Un’opera coraggiosa e pronta alla definitiva maturazione, ma sarà in grado di reggere il confronto con quella piccola perla di Soul Eater?
Dopo l’incredibile, e meritato, successo di Soul Eater, il mangaka Atsushi Okubo è tornato con un’opera innovativa, sempre marchiata dal suo inconfondibile tratto, che in pochissimo tempo è riuscita ad entrare nei cuori del pubblico mondiale: Fire Force.
Tokyo.
Anno solare 198.
La terra è stata divorata interamente dalle fiamme, e dopo una lenta rinascita il genere umano è tornato a vivere, ma con una costante ombra nel cuore. Tra le cause di morte più ricorrenti, adesso, c’è da contare anche l’autocombustione umana, una disgrazia che miete vittime in tutto l’impero e che trasforma gli sventurati in mostruosi demoni, detti incendiati, che terrorizzano le città. Per far fronte a queste creature, e per curare questo male, è stato creata dal governo un’organizzazione nominata Fire Force. Dei pompieri 2.0 dove molti elementi sono pirocineti capaci di domare e controllare le fiamme che divampano nel mondo.
Seppur si presenti con una trama molto lineare, nonostante alcune ramificazioni che appaiono durante la parte centrale della stagione, Fire Force è uno shonen vecchio stampo, ma con numerosissimi spunti narrativi affascinanti e ottimizzati all’intrattenimento.
La prima stagione dell’anime (che si articola in 24 puntate) è stata curata dallo studio d’animazione David Production (già famosa per aver lavorato alle Bizzarre avventure di Jojo) e ci ha offerto un livello grafico di prim’ordine, soprattutto durante gli infuocati combattimenti.
La David Production, infatti, ci ha fornito un compartimento visivo che esplode in sequenze iperdinamiche negli scontri che accompagneranno gli eroi dell’8° Brigata con i più strambi e disparati nemici che si articoleranno durante il protrarsi della stagione.
Peccato che, oltre ad un livello di intrattenimento visivo elevato, l’ultima fatica di Okubo pecchi di una profondità di trama non eccelsa. A pagarne le conseguenze sono soprattutto i personaggi protagonisti. Tolto Shinra Kusakabe, il giovane pompiere pirocineta di terza generazione, capace di sprigionare fiamme dai propri piedi, e caratterizzato da un perenne sorriso diabolico dovuto ad tic nervoso, le restanti figure che si stagliano sullo schermo mancano di spessore. Seppur possa essere prematuro dare troppi giudizi dopo una sola stagione, sembrano lontani i tempi di Soul Eater, dove tutti quanti i personaggi, anche quelli più secondari e di contorno, erano incredibilmente caratterizzati, permettendoci di non fare unicamente il tifo per il duo Maka–Soul.
Fire Force infatti, tolto Shinra, il capitano Obi, e l’appena accennato Shinmon Benimaru, per via di ritmi esageratamente incalzanti, ed una narrazione furiosa volta a lanciarci piccoli brandelli di sottotrame, puntata dopo puntata, non permette ai nostri eroi (e anche agli antagonisti) di potersi prendere la giusta dose di palcoscenico, proiettandoli al ruolo di mere comparse.
Nonostante questo iniziale spreco di materiale umano, Fire Force ha il merito di poter riuscire ad intrattenere fortemente lo spettatore da casa grazie ad una narrazione peculiare. Il mondo nel quale ci troviamo è affascinante, costantemente in bilico tra politica/economia e religione, con i fedeli della Chiesa del Sacro Sol combattuti, anch’essi, da una frazione interna che ne caratterizza una dicotomia luce-ombra costante ed equilibrata.
L’universo di Fire Force riesce ad affascinare lo spettatore, oltre che per una trama semplice, ma ben condita, grazie ad un costante equilibrio tra le parti, mostrato a più riprese tramite metafore sociali e religiose.
Okubo, come già visto con la sua precedente opera, sa come far interagire mondi fantastici con una profonda realtà religiosa, e questo è senza dubbio un aspetto interessantissimo dei suoi lavori. La distruzione che diventa creazione. Il fuoco che assume una sua realtà eterea e sacra, proiettandolo ben oltre la realtà dei Kami shintoisti, e narrato attraverso parabole bibliche, ci attira in un credo meticcio che non fa altro che catturarci ulteriormente in un mondo sempre più frammentato.
Il tratto del mangaka, oltretutto, si presta perfettamente ad una realtà fiammeggiante dove diabolico e sacro si contendono lo scettro del potere, e lo studio David è bravissimo nella resa digitale. I rossi che divorano lo schermo, inghiottito per pochi attimi da oscurità e ombre, ci offrono il perfetto palcoscenico per le lotte esplosive di Shinra.
Peccato, però, per alcuni tagli e/o elementi del montaggio troppo dirompenti, che ci mostrano quasi una sovraesposizione di sequenze, fastidiose per l’occhio. Un’inezia che non può macchiare il lavoro svolto, ma che è bene precisare per poter puntare all’eccellenza.
Sostanzialmente, quindi, la prima stagione di Fire Force è una piacevole pietanza offerta da Okubo allo spettatore, e uno dei migliori anime potuti ammirare durante questo anno. Tra combattimenti avvincenti, misteri che si infittiscono, e personaggi interessanti mostrati a malapena, oltre ad una risoluzione finale piena di interrogativi, ci fa ben sperare per un proseguimento di anime piccante e gustoso. Decisamente un piatto flambé.