Precisamente vent’anni fa esordì Final Fantasy IX, il testamento di Sakaguchi alla sua creatura più amata
7 luglio 2000. PlayStation 2 aveva da poco iniziato il suo ciclo vitale – nel solo Giappone: l’Occidente dovette aspettare l’autunno – ma, nonostante il grande entusiasmo per la nuova macchina di Sony, la prima PlayStation non accennava a fermarsi: pensate, il suo ciclo vitale proseguì fino al 2006, con Xbox 360 già in commercio. Uno dei giochi più importanti degli “anni azzurri” di PlayStation fu senza dubbio Final Fantasy IX, l’ultimo dell’incredibile trittico FF che Square riservò alla macchina di Sony.
Si stava chiudendo l’epoca d’oro della software house giapponese, che nel corso degli anni Novanta si era espressa a livelli incredibili sul versante JRPG, con una line-up ancora oggi impareggiabile: oltre a FFVII, VIII, IX e Tactics, Square diede alla luce perle come Brave Fencer Musashi, Xenogears, Front Mission 3, Saga Frontier e seguito, Vagrant Story (che uscì proprio qualche mese prima di Final Fantasy IX) e la serie di Parasite Eve. Insomma, all’epoca il marchio Square era sinonimo di qualità, come purtroppo non lo è più stato. In qualche modo riusciva pure a lavorare speditamente, se pensiamo che fra il 1997 e il 2002 sono usciti i capitoli da VII a XI. Merito anche della suddivisione dei team di cui vi parlavo in questo articolo.
Rispetto a FFVIII e FFX, Final Fantasy IX fu sviluppato da un team completamente diverso, diviso fra il Giappone e le Hawaii (il defunto studio Square USA), e questo è il motivo per cui rema in direzione ostinata e contraria rispetto agli altri capitoli coevi. Mentre Square stava modificando le cifre stilistiche della sua serie di punta dopo il successo planetario di FFVII, virando verso un maggior realismo e setting futuristici/cyberpunk, Final Fantasy IX tornò alle classiche atmosfere medieval fantasy (con una spruzzatina di steampunk) e al super deformed. Questa fu la volontà di Hironobu Sakaguchi, il suo testamento in Square prima che il rapporto si incrinasse a causa del flop di Final Fantasy: Spirit Within; non a caso, il buon Saka tre anni fa dichiarò che Final Fantasy IX è il suo capitolo preferito, confermando quanto aveva già detto nel 2000, quando lo definì come il gioco più vicino alla sua idea di come Final Fantasy dovrebbe (avrebbe dovuto, ormai…, NdR) essere.
Il nono episodio fu quello su cui Sakaguchi si spese maggiormente: se da VIII a X-2 fu “solo” executive producer, nei credits di Final Fantasy IX potete leggere “conceived and produced by Hironobu Sakaguchi“, autore dello scenario (per la prima volta nella serie) e delle idee alla base del gioco, dal tema centrale – il significato della vita – al character design, realizzato (non dal solito Nomura, principale character designer della serie ad oggi, bensì) da Itahana e Minaba, che ha ricoperto anche il ruolo di art director.
Insomma, Sakaguchi fu la vera e propria anima del progetto da lui fortemente voluto, come occasione di riflessione e di conclusione di quella che fu davvero un’era fantastica. Proprio per questo motivo in Final Fantasy IX tornano molti degli elementi che avevano caratterizzato la serie prima dell’avvento di Cloud Strife, a partire dalla direzione artistica, in grado di recuperare la dimensione del fiabesco che si era persa con gli anni e che Sakaguchi voleva a tutti i costi, come emerge dalla trama, che origina dal rapimento di una principessa e si conclude con un cristallo, da sempre simbolo della serie. Riecheggia ancora l’ipotesi Gaia alla base di Final Fantasy VII: anche il mondo di Final Fantasy IX si chiama Gaia e conosce un flusso vitale che i “cattivi” vogliono compromettere.
Pure la colonna sonora, del “solito” Nobuo Uematsu, è debitrice del passato glorioso, non solo e non tanto per le sonorità, quanto perché alcuni brani sono remix di vecchi pezzi, come il tema del Mt. Gulg di FFI e quello di Doga e Unei da FFIII. Da questi due giochi Final Fantasy IX mutuò pure un protagonista, Vivi, che è sì un personaggio inedito, ma che ha le fattezze degli antichi maghi neri della serie (e il gioco fornisce anche uno struggente background che ha reso Vivi uno degli eroi più amati).
Anche gli altri membri del party – che torna ad essere composto da quattro guerrieri – si ispirano ad antiche classi, con il loro corredo di skill specifiche: Gidan è un ladro, Daga ed Eiko sono maghe bianche/invocatrici, Steiner è un cavaliere, Queena è un mago blu, Vivi è, appunto, un mago nero, Freija è un dragone (non se ne vedeva uno vero da FFV, anche se Cid di FFVII ci si avvicinava), Amarant è un versatile incrocio fra un monaco e un ninja e, infine, Beatrix – giocabile solo in sezioni specifiche – è un paladino. Ciascun combattente, dunque, ha delle caratteristiche ben precise, senza le possibilità di personalizzazione radicale consentite dal Materia System di FFVII, dal Junction System di FFVIII, dalla Sferografia di FFX e dalla tavola delle licenze di FF XII; si torna a FFIV e a FFVI (che comunque con gli Esper consentiva un certo spazio di manovra in ambito personalizzazione), con una soluzione che restituisce dignità a tutti i personaggi: di fatto, in alcuni episodi, come FFVIII e FFX, visto che tutti i combattenti giungono al punto di avere gli stessi parametri e le stesse abilità, si tende a usare solo i tre con le Limit Break migliori.
Nel complesso, Final Fantasy IX è dunque il più citazionista: rende omaggio non solo a tutti i suoi predecessori, ma anche al suo successore e a diversi altri giochi di Square, fra cui i già citati Vagrant Story e Parasite Eve. Puntuali e importati i riferimenti al capostipite (pensate a Garland, che prende il nome dall’antagonista dei guerrieri della luce, il villain preferito da Sakaguchi all’interno della serie) e agli episodi da IV a VI (ad esempio la modalità Trance è ispirata al potere di Terra, Morph nella localizzazione). Una specie di summa, prima che l’uscita di Final Fantasy X cambiasse volto alla serie, proponendo un setting affatto inusuale e abbandonando due dei capisaldi del gameplay: l’Active Time Battle, utilizzato in tutti i capitoli da IV a IX, e la World Map.
Oggi, a vent’anni dalla sua uscita, Final Fantasy IX è giocabile su quasi tutte le piattaforme di questa generazione: potete scaricarlo su Xbox One, PlayStation 4, Nintendo Switch, PC e, proprio per non farsi mancare nulla, anche su sistemi iOS e Android. Queste versioni, piuttosto simili fra loro, sono tutte remaster con grafica migliorata e varie opzioni user friendly, come l’eliminazione degli incontri casuali e l’incremento della velocità di gioco. Questi piccoli accorgimenti (in aggiunta alla mod che aumenta la risoluzione dei fondali, solo per la versione PC, purtroppo) sono sufficienti per rendere perfettamente godibile un grande classico, il gioco più rappresentativo della vecchia maniera di fare Final Fantasy. Che forse era pure la migliore.