Fast & Furious 7 recensione: un’ultima folle corsa…
E dunque ci siamo. Non senza fatica. Il cambio dapprima gratta e la marcia non ingrana, poi i pistoni sembrano far fatica a spingere il motore che, forse stanco dai troppi chilometri, semplicemente non sale di giri. Quel che manca è il “rapporto di coppia”. Una metafora automobilistica che sin troppo bene si adatta al troppo a lungo rimandato Fast & Furious 7, originariamente programmato per un’uscita nel luglio 2014 e poi bruscamente fermatosi per la morte del compianto Paul Walker, quel biondo Brian O’Conner che, proprio con Vin Diesel, ha solcato a lungo gli schermi cinematografici di tutto il mondo sancendo non solo una collaborazione cinematografica, ma anche una profonda amicizia, che ha legato i due attori sin dagli esordi della serie e che ha permesso, poi, il ritorno in pompa magna anche del brand con il più che riuscito: “Solo parti originali”.
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La metafora di cui sopra acquista, allora, un nuovo significato. Non è questione di automobili, ma di persone, del legame che le unisce e del dolore di una perdita che, più che mai, grava sulle spalle di Diesel da quel 30 novembre 2013 in cui il suo socio morì. Ma questo film, questo settimo capitolo, non poteva non essere portato a termine, in quello che è un vero e proprio atto d’amore nei confronti dell’attore scomparso che, grazie alle magie del digitale ed alla collaborazione dei suoi fratelli, ha giocato il suo ruolo in un film che lo celebra e lo tributa come può e come forse Paul avrebbe voluto: con la velocità. F&F 7 è questo: è un film “Per Paul”, come sancisce l’ultima schermata della pellicola, dopo ben 2 ore e 20 minuti di azione forsennata che, salvo un incipit decisamente sonnacchioso, di un Vin che non ingrana, esplode poi in un tripudio di azione su quattro ruote.
Passate le vicende del precedente capitolo, Dom e Brian sono di nuovo a Los Angeles dove conducono, finalmente, delle vite “legali”, ripuliti delle loro fedine penali e intenzionati a vivere una vita quieta e lontano dai pericoli, di nuovo a casa, a Los Angeles. Mentre Toretto fatica ancora ad accettare la condizione di Letty, ancora senza memoria dopo l’incidente che quasi la uccise, Brian si è costruito una vita con Mia e loro figlio. Ma la pace non durerà a lungo, perché i fatti del precedente capitolo, che videro il team di Toretto avversare contro la minaccia di Owen Shaw (Luke Evans), stanno per tornare a tormentarli. Addestrato dalle forze speciali inglesi e divenuto un violento reietto, il fratello di Owen, Deckard (Jason Statham) è deciso più che mai a vendicarsi per la sorte del fratello, mandando prima Hobbs (The Rock) all’ospedale, e poi riuscendo ad uccidere Han (Sung Kang) in quel di Tokyo facendo, al contempo, esplodere la casa della famiglia Toretto. Per Dominic comincia quindi un lungo cammino di vendetta in cui la sua squadra/famiglia sarà parte fondamentale ed in cui sarà supportato dal misterioso Mr. Nobody (Kurt Russel).
Approcciarsi a Fast & Furious 7 è relativamente semplice. Qui, più che mai, lo spettatore deve proporsi al film senza alcuna pretesa di realismo, ma godendo di quella che è una visione sconquassante e casinista dall’inizio alla fine che, in qualche modo, sublima il lungo cammino del brand che è passato da capostipite degli “speed movie”, ad un vago robbery, per consacrarsi con questo settimo capitolo come un puro action in salsa barbecue ed in cui la godibilità è data dalla coscienza di dover, per forza di cose, restare sospesi nell’incredulità. Fast & Furious 7 è un tripudio all’esagerazione ed alla velocità, in cui la lunghezza del film è difficile da accusare se ci si lascia trasportare dalla lunghissima sequenza di eventi che quasi senza cognizione di causa si fanno avanti sullo schermo, tutti vissuti rigorosamente ad un quarto di miglio alla volta. È come vedere la versione sotto NoS della serie “I Mercenari”, in cui l’azione al servizio della spettacolarità non ha altra pretesa se non sé stessa ed il puro intrattenimento. Senza mezze misure, come i bolidi del film, tutti rigorosamente veloci, rumorosi ed ancora capaci, dopo anni, di mantenere la scena anche nelle situazioni più incredibili, nel loro ruolo di feticci dell’esagerazione assoluta e “pura”. Ma Fast 7 non è solo questo. Come dicevamo qualche rigo più su, il film è soprattutto un tributo fraterno e sincero all’attore Paul Walker, la cui scomparsa è gravata non poco su di un film che era ancora ai box di partenza. Chris Morgan e James Wan hanno quindi ricalibrato il tiro, affinché quella che poteva (e doveva) semplicemente essere una storia di vendetta (quella di Toretto per la morte del suo amico Han, che è anche un’ottima occasione per inserire nel canone cronologico della serie l’ottimo Tokyo Drift, ad oggi semplice spin off) hanno rielaborato e riscritto lo script, affinché il tema del film non è solo la vendetta, ma è la famiglia, la sua bellezza, e la qualità dei legami che essa instaura tra le persone, anche quando queste non sono necessariamente consanguinee. Il tutto è poi veramente ben diretto da Wan che, figlio del cinema horror (suoi sono due capisaldi di genere recenti: Insidious e The Conjuring), si ritrova subito perfettamente a suo agio tra i motori di F&F confezionando scene d’azione francamente memorabili, scazzottate violente, ma anche riprese al cardiopalma, con rotazioni di telecamera che si mettono al servizio dei movimenti degli attori ruotando, roteando, ed evidenziandone le performance fisiche.
Fast & Furious 7 è dunque un film che non cerca di asservire la spettacolarità alla trama, ma che cerca semplicemente di incollare l’azione con un sottotesto narrativo, onde dare spazio a tutto quel che su uno schermo può succedere e, di fatto, succede. In tal senso, la presenza di un cast stellare, con tre new entry decisamente importanti come Statham, Russel ma anche Djimn Hounsou, passa quasi in secondo piano, dando ai personaggi un ruolo quasi statico dal punto di vista della scrittura, ma assolutamente calzante nella dinamica di un’azione corale e spettacolare. Perchè è questo che si fa con Fast 7, si va a vedere le cose esplodere, le macchine saltare, i cattivi essere cattivi, ed i buoni essere buoni, senza altro fronzolo che l’automobile, essenza fisica e perfetta di una vita che volenti o nolenti va vissuta alla massima velocità. Non serve arrovellarsi del perché tutto vada fatto in questo modo: è la way of life di Vin Diesel, ed era quella del suo “fratello” Paul Walker. È “quello che vorrebbe Paul”, attore a cui, negli ultimi istanti della pellicola, si è poi dedicato un toccante e commemorativo momento che, forse da solo, vale buona parte del prezzo del biglietto. È il momento in cui, poco prima di accendere le luci in sala, l’incredulità sospesa torna con i piedi per terra e non Toretto, ma lo stesso Diesel, fa i conti con la scomparsa di un partner cinematografico e di un amico. Un amico, quel Brian, quel Paul, che resterà per sempre vivo sulla pellicola e che lì resterà eternamente felice, come chiaramente suggeriscono gli ultimi, spensierati, momenti del film. Poi le strade si dividono, e qualcuno, forse con fatica, dovrà andare avanti da sé.