Esiste una galassia di film poco conosciuti su Netflix, di cui probabilmente non avete mai sentito parlare. Eccone dieci che vale davvero la pena scoprire e vedere!

È giunto il momento di spezzare le catene dell’algoritmo di Netflix. La schiavitù dei consigli studiati ad hoc per lo spettatore ha incastrato milioni di utenti in una bolla in cui sembrano esistere solamente poche pellicole. Un microcosmo in cui puntualmente sulla propria homepage compaiono sempre gli stessi film. Visti e rivisti. Ma se si scava a fondo c’è una via di fuga. C’è un mondo di film su Netflix poco conosciuti , che meritano una visione. Piccole gemme nascoste, che probabilmente non saranno mai apparse sulla schermata iniziale.

Ecco la chiave per entrare nel caveau in cui sono celati questi piccoli e sorprendenti tesori cinematografici. A voi una lista con 10 film poco conosciuti presenti su Netflix. Per una visione libera da algoritmi e soliti stucchevoli suggerimenti.

film netflix poco conosciutiThe Incident

Due fratelli fuggono da un detective che li bracca nelle scale di un condominio. Corrono su e giù, da un piano all’altro. Ma qualcosa non quadra: finiscono puntualmente sempre nello stesso pianerottolo. E in quel piano le porte non hanno maniglie. Sono incastrati in un tempo e uno spazio che non mutano e si ripropongono. In un altro luogo invece una famiglia si appresta a partire per una vacanza. Ma non si sposta mai da una stazione di servizio. Perché ovunque essi vadano, si ritrovano sempre e solo davanti a quella pompa di benzina. La settimana arte ha saputo narrare con numerose pellicole gli ingarbugliati intrecci dei loop temporali. The Incident, opera prima del messicano Isaac Ezban, gioca con i rompicapo che le modifiche dello spazio-tempo generano, costruendo un piccolo gioiellino. Uno di quei film che fanno lavorare il cervello, alla ricerca di una spiegazione e di una via di fuga da un labirinto apparentemente senza via di fuga.

film netflix poco conosciutiNocturama

Nella storia l’essere umano si adatta, si integra e tollera l’inaccettabile. Poi il corso degli eventi è interrotto da un boato, da un urlo che smuove i grigi animi. Il rifiuto diventa un’esplosione. E l’insurrezione diventa rivoluzione. Nocturama inizia in maniera frenetica, seguendo il vorticoso peregrinare nella metropolitana parigina di un gruppo di ragazzi. Il loro muoversi veloce e sinuoso sembra una coreografia, un balletto tra i dedali di Parigi. Hanno uno scopo: rompere gli schemi, dar vita alla morte dei simboli del potere politico e finanziario. Ma la rivoluzione senza ideali si infrange nella seconda parte del film, vero manifesto del post modernismo. I protagonisti si ritrovano nell’emblema del non luogo contemporaneo, un centro commerciale, e si specchiano nei simulacri vuoti del consumismo e della fine della ragione. Bertrand Bonello firma un capolavoro inspiegabilmente lasciato ai margini della distribuzione cinematografica mondiale. Una visione lucida, introspettiva sul periodo storico in cui viviamo. Un presente sospeso, senza purezza.

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American Honey

Uno dei migliori road movie degli ultimi anni è anche uno dei film poco conosciuti che vivono in quel Limbo invisibile di Netflix a cui nessuno attinge. La regista inglese Andrea Arnold viaggia negli Usa e mette in scena l’amara realtà delle mag crew, gruppi di giovani venditori di riviste che cambiano continuamente meta e luogo in cui vivere. Spostandosi da un motel all’altro, per una manciata di dollari. Star a dispetto del nome non ha stelle in cielo e si allontana dal suo padre abusante, trovando in Jack una spinta per allontanarsi dal suo presente mesto e dal suo futuro assente. Il viaggio perde però i connotati del sogno che cantava e bramava Bruce Springsteeen. American Honey segue una generazione che ha perso la voglia e la possibilità di spiccare il volo. Una gioventù che fluttua sopra una realtà indeterminata. Un mondo frastornato, il cui viaggio non ha più una destinazione, ma procede per piccole mete. Che si ripetono lungo un’America in cui il sogno di libertà è utopico e illusorio.

Furie

Hai Phuong apparentemente è una madre single, che mantiene la propria figlia, lavorando in un piccolo villaggio come esattrice dei debiti. Il suo passato però dice altro. La donna un tempo era una gangster spietata, specialista delle arti marziali. Il sogno di una vita tranquilla dura poco e, quando un gruppo di trafficanti di organi rapiscono sua figlia, Hai torna a picchiare. Da quel momento in poi va in scena una brutale danza del massacro, un inno al combattimento spettacolare. Furie non si concede mai una pausa, dando vita ad una pirotecnica rappresentazione cinematografica di un’arte marziale poco conosciuta in occidente, il Vovinam, combattimento vietnamita il cui principio è “armonia tra forza e agilità”. Le-Van Kiet trasporta gli spettatori nel Vietnam più cupo e oscuro, nei bassifondi in cui la legge si scioglie e lascia spazio al sangue e alla polvere.


A Sun

L’Asia regala da sempre piccole, ma brillanti gemme cinematografiche. L’Oscar a Parasite docet. Ma oltre al film di Bong Joon-ho altri film provenienti dal sud est asiatico meriterebbero attenzione e, soprattutto, una visione. A Sun rappresenta pienamente la maestria dei cineasti provenienti da Taiwan, nazione da sempre dedita alla settima arte. La pellicola diretta da Mong-hong segue il dramma di una famiglia, ben presto divisa per le scelte opposte che seguono i due figli. Due percorsi che riassumono l’anima del film, che si muove tra vari generi. Tra noir e melò, percorrendo i fili etici e morali dei suoi protagonisti, nati sotto lo stesso tetto, ma presto lontani. Fisicamente e mentalmente.

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Other People

Quali drammatiche dinamiche si innescano quando si torna a vivere con la propria famiglia, dopo una lunga convivenza? Other People parte da questa premessa. Il commediografo David Mulcahey rompe con il suo fidanzato e si trasferisce da New York a Sacramento, per stare vicino alla madre malata. Nella sua vecchia casa torna a dividere il tetto con l’odiato padre, conservatore e da sempre contrario all’omosessualità del figlio. Il ritorno alla vecchia vita dopo dieci anni è un incubo e David si sente un perfetto estraneo in quella che dovrebbe essere la sua famiglia. Presentato al Sundance Festival, il film segna il debutto alla regia di Chris J. Kelly e incarna perfettamente l’anima del cinema indipendente statunitense: brillante, acuto e in grado di far riflettere.


Calibre

Due amici, diametralmente agli antipodi, decidono di rivedersi per una rimpatriata in nome dei vecchi tempi. Marcus è un businessman privo di morale, Vaughn invece è un uomo dalla sensibilità innata e fresco sposo, con un figlio in arrivo. I due decidono di trascorrere qualche giorno insieme nelle Highland, luogo ideale per cacciare. Durante la loro battuta di caccia, qualcosa, anzi molto va storto e quello che sembrava apparentemente un tranquillo weekend all’insegna del recupero di un’amicizia si trasforma in un atroce dramma. In un attimo crollano certezze, valori e si innesca un vortice psicologico in cui i due protagonisti si trasformano da cacciatori a prede delle loro angosce. Matt Palmer dirige una pellicola tesissima, in cui ogni tassello si incastra perfettamente e forma un mosaico che raffigura in maniera brutale la lotta tra ragione e istinto. Tra uomo e animale.

film netflix poco conosciutiTime Share

Se ci si addentra nei meandri più oscuri di Netflix ci si ritrova in questo magico sottobosco di piccoli film poco conosciuti. Liberi dai dettami dei blockbuster, queste pellicole non concedono nulla alle logiche e alle rigide dinamiche del cinema mainstream. Il messicano Time Share, in originale Tiempo Compartido, ne è un esempio lampante. Una black comedy dalle forti pennellate surreali. Il film di Sebastián Hofmann ha una sua anima stravagante, a tratti grottesca, che si presta a molteplici letture e che lascia un retrogusto spiazzante. Tutto inizia con una giovane coppia va in vacanza in un bellissimo resort, in una multiproprietà. Improvvisamente però arriva nell’appartamento un’altra famiglia. La convivenza forzata non va giù a Pedro, che inizia a pensare che dietro quella strana situazione si celi un complotto. Ne consegue una satira surreale e anticapitalista, che spiazza e fa riflettere. Disgusta e affascina. Ma una volta che si trova la chiave per decifrare il tutto, si rimane piacevolmente stupiti.

Contrattempo

La narrazione di un thriller perfetto presuppone un meccanismo oliato, attento ad ogni dettaglio, capace di tenere il fiato dello spettatore sospeso. Lo spagnolo Oriol Paulo con Contrattempo ci riesce in maniera egregia. Come da tradizione, si parte da un cadavere. La fotografa Laura viene ritrovata morta nella stanza di un hotel. Accanto a lui c’è il suo amante, Adrian, tramortito. Oltre a loro due non c’è nessun altro e, soprattutto, non ci sono segni di effrazione. Apparentemente nessuno è entrato e uscito da quella stanza. Adrian, giovane imprenditore di successo, è l’unico indiziato. L’incontro con l’avvocatessa Virginia Goodman è la chiave per indagare sul passato. Su come Adrian è finito a terra, privo di sensi, accanto alla sua amante morte. I flashback che fanno luce sugli eventi appena trascorsi sono un tortuoso e scioccante cammino verso una verità che sorprende tutti. Spettatori e protagonisti. Cento minuti che viaggiano veloci come la lama di un coltello.


I don’t feel at home in this world anymore

Debuttare con stile. L’esordio alla regia di Macon Blair è stato premiato con il Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival. Come ogni buon film indipendente mostra la propria anima libera da imposizioni dei produttori e rigide categorie. La pellicola prende il via come una black comedy. La depressa e disincantata Ruth viene rapinata e ha un nuovo scopo nella sua esistenza: rintracciare chi ha commesso il furto. Nella sua impresa viene aiutata dal vicino, un metallaro strambo e scontroso. I due si ritrovano protagonisti di vicende sempre più assurde e grottesche, in un tornado che mescola generi e registri diversi. Proprio la commistione di approcci stilistici e narrativi differenti rimanda al cinema dei fratelli Coen, con cui la pellicola ha in comune un approccio che spiazza continuamente lo spettatore. Non ci sono appigli, non ci sono sicurezze, ma è uno spaesamento davvero appagante.

Leone Auciello
Secondo la sua pagina Wikipedia mai accettata è nato a Roma, classe 1983. Come Zerocalcare e Coez, ma non sa disegnare né cantare. Dopo aver imparato a scrivere il proprio nome, non si è mai fermato, preferendo i giri di parole a quelli in tondo. Ha studiato Lettere, dopo averne scritte tante, soprattutto a mano, senza mai spedirle. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2006, ha collaborato con più di dieci testate giornalistiche. Parlando di cinema, arte, calcio, musica, politica e cinema. Praticamente uno Scanzi che non ci ha mai creduto abbastanza. Pigro come Antonio Cassano, cinico come Mr Pink, autoreferenziale come Magritte, frizzante come una bottiglia d'acqua Guizza. Se cercate un animale fantastico, ora sapete dove trovarlo.