma spesso intelligenti e stimolanti, ovvero le missioni Preppers. Sparsi per il Montana ci sono bunker, caverne, case, e strutture che fungono da nascondiglio per ricchi bottini. Spesso accedervi non è immediato e va in qualche modo risolto qualche semplice rompicapo ambientale, come può essere il semplice sparare ad un interruttore dall’unica finestra visibile, o cercare il passaggio nascosto per entrare. Si tratta di brevi diversivi che rendono il farming leggermente meno noioso che in passato proponendo una sfida ambientale inusuale per la serie.
Ma veniamo al multiplayer, perché Far Cry 5 offre opzioni abbastanza corpose anche in tal senso, il cui valore finale però, lo diciamo subito, rimane molti gradini sotto all’esperienza in single player. Innanzitutto è possibile affiancare la partita di un amico o invitarlo nella propria. Il divertimento in co-op è sicuramente raddoppiato (ma in quale gioco non è così?!) ma i pretesti per farlo, sono ben pochi. Infatti al di là dei soldi o dell’oggettistica recuperata (quindi semplicemente armi o riviste per punti talenti), i progressi delle missioni non saranno salvati nella partita dell’ospite. Certo, in un certo modo questo ha senso, in quanto se io che sono all’inizio del gioco entro nella campagna di un mio amico molto più avanzato nella storia, non posso certo sbloccare missioni a me ancora precluse. Ma si poteva comunque trovare un compromesso, tipo rendere completabili ad entrambi i giocatori almeno tutte quelle slegate ai progressi della storia. C’è inoltre una modalità arcade con tanto di editor dei livelli (piuttosto sofisticato) per preparare mappe in cui giocare pvp o da affrontare in cooperativa. Purtroppo ahimé ci sono alcuni problemi. In cooperativa si può giocare solo con amici, niente giocatori casuali; le mappe, al momento non sono all’altezza delle aspettative (e ci credo, non è mica facile fare level design o lo farebbero tutti) e ci stanno grossi problemi di input lag. A conti fatti, nonostante l’idea sia più che carina, penso sia una modalità dalla vita breve.
Vorrei concludere con le cose che più mi hanno fatto storcere il naso in Far Cry 5 e sono praticamente tutti problemi di ordine tecnico. Hope Country è veramente bella da vedere, non c’è dubbio, ma diciamoci la verità: nel 2017 qualsiasi buon team di sviluppo ha imparato a rendere presentabile un ambiente aperto. Non voglio certo farla troppo semplicistica ma alla fine il 90% del lavoro sta nella vegetazione e questa si ripete nel 90% dello spazio giocabile. Una considerazione scontata forse, ma non meno valida nel determinare una certa monotonia paesaggistica che si differenzia solo in minima parte tra una regione e l’altra. Quanto meno il gioco gira fluido, l’orizzonte è profondo, i dettagli sono numerosi e questa volta, anche i personaggi hanno una buona espressività. Se devo però pensare agli adepti generici della setta, che sono poi i nemici con cui avremo più a che fare, devo dire che sono invece davvero brutti, tutti uguali. Sembrano barboni generici. Oltre ad essere brutti sono anche stupidi, totalmente privi di intelligenza e si muovo senza la minima credibilità, sia sul campo di guerra che per strada sui loro veicoli. Questo vale anche per i nostri comprimari (a cui però almeno qualche comando basilare possiamo dare), per gli animali… per tutto, l’intelligenza artificiale di ogni forma di vita presente è lacunosa, anzi, quella del gioco stesso lo è. Gli elementi procedurali del gioco sono senza controllo e non riescono in modo armonioso a coesistere gli uni con gli altri. Capita troppo spesso che mentre state facendo una tranquilla sessione di pesca veniate presi di mira dai nemici, dalla fauna, o che vi investa addirittura una imbarcazione (!!!), capita troppo spesso che i compagni si muovano a caso e in modo stupido, che veniate investiti o tamponati per strada da ogni mezzo, che voci fuoricampo e dialoghi si sovrappongano,che marcatori di missioni si attivino in modo random, e che vari bug di programmazione in qualche disturbino la fluidità dell’esperienza. Tutti problemi “piccoli” forse, difficili da evitare in un open world del genere. Ma che ci si perda in un bicchiere d’acqua dopo aver costruito un mondo tanto grande e ricco di contenuti, al quinto capitolo della serie, francamente dà un po’ fastidio.
Verdetto
Guascone, rozzo e sfrontato. Il capitolo campagnolo di Far Cry è quello più sincero e onesto circa la sua natura. Quello che non cerca più di legittimare una certa ridondanza ludica con la promessa di una trama entusiasmante che spesso, anche nei migliori dei casi è sempre stata mal diluita e resa semplicemente funzionale a delle dinamiche di gioco quasi completamente indipendenti rispetto alle esigenze narrative (prerogativa di molti open world tra l’altro). Far Cry 5 getta la maschera, si prende carico di quello che è e lo grida a voce più alta del solito, cercando di focalizzarsi proprio sui punti di forza del suo gameplay, affinando e arricchendo la struttura open world, cercando di proporre un “gunplay” all’altezza, e sostanzialmente, cercando di coinvolgere il giocatore nel miglior modo possibile dal punto di vista ludico. Ciò nonostante cerca comunque di creare un contesto e personaggi credibili e sfaccettati, riuscendoci abbastanza bene, soprattutto per quel che riguarda i villains (capitanati da Joseph Seed). Niente di memorabile, torna sempre la retorica un po’ troppo logorroica dei classici cattivi alla Far Cry che lascia un po’ il tempo che trova, ma quanto meno, il mood creato per l’esperienza di gioco è interessante e intrigante. Purtroppo i buoni propositi e la buona esecuzione non riescono a toglierci quel sapore di minestra riscaldata che comunque permane e capitolo dopo capitolo diventa sempre più intenso. I difetti tecnici oggettivi dell’opera poi, la allontanano ulteriormente in maniera più concreta dall’eccellenza. Concludendo, ci troviamo di fronte ad un titolo valido, sicuramente ottimo per i fan sfegatati della serie, consigliato per chi fosse alla sua prima -o quasi- esperienza con essa, e dimenticabile per chi era saturo di Far Cry e sperava in una rivoluzione totale della struttura di gioco, la quale risulta nella sostanza finale, sempre invariata.